Archivio mensile:gennaio 2006
L’esempio dei “famosi”
Modelle ed esempi – Heidi Klum, in un reality tedesco nel corso del quale cerca la sua erede come supermodella, elimina una ragazza che pesa 52 chili per 1,76 di altezza: motivazione, “è troppo grassa”. Ad Imperia una ragazza che sta uscendo dall’anoressia si impicca. Al redivivo Grande fratello quest’anno la tendenza delle ragazze è la “sindrome da Barbie”, la bellezza a tutti i costi.
Leggo le tre notizie, pericolosamente uscite nella stessa giornata, e comincio a preoccuparmi. Preoccuparmi per la superficialità (d’altronde parliamo di modelle…) della società nell’anno di grazia 2006: non ci si rende conto, o ci si ostina a non voler capire, il nesso di causa/effetto che c’è in tutte le nostre azioni. Se io dico o faccio una cosa, non posso pretendere di non subirne (o goderne) le conseguenze. La generazione che oggi sta “in mezzo”, tra adolescenza e maturità, è quella cresciuta con i videogame, e forse per questo si ritrova a credere che le scelte non siano mai definitive, che non possa mancare una “seconda” o “terza vita”, tradotta in un’altra possibilità, o alla peggio che si possa ricominciare da capo dopo il “game over”.
Una modella che cura un reality show, presumibilmente seguito da stuoli di ragazzine desiderose di fare strada nel campo della moda o dello spettacolo, deve sapere cosa rappresenta. Deve riconoscere la responsabilità che ha nella formazione di quelle persone, che “bevono” con avidità quel che dice e quel che è, attingendo al suo modello di vita. Deve capire e, ovviamente, deve comportarsi di conseguenza. Ben ha detto, proprio in questi giorni, Viviana Beccalossi di AN in relazione alle rivelazioni di tanti politici sui loro trascorsi trasgressivi relativi a fumo e droga: anche se l’avessi fatto, diceva, non lo direi, perché chi sta in un ruolo pubblico deve sapere che viene visto come un esempio. Lo disse anche Bush, qualche tempo fa: non parlerò del mio passato trasgressivo – si riferiva, evidentemente, agli eccessi di prima della conversione – e sapete perché? Perché qualche giovane potrebbe dire: “Se l’ha fatto il Presidente degli Stati uniti posso farlo anch’io”.
Ecco, questa a nostro avviso è serietà. È consapevolezza. Non è stato il medico a ordinare di essere famosi. Chi ha scelto questa strada, deve sapere a cosa va incontro. Creare modelli sbagliati può essere grave. Dire assurdità, come quella espressa da Heidi Klum (“52 chili per un metro e 76 di altezza sono troppi”) è vergognoso. Un giudice, a suo tempo, aveva imposto come pena a chi guidava in stato di ebbrezza l’obbligo di fare un giro in obitorio per capire a cosa poteva portare un comportamento dissennato.
Forse questi personaggi “famosi”, che hanno perso il senso della misura e della realtà, dovrebbero fare un giro nei centri di aiuto dove sono ospitati i ragazzi (le ragazze) anoressiche.
L'esempio dei "famosi"
Modelle ed esempi – Heidi Klum, in un reality tedesco nel corso del quale cerca la sua erede come supermodella, elimina una ragazza che pesa 52 chili per 1,76 di altezza: motivazione, “è troppo grassa”. Ad Imperia una ragazza che sta uscendo dall’anoressia si impicca. Al redivivo Grande fratello quest’anno la tendenza delle ragazze è la “sindrome da Barbie”, la bellezza a tutti i costi.
Leggo le tre notizie, pericolosamente uscite nella stessa giornata, e comincio a preoccuparmi. Preoccuparmi per la superficialità (d’altronde parliamo di modelle…) della società nell’anno di grazia 2006: non ci si rende conto, o ci si ostina a non voler capire, il nesso di causa/effetto che c’è in tutte le nostre azioni. Se io dico o faccio una cosa, non posso pretendere di non subirne (o goderne) le conseguenze. La generazione che oggi sta “in mezzo”, tra adolescenza e maturità, è quella cresciuta con i videogame, e forse per questo si ritrova a credere che le scelte non siano mai definitive, che non possa mancare una “seconda” o “terza vita”, tradotta in un’altra possibilità, o alla peggio che si possa ricominciare da capo dopo il “game over”.
Una modella che cura un reality show, presumibilmente seguito da stuoli di ragazzine desiderose di fare strada nel campo della moda o dello spettacolo, deve sapere cosa rappresenta. Deve riconoscere la responsabilità che ha nella formazione di quelle persone, che “bevono” con avidità quel che dice e quel che è, attingendo al suo modello di vita. Deve capire e, ovviamente, deve comportarsi di conseguenza. Ben ha detto, proprio in questi giorni, Viviana Beccalossi di AN in relazione alle rivelazioni di tanti politici sui loro trascorsi trasgressivi relativi a fumo e droga: anche se l’avessi fatto, diceva, non lo direi, perché chi sta in un ruolo pubblico deve sapere che viene visto come un esempio. Lo disse anche Bush, qualche tempo fa: non parlerò del mio passato trasgressivo – si riferiva, evidentemente, agli eccessi di prima della conversione – e sapete perché? Perché qualche giovane potrebbe dire: “Se l’ha fatto il Presidente degli Stati uniti posso farlo anch’io”.
Ecco, questa a nostro avviso è serietà. È consapevolezza. Non è stato il medico a ordinare di essere famosi. Chi ha scelto questa strada, deve sapere a cosa va incontro. Creare modelli sbagliati può essere grave. Dire assurdità, come quella espressa da Heidi Klum (“52 chili per un metro e 76 di altezza sono troppi”) è vergognoso. Un giudice, a suo tempo, aveva imposto come pena a chi guidava in stato di ebbrezza l’obbligo di fare un giro in obitorio per capire a cosa poteva portare un comportamento dissennato.
Forse questi personaggi “famosi”, che hanno perso il senso della misura e della realtà, dovrebbero fare un giro nei centri di aiuto dove sono ospitati i ragazzi (le ragazze) anoressiche.
Buone notizie e onestà
Due buone notizie – Due notizie diverse, ma buone. A Roma un autista di bus a Roma trova una borsa con 4400 euro; la proprietaria, una trentenne somala, è incredula quando gliela riconsegnano. A Riccione una 64enne viene assalita da un rapinatore, e due venditori senegalesi lo mettono in fuga con dei bastoni.
Da un lato l’onestà di un autista di bus. Ritrova, consegna. E la proprietaria, incredula, recupera il suo. Dall’altro due senegalesi, che di solito vengono guardati con sospetto, o con fastidio. Vedono una donna rapinata, e non ci pensano due volte a farsi avanti. Meglio di molti italiani che preferiscono non vedere.
Da un lato un italiano agevola una straniera, dall’altra due stranieri aiutano un’italiana. L’onestà, il rispetto, la civiltà non hanno provenienza etnica.
Salvamulte satellitare – Autovelox: ora saranno individuabili attraverso il satellite. Il sogno di ogni automobilista è evitare le multe. C’è chi rispetta la legge, e chi cerca scorciatoie. L’Autovelox in effetti solleva sentimenti contrastanti: a volte disonesto per modo e luogo in cui è posizionato, spesso come “tagliola” a corredo di limiti di velocità assurdi. E poi non previene: multa. Meglio altri sistemi, come i rilevatori che segnalano al guidatore a quanto va per invitarlo ad abbassare la velocità.
Se gli autovelox spesso sono “disonesti”, dall’altro lato individuarli via satellite per abbassare la velocità solo in quegli specifici tratti, è altrettanto disonesto. E rischioso.
Film, rotoli e memoria
Giornata particolare, quella di oggi: la neve preannunciata continua a cadere copiosa e senza sosta anche in pianura da 24 ore, e questo comporta una serie di disagi. Certo, disagi evitabili: in fondo si tratta di 40 centimetri di neve in regioni (prevalentemente Lombardia, Piemonte e Liguria) dove comunque la neve cade ogni inverno, per cui era largamente preventivabile. Oltretutto la neve è stata annunciata con giorni di anticipo… eppure, ci segnalano per esempio gli ascoltatori da Torino, a metà mattinata non è passato ancora un mezzo spargisale. E questo nella Torino olimpica: figurarsi a Milano o La Spezia.
È triste, se non vergognoso, che le amministrazioni pubbliche si occupino di politica e discutano sui massimi sistemi, anche quando si tratta solamente di assegnare il nome a una via, mentre sono stati eletti per amministrare città, province e regioni.
Per quanto riguarda i nostri programmi, è saltata l’informazione mattutina, compensata al volo da una rassegna stampa in musica&parole, prima di approfondire i temi consueti.
End of the spear – Nel weekend di esordio negli USA è tra i dieci film più visti. Delude al botteghino, ma non si può lamentare; certo, ha avuto meno riscontri di The Passion o Narnia, ma anche il film ha lasciato perplesse ampie fasce del pubblico cristiano: troppa enfasi su concetti come amore, pace, perdono, e poco sul messaggio del Vangelo, con buona pace del motivo che ha spinto i quattro missionari ad andare incontro alla morte per mano della tribù dei waodani. Come si accennava qualche giorno fa, forse è il caso di porre enfasi sul documentario che accompagna il film, e che rappresenta con chiarezza il Grande Mandato.
È morto Joseph Milik – L’archeologo franco-polacco Joseph Tadeusz Milik, che portò alla luce gran parte dei Rotoli del Mar Morto, è scomparso a Parigi a 83 anni. La sua gama internazionale è legata alla decifrazione e allo studio dei papiri ritrovati nel 1947 nelle grotte di Qumran, su cui ha scritto un centinaio di contributi fondamentali. È stato il primo a comprendere il corsivo aramaico e a decrittare una scrittura ebraica “segreta” presente in alcuni frammenti di papiro.
Giornata della memoria – Come ogni anno, anche gli evangelici partecipano alle manifestazioni collegate alla Giornata della memoria; in particolare si segnala la presenza di una delegazione evangelica alla Risiera di San Sabba di Trieste.
Affidamento congiunto, finalmente
Affidamento congiunto – Come ormai sappiamo, la legislatura si sta per chiudere: dovremmo, secondo le ultime notizie, votare il 9 aprile. In questi giorni si è registrato un rush finale – come lo chiama il Corriere – del Parlamento su alcune leggi ancora in cantiere. Tra queste, due meritano menzione. I minori tornano negli spot, emendando una normativa che non risolveva nulla e creava problemi ai pubblicitari.
La seconda, di maggiore rilievo, riguarda invece l’affidamento congiunto: dopo più di tre anni il Parlamento ha approvato la legge sull’affidamento condiviso dei figli nei casi di separazione dei genitori. Questa nuova legge – segnala una delle associazioni di genitori separati, il Gefis (genitori di figli sequestrati) – pur con le sue innegabili limitazioni, rappresenta il primo passo verso un cambiamento in tema di diritto di famiglia. Anche prima la legge permetteva ai genitori di avere l’affido congiunto, ma questa era rimasta quasi sempre inapplicata nelle aule giudiziarie, neppure se richiesta dai genitori in separazione. Con la nuova legge – spiega il Gefis – alcuni punti fondamentali costituiscono una vera svolta: tra questi il maggiore controllo sull’educazione, la salute e il divertimento dei figli da parte di entrambi i genitori, opportunità che si tramuta in un tempo maggiore di contatto con gli stessi; il diritto fondamentale dei nonni, e dei familiari più stretti, ad avere un contatto continuativo con i propri nipoti. Tutte le associazioni di genitori separati hanno lottato per anni per vedere un cambiamento, e ora – promette il Gefis – vigileranno costantemente per garantire che le nuove norme vengano rispettate dai genitori coinvolti, ma anche dai giudici dei tribunali italiani.
Senso del ridicolo – A volte ci vuole un po’ di senso del ridicolo, nella vita. E, magari, un po’ di senso di opportunità.
Monica Bellucci, fascinosa attrice italiana, ha conquistato oggi le pagine dei giornali dichiarando tra l’altro “questa Italia non mi piace… mi fa paura vedere un paese così, abbiamo fatti a livello culturale enormi passi indietro…”
Parole che potrebbero avere un peso e suonare come un monito, anche se dette da un’attrice: si sa, gli attori spesso si immedesimano psicologicamente con il personaggio che interpretano, per capirlo meglio. Quindi un Zingaretti che impersona Montalbano suona affidabile quando parla di polizia, un’attrice che interpreta Rita Levi Montalcini potrebbe suonare autorevole quando parla di temi legati alla scienza.
Invece le accorate parole della Bellucci hanno avuto un altro contesto: sono state dette alla presentazione del suo ultimo film. Dove interpreta cosa? Non un grande personaggio, non un premio nobel, non un’autorità morale o spirituale. Niente di tutto questo: interpreta una prostituta.
Come si diceva: ci vuole un po’ di senso del ridicolo, nella vita.
Legittima difesa: diritto e non dovere
Legittima difesa – È legge: il Parlamento ha approvato una riforma alla legge sulla legittima difesa. Si potrà fare uso delle armi, se minacciati, per salvaguardare la proprietà.
In casa mia, quindi, con la nuova legge avrò il diritto di difendere la mia persona e i miei beni. Attenzione, abbiamo detto “beni”. Lo segnala Maria Rosa Barzaghi, moglie del gioielliere ucciso a Milano nel ’99 con un colpo a bruciapelo durante una rapina. «Per difendere i beni si può rischiare di uccidere?».
Certo, sono compresi anche i familiari, ma è sintomatico che si parli di beni. Forse è il segno che, al giorno d’oggi, le prospettive sono un po’ diverse rispetto al passato. Oggi come oggi, la proverbiale “borsa” sembra valere quasi quanto la “vita”.
Sul piano generale, non è una legge giusta né sbagliata: è una legge. Quel che a la differenza è, semmai, l’applicazione: perché le società sono diverse, e una stessa legge può funzionare in Europa e non negli Stati uniti, o viceversa.
C’è comunque un particolare da tenere in considerazione: è una legge che dà una facoltà, non una legge che segna un obbligo. Mi spiego. La legge sulla leva obbligatoria non permetteva di scegliere: bisognava andare a militare. La legge che impone una nuova tassa, non lascia scampo: si deve pagare. La legge che pone limiti di velocità, non permette eccezioni: bisogna osservarla. Questo sono leggi che sanciscono doveri.
La legge sulla difesa della proprietà privata, invece, dà una possibilità. Come la legge sul divorzio, per esempio, o la legge sul diritto di voto. Sono leggi che, appunto, assegnano dei diritti. Sta a noi, poi, come cristiani, decidere se esercitarli o meno, come e quando.
Shopping compulsivo – Un’avvocatessa passa la notte a fare acquisti in autogrill, spendendo 4000 euro per futilità. Lo chiamano “acquisto compulsivo”, ed è una dipendenza.
Un disagio esistenziale, insomma, una dipendenza come altre. Di solito limitiamo gli effetti del disagio a situazioni limite, come la droga, il fumo, l’alcol, l’eccesso di cibo. Invece il disagio si manifesta anche in modi diversi, nuovi. Se per gli uomini, spesso, lo sfogo consiste nell’eccesso di Internet, per le donne si segnala, come abbiamo visto, lo shopping compulsivo. Interessante notare come sia una tendenza della donna indipendente sul piano economico, colta, ancora giovane ma non più giovanissima. Un disagio dparte di chi ha tutto. Da parte di chi appartiene a quel modello che la società vorrebbe farci vedere come vincente: uno che si è “realizzato”. Ma realizzarsi davvero non è la carriera, non sono i soldi, e se ne accorgono bene in tanti disadattati di oggi. Ricchi, famosi, ma non felici. Perché quello che si ha fuori non compensa quello che manca dentro.
Spot contestati – Lo spot delle patatine Fonzies con un mostro per testimonial è troppo angosciante? Certo, per tutelare i bambini va sospeso – come suggerisce il Codacons -. In fondo la società tende a far emancipare prima possibile i bambini, tanto che l’adolescenza va ormai dai 10 ai 35 anni (per poi passare direttamente alla fase di declino, con tutte le paranoie di cui sopra).
Sospendere lo spot può servire, ma la soluzione più efficace è astenersi dall’acquistare il prodotto. A me capita di farlo, quando non condivido il modo di promuoverlo. se lo fanno tutti i consumatori che hanno una certa etica, la differenza si potrebbe vedere. E se c’è un crollo di vendite, nessun’azienda resta impassibile.
Forse però chi si scandalizza non sono i bambini ma noi adulti: ma poi, oggi, i bambini non sono abituati a ben di peggio, tra schifoserie spacciate per giocattoli che farebbero ribrezzo a una capra? I veri bambini, in fondo, siamo noi.
Diritti umani e divini
Diritti d’autore sui messaggi papali – La cosa non ci tocca, evidentemente, da vicino. Come dire: grazie, ma non abbiamo bisogno (per citare un precedente capo della chiesa di Roma – speriamo di non dover pagare anche noi) delle parole di Ratzinger, per quanto competenti e, a volte, condivisibili.
D’altronde se invito un oratore importante a un convegno, pago di più: magari potrebbe dire le stesse cose di qualcuno altrettanto competente ma molto meno noto, ma pago l’immagine, il fatto che a dire quelle cose sia stato proprio lui.
Non dovremmo stupirci, tutto sommato: Ratzinger si è solo adeguato ai tempi. A noi ingenui spesso sfugge, ma ogni passaggio televisivo con una maglietta, ogni prodotto usato in un film, ogni vestito indossato da un vip non sono frutto del caso: vengono pagati profumatamente. Se un artista canta i suoi brani a un concerto, gli verranno corrisposti i “diritti”. Se canta quelli di altri, non ne avrà diritto. Insomma, nulla è a caso.
E in fondo non c’è niente di strano che Ratzinger abbia voluto reclamare i diritti sui propri scritti: sono discorsi (e libri) che costano fatica a chi li scrive, impegno, e sono anche una bella responsabilità morale. Giusto, quindi, che questo impegno venga riconosciuto.
Se proprio vogliamo essere coerenti, non è stata tassata la parola di Dio, ma la parola di un uomo. Certo, se dovessimo considerarla infallibile parola di Dio, allora la questione cambierebbe, e si potrebbe riscontrare quantomeno una nota di simonìa nel veder commerciare una parola che è stata ispirata direttamente da Dio e che per questo risulta infallibile. Si potrebbe obiettare che non si può pretendere diritti economici in tale misura su un dono che Dio ha dato, senza configurarsi come Servo infedele; si potrebbe obiettare che non si può chiedere un copyright così marcato (parliamo di cifre piuttosto rilevanti) sul prodotto di un ministero divino. Se però così non è, se la parola è parola d’uomo, nulla da eccepire. Ratzinger ne ha diritto come ne ha diritto il Presidente Ciampi, come ne ha diritto Claudio Baglioni, come ne ha diritto Massimo D’Alema.
L’unica, piccola differenza è che nessuno di loro pretende di parlare a nome di Dio e poi prendere per sé i diritti. Ma vogliamo sottilizzare?
End of the spear – End of the spear, storia di cinque missionari uccisi in Amazzonia nel 1956 nell’ottica della tribù che li ha massacrati (e che proprio in seguito a questo fatto ha cambiato poi i propri usi) si preannuncia come un film interessante; speriamo arrivi anche in Italia. Però c’è un particolare che nell’articolo del Giornale non compare, e che mi sembra interessante. A margine del film in questione, che parla di pace e perdono, è stato realizzato anche un documentario: non l’abbiamo ovviamente ancora visto, ma dai comunicati diffusi risulta che racconta la vicenda dei missionari ed è un vero messaggio evangelistico, che parla chiaramente dell’importanza di conoscere e accettare il dono di Cristo. Verrà proiettato insieme al film, speriamo sia davvero così.
L’impressione, stando almeno a quel che abbiamo letto, è che il documentario possa essere più efficace del film, almeno in chiave evangelistica. Chissà che non si possa utilizzarlo anche in successive occasioni.
Giovani e sette – Uno studioso canadese dimostra in un suo recente libro che non sono le sette a spingere per l’adesione, ma che sono gli adepti. E questi adepti sono di solito giovani, colti e benestanti. Niente “lavaggio del cervello”, ma bisogno di attenzione, in tutti i suoi aspetti. Evidentemente non sarà così in tutti i casi, e di abusi ce ne saranno stati, però è sintomatico. Se così fosse, significherebbe che c’è una disperata ricerca di risposte e di un equilibrio. Se le cercano nelle sette, non sarà perché le chiese cristiane non sono in grado di proporre qualcosa di convincente? Certo, la risposta è sempre che noi predichiamo il vangelo di duemila anni fa. Ma non sarà che lo proponiamo con il linguaggio di duemila anni fa, e chi ha bisogno di risposte va a cercarle dove la risposta è più comprensibile?
Evangelici sul Corriere, risse in tv
Evangelici sul corriere – Un articolo tra luci e ombre, come ormai il Corriere ci ha abituato da tempo. Le ombre, peraltro, pervadono il titolo: “Così gli evangelici rubano i fedeli a papa Ratzinger”. Potrebbe sembrare un articolo tratto da un periodico gesuita, più che dal settimanale del Corriere della sera. E poi, come sempre, l’uso del termine “sette”, per definire gli evangelici.
Ma ormai ci siamo abituati, temo: ricorderete forse con me, a firma dello stesso autore, l’articolo di cui abbiamo parlato ormai più di un anno fa, in un ritratto incrociato tra Adriano – evangelico, ma evidentemente piuttosto soft – e Ricardo Kakà, descritto come evangelico fervente e, tra le righe, canzonato per questa sua devozione e la sua lontananza dalle discoteche, dalle veline, dalle “cattive compagnie”.
In questo nuovo articolo, pur permanendo uno scetticismo di fondo sul movimento evangelico, ci sono dei dati oggettivi, e già non è poco per un giornale di un paese come l’Italia, che confonde bellamente fede e religione, evangelici ed evangelisti, pastori e preti.
Ma al di là dei dati sulle conversioni in Brasile, che ormai sono noti, è interessante la riflessione sui perché della scelta di conversione. In ambienti dove la vita è una lotta quotidiana per la sopravvivenza e la società mostra il suo lato peggiore, la fede è l’unica soluzione. E ovviamente la ricerca non volge verso riti e funzioni delle chiese secolarizzate, ma verso le realtà che possono offrire qualcosa di reale. Che poi, purtroppo, sia spesso di moda la “teologia della prosperità”, e che questo sia forse uno stimolo (carnale) a una scelta di vita cristiana, questo è un dato di fatto.
Se poi il giornalista, a sua volta, parlando di pentecostali non sa distinguere tra spirituale ed esoterico, urla e grida di lode, trance ed estasi… be’, è un altro problema. La speranza è sempre quella che il lettore sia aperto e ragionevole: quanto – e, in certi casi, di più – di chi scrive.
Punizioni e ragioni – Il sindaco di New Orleans è sicuro: Dio è infuriato con gli USA e per questo ha mandato l’uragano Katrina. Ed è infuriato perché gli USA sono in Iraq senza una buona ragione.
Niente di strano che Dio sia infuriato con l’America, come pure con l’Europa, l’Africa, l’Asia e l’Oceania. Sull’Antartide forse ancora si astiene. Il problema è capire perché sia infuriato. Non so se sia per l’intervento in Iraq, o magari per la linea politically correct che ormai impone di non citare Dio o di pregare in pubblico, o perché alcuni “pastori” spesso pensano più ai soldi che alle anime…
Domenica in – Ci risiamo. Domenica In ha esagerato di nuovo, invitando in trasmissione due personaggi che la gente ama per il loro atteggiamento da attaccabrighe. Tutti i programmi ne hanno uno, dato che la rissa fa audience: il problema è quando se ne invitano due insieme, e ieri è successo proprio nel programma più popolare della televisione pubblica.
Ne è nata una pantomima di minacce, insulti, offese in diretta, che ha spiazzato la conduttrice, che è ingenuo pensare non sapesse (e se non sapeva, forse è il caso riveda la sua posizione). Ne sono seguite le scuse, come da copione, e le accuse della dirigenza della Rai.
Nel corso dello stesso pomeriggio, un personaggio di dubbio gusto ipnotizzava in diretta un altro personaggio di dubbio gusto, con gran pianto finale. Insomma, un dramma: e il tutto davanti a milioni di spettatori. Bambini inclusi.
Insomma, a quanto pare, il pomeriggio popolare non è più tanto popolare.
Non stiamo a ripetere le solite geremiadi del servizio pubblico, del canone, del rispetto: se i valori tramontano per chi guarda, tramontano anche per chi produce i programmi.
Una cosa, questa sì, va detta: è ingenuo chi pensa, e ipocrita chi dice, che tutto questo “era imprevedibile”. Se le scene non sono programmate (e anche questo sarebbe da verificare), è comunque altamente probabile che gettando un fiammifero nella benzina, ne venga fuori una bella fiammata. Non ci vuole un abile stratega per scoprire che un’ipnosi in diretta può portare questi e altri effetti (ma ormai sono anni che il personaggio imperversa sulle reti pubbliche), e che due tipi fumantini possono litigare per un nulla. Non ci vuole molto. Sicuramente ci vuole molto meno di quanto paghiamo ogni mese i programmisti Rai che ci propongono queste manfrine per poi rammaricarsi.
Luoghi comuni per non pensare
Luoghi comuni – Il Giornale oggi dedica una pagina ai luoghi comuni che emergono dalle ricerche su Google, opera di un volenteroso blogger tedesco. Si scoprono cose scontate e altre meno… noi italiani, per la cronaca, siamo sempre caratterizzati dalla pasta e dal nostro gesticolare.
Volendo essere cattivi, potremmo dire che se esiste la società, è grazie anche ai luoghi comuni. L’opinabile “spirito di corpo” che si crea attorno a questi ha dato compattezza a tanti gruppi sociali.
Anche in campo cristiano, se ci pensiamo bene, succede la stessa cosa: così, se il cattolico è quello che “ha le statue”, il valdese è “freddo e riservato”, mentre il pentecostale è “troppo vivace”, per citare solo tre esempi.
I luoghi comuni hanno un difetto che emerge sugli altri: insegnano a non pensare. Troppe volte si conosce l’altro per il pregiudizio che si ha sulla sua categoria. “Voi urlate”, “voi avete un culto che sembra un mortorio” sono le “accuse” che si scambiano certe denominazioni, che – visto un tale comportamento – potremmo ormai chiamare religioni.
Poi, una volta conosciuta meglio la persona, scopriamo che è più simile a noi di quanto pensavamo, che ha un’esperienza, una profondità, una ragionevolezza, magari anche un amore fraterno che non ci aspettavamo; potremmo addirittura scoprire che la sua chiesa non è poi così incredibile come ce l’avevano dipinta.
Di solito i tedeschi sono precisi per chi non li ha conosciuti di persona, e così gli italiani, i latinoamericani, e via dicendo. E così i valdesi, i pentecostali, i fratelli.
Chi generalizza, di solito, non ha avuto l’occasione (o il buonsenso) di andare oltre il luogo comune.
Medici cristiani – La preghieraterapia viene presa in considerazione anche dai canali scientifici ufficiali: lo segnala Ignazio Marino, chirurgo italiano di fama internazionale, nel suo saggio “Credere e curare”, dove affronta anche il tema del medico cristiano. Che, dice, ha un vantaggio rispetto a chi non è credente: «le sue regole morali sono già scritte e comprendono quelle risorse aggiuntive, intangibili e preziose della cura che sono l’umanità, la partecipazione, l’attenzione».
Essere conosciuti per la propria condotta, onestà, umanità, etica anche da chi non condivide le nostre idee: anche questa è testimonianza. Agabo, negli Atti, era conosciuto per la sua buona testimonianza. Ogni cristiano dovrebbe sentirsi in dovere non solo di parlare di Dio e della speranza che ha trovato in Dio, ma anche di applicare la fede nella vita di tutti i giorni, in forma indiretta, con un consiglio, un aiuto a chi ne ha bisogno, un sorriso, la vicinanza a chi è in soffre o è in lutto.
Non facile, certo. Ma abbiamo tutta la vita per migliorare.
Storici e fede tra USA ed Europa
Fede tra USA ed Europa – Il titolo dell’articolo che compare oggi su Corriere della sera potrebbe preludere a un pezzo che parla positivamente dell’ambiente evangelico: negli esteri si trova, a tutta pagina, il documento “Se l’Europa segue l’America tra le braccia di Gesù”. Invece non è così, non del tutto almeno.
Ne parla lo storico Ian Buruma, segnalando che «l’Europa è divenuta sempre più laica, proprio quando gli americani si abbandonano sempre più numerosi alle braccia di Gesù. Arduo immaginare che, in uno qualsiasi dei Paesi europei, si elegga un leader che sposa la fede evangelica di George W. Bush».
In merito ai born-again, commenta: «In un certo senso, il fondamentalismo musulmano, promosso da autorità religiose mercenarie in moschee radicali, è paragonabile all’austera morale protestante predicata dagli evangelisti statunitensi. Come i “born again”, anche i giovani musulmani, rivi di un ruolo ben chiaro nel mondo, vogliono una rinascita.
Ci si chiede se qualcosa di simile potrebbe avvenire anche nell’Europa dei cristiani apostati. Credo di sì». E sostiene che “l’anelito di esperienza religiosa non sia affatto estinto”, almeno a giudicare certi comportamenti laici, ma alla ricerca della spiritualità, che si notano nel nostro continente.
«È possibile – conclude Buruma – che queste voci continueranno a essere un’esigua minoranza in Europa poiché il laicismo è ormai troppo radicato. Ma non ci conterei troppo. Sempre più persone potrebbero iniziare a esercitare il libero arbitrio e seguire le orme dei “born again”».
È evidente la laicità (o l’ateismo) dell’autore, per cui non credo si debba andare a commentare quell’aspetto. Piuttosto, una sua affermazione merita qualche riflessione: quando paragona la nuova nascita alla ricerca di rinascita del fondamentalismo musulmano, dovute entrambe all’essere “privi di un ruolo ben chiaro nel mondo”.
Certo, è un’affermazione quantomeno da verificare: in Brasile, per esempio, i born again hanno rilievo politico, e le chiese di “nati di nuovo” muovono un massiccio numero di voti. In Italia – e in Europa – ovviamente no. Ma da qui a dire che essere “born again” è quasi un premio di consolazione, una seconda scelta insomma, ce ne corre. Credo che molti dei nati di nuovo italiani non abbiano mai fatto politica attiva, né se ne siano mai lasciati tentare. La scelta di vita personale che caratterizza un nato di nuovo è legata, sì, a un’insoddisfazione. Ma non nei confronti del mondo, e non si verifica comunque per cambiarlo. Nascere di nuovo significa morire dentro e rinascere con una nuova vita, una nuova prospettiva, potremmo quasi dire, per usare un termine che va molto oggi, con una nuova “dimensione”. Una dimensione comunque personale.
Ci manca un ruolo chiaro nel mondo? Di un ruolo nel mondo, francamente, non sapremmo che farcene. Il nostro ruolo, quello di ogni cristiano che prenda seriamente la Bibbia, è quello di cambiare le vite, non di cambiare il mondo. E in quest’ottica, sicuramente un ruolo importante e ben chiaro, nel mondo, lo abbiamo.
Piscina di Siloe – Sono quelle notizie che non cambiano la vita né la fede: una squadra di archeologi avrebbe trovato la piscina di Siloe, dove Gesù mandò a lavarsi il cieco nato. Una buona notizia; sicuramente c’è soddisfazione quando la storia conferma – in barba agli scettici – che i fatti raccontati nella Bibbia sono reali. Non ci serve come conferma alla nostra fede, ma è uno stimolo in più, un incoraggiamento.
Un peccato d’oro – Un ginnasta tedesco ha venduto all’asta per due soldi la medaglia d’oro conquistata ad Atlanta 1996 per liberarsi del suo passato. Dall’articolo riportato da evangelici.net ci sono gli estremi per pensare a una conversione sincera… anche a prescindere dalle medaglie.
Compleanni di giornata: il maestro Fabio Ambrosino, e Cinzia di Abbiategrasso (MI)