Archivio mensile:febbraio 2006

L’utopia realizzata a Pontedera

A Pontedera, provincia di Pisa, il liceo classico-scientifico XXV Aprile ha concesso agli studenti cinque giorni di vacanza-premio. L’idea è nata dagli studenti ed è stata approvata dal consiglio di istituto, dato che le classi erano in pari (o in vantaggio) con i programmi, i ragazzi erano costanti, non scioperavano, non avevano fatto nemmeno autogestione.

Sembra quasi incredibile. Allora nel mondo della scuola esiste davvero qualcos’altro rispetto a proteste, lamentele, scioperi, vandalismi.
Siamo abituati a leggere di ragazzi che per saltare il compito mettono sottosopra la scuola. Siamo abituati a leggere di cortei contro una o l’altra legge, dove la maggior parte dei partecipanti conosce a malapena lo slogan della manifestazione (non parliamo della legge che contesta). Siamo abituati a vedere scioperi, non si capisce bene a quale titolo, contro il problema di turno, risolvibile spesso con il semplice buonsenso.
Siamo abituati a leggere dell’ormai classica autogestione, quel male di stagione che le scuole si vedono imposte dagli studenti, smaniosi di farsi qualche giorno di “lezioni autogestite”, spesso su temi improbabili, o di semplice bivacco nei locali della scuola, quasi come essere in gita a casa propria.
Sia chiaro, non abbiamo nulla contro le attività “paradidattiche” non comprese dal programma, anzi: le lezioni di teatro o di scrittura le abbiamo seguite anche noi; si facevano anche dieci, quindici, venti anni fa, ma nei pomeriggi, e a quanto pare siamo ancora vivi. La legalizzazione dell’indolenza è un’altra cosa.

Poi leggiamo articoli come questo, e ci tiriamo un po’ su. Allora è vero: esiste ancora da qualche parte una scuola dove si lavora serenamente ma seriamente. Esiste ancora qualche posto dove una proposta, che normalmente si sarebbe considerata balzana (“gli studenti che si prendono le ferie”) viene presa in considerazione per il comportamento esemplare di chi l’ha proposta e il buonsenso delle scelte.

Esiste ancora la scuola che premia chi lo merita. Questa sì che è una notizia.

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Analisi, commenti e riflessioni sui temi del momento nel programma musica&parole: dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 11 sulle frequenze di crc.fm.

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L'utopia realizzata a Pontedera

A Pontedera, provincia di Pisa, il liceo classico-scientifico XXV Aprile ha concesso agli studenti cinque giorni di vacanza-premio. L’idea è nata dagli studenti ed è stata approvata dal consiglio di istituto, dato che le classi erano in pari (o in vantaggio) con i programmi, i ragazzi erano costanti, non scioperavano, non avevano fatto nemmeno autogestione.

Sembra quasi incredibile. Allora nel mondo della scuola esiste davvero qualcos’altro rispetto a proteste, lamentele, scioperi, vandalismi.
Siamo abituati a leggere di ragazzi che per saltare il compito mettono sottosopra la scuola. Siamo abituati a leggere di cortei contro una o l’altra legge, dove la maggior parte dei partecipanti conosce a malapena lo slogan della manifestazione (non parliamo della legge che contesta). Siamo abituati a vedere scioperi, non si capisce bene a quale titolo, contro il problema di turno, risolvibile spesso con il semplice buonsenso.
Siamo abituati a leggere dell’ormai classica autogestione, quel male di stagione che le scuole si vedono imposte dagli studenti, smaniosi di farsi qualche giorno di “lezioni autogestite”, spesso su temi improbabili, o di semplice bivacco nei locali della scuola, quasi come essere in gita a casa propria.
Sia chiaro, non abbiamo nulla contro le attività “paradidattiche” non comprese dal programma, anzi: le lezioni di teatro o di scrittura le abbiamo seguite anche noi; si facevano anche dieci, quindici, venti anni fa, ma nei pomeriggi, e a quanto pare siamo ancora vivi. La legalizzazione dell’indolenza è un’altra cosa.

Poi leggiamo articoli come questo, e ci tiriamo un po’ su. Allora è vero: esiste ancora da qualche parte una scuola dove si lavora serenamente ma seriamente. Esiste ancora qualche posto dove una proposta, che normalmente si sarebbe considerata balzana (“gli studenti che si prendono le ferie”) viene presa in considerazione per il comportamento esemplare di chi l’ha proposta e il buonsenso delle scelte.

Esiste ancora la scuola che premia chi lo merita. Questa sì che è una notizia.

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Questione di educazione

Lo schiaffo dato da un insegnante può essere educativo. Il pm Maria Grazia Zaina di Udine ha chiesto al gip l’archiviazione per il docente di una scuola media denunciato per abuso di mezzi di correzione da una mamma, il cui figlio non voleva più tornare a scuola perché l’insegnante l’avrebbe preso per l’orecchio e gli avrebbe tirato uno schiaffo. Il ragazzo era stato punito con un “buffetto”, stando alla versione dell’insegnante, perché aveva ruttato (mi si perdoni il termine) davanti ai compagni. Il docente, secondo il pubblico ministero, prevede ancora uno ius corigendi, che permette di “sfiorare un bambino con un buffetto per educarlo”.
Una volta c’era la bacchetta in classe, per i dorsi delle mani di tante generazioni di studenti; era uno strumento di correzione comune, che faceva parte di un contesto diverso, dove anche a casa l’energia fisica veniva usata per educare. Oggi, dopo studi e controstudi, estremi da un lato e dall’altro cui si è passati negli anni, né il genitore né tantomeno l’insegnante possono intervenire fisicamente nell’educazione dei bambini.
Il bambino non è un adulto: sarà banale, ma forse certi educatori e teorici della correzione leggera non hanno focalizzato questo aspetto. La mancanza di maturità del bambino lo rende poco logico e non sempre ragionevole, per cui in certi casi non si può non intervenire in maniera fisica.

Non esiste una “misura” che possa fare da “norma”, e quindi, nell’intervenire (e nel valutare l’intervento da parte di chi sta fuori), è necessario usare il buonsenso. Come le forze dell’ordine in caso di pericolo possono intervenire per ridurre a miti consigli i facinorosi, senza ovviamente cadere in abusi, anche genitore e insegnante ne hanno la facoltà. Chiaramente deve esistere un limite, ma il limite per l’insegnante non significa libertà completa per l’allievo, tanto più che oggi i bambini si sono fatti fin troppo intemperanti: una volta bastava il timore dell’insegnante (o uno sguardo del papà) per fermare i ragazzi, mentre oggi si rende necessario che l’insegnante sappia farsi valere.

Uno dei principi che la scuola deve insegnare è proprio il rispetto delle regole di convivenza: esistono delle regole, intelligenti o meno, condivise o meno, che si possono cambiare ma che non si possono trasgredire. L’insegnante, di fronte a un bambino particolarmente vivace e trasgressivo, lo ha fermato con un atto fisico. In questo contesto, quel che stupisce di più è il comportamento della madre (del padre non si parla, peraltro). Il bambino piagnucola e non vuole tornare a scuola: è un bambino intemperante, e potrebbe non essere stata la prima volta. Ma la mamma indaga e scopre che il prof lo ha “picchiato”. Sapendo che il figlio è piuttosto vivace (oppure lo è solo a scuola?), sarebbe normale per la mamma informarsi sui perché del gesto dell’insegnante, supponendo che l’insegnante stesso non si diverta a tirare sberle a destra e a manca come un tirolese nelle danze tipiche.
Una volta scoperto il gesto di inciviltà del figlio, la madre avrebbe potuto – e, forse, dovuto – tirare un altro scapellotto al giovane, facendogli presente che aveva sbagliato nel mancare di rispetto ai compagni. L’idea nemmeno sfiora la madre, per la quale probabilmente il figlio ha diritto a fare sempre qualsiasi cosa (se ne ricorderà, quando le arriveranno a casa le prime multe per parcheggio in terza fila?). E così non trova di meglio che denunciare l’insegnante. Da genitore ci sarebbe stato da vergognarsi del figlio, dell’educazione che NON gli era stata data, dell’incapacità del figlio di stare in mezzo agli altri. Non l’ha sfiorata il pensiero che il figlio sia un incivile, che rischia di diventare un disadattato, che se oggi ha l’impunità nei confronti dei compagni e dell’insegnante domani sentirà di averla anche con i vigili, con le autorità e con i genitori.

Domani magari, davanti a eventuali rovesci nella vita del figlio, si chiederà “cos’ho fatto di male”. Oggi, intanto, ha portato in tribunale chi aveva tentato di mantenere suo figlio entro centri limiti che, evidentemente, a casa non aveva. Ce n’è abbastanza per un romanzo di Kafka.

L’insegnante potrebbe pensare a questo punto che il mondo è cambiato, e di essere rimasto indietro. Per quanto ci riguarda possiamo dire serenamente che, se il mondo è cambiato, non abbiamo nessuna intenzione di fare un passo avanti. Non almeno in quella direzione.

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Torino 2006 – Ultima puntata dello speciale quotidiano dedicato ai Giochi: con noi in onda Giuseppe Platone. Il direttore di Riforma ha tracciato un bilancio conclusivo delle attività evangeliche organizzate in occasione delle Olimpiadi invernali: un bilancio positivo tra concerti e iniziative comuni, che fa ben sperare per un prosieguo di migliore dialogo tra le componenti evangeliche della città. Prossima tappa, le paralimpiadi a marzo.
Anche la puntata odierna si può ascoltare online o scaricare per il podcast.

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Angolo cultura: Lake Januska live

Finalmente riesco a fare quel che mi riproponevo da tempo: usare il sabato per qualche consiglio editorial-musical-culturale. Si comincia con la musica, e un cd uscito da qualche anno ma che ho recuperato solo di recente.

Chi è stato alla prima edizione di Rock on the Rock (Salò, agosto 2003) si ricorderà di loro: Tom Lane e Tony Hooper, i Murphy Road, sembravano fuori contesto a una kermesse cristiana dedicata a heavy-emo-core etc. eppure insieme a Rick Cua – altra vecchia gloria – hanno saputo conquistare tutto il pubblico, anche i giovanissimi, con il loro country-blues e un’interpretazione di spessore, sia tecnico che spirituale.

Il duo, efficace dal vivo, ha preso la felice decisione di fissare su cd una delle performance degli ultimi anni: e hanno scelto le sessioni di lode di un convegno giovanile tenutosi nell’estate 2002 presso il lago Junaluska (Nord Carolina, USA), da cui il nome del cd.

Dopo le percussioni dell’intro, robusto benvenuto agli ascoltatori, Lake Junaluska live si propone come uno squisito disco di lode e adorazione, ovviamente sempre targato Nashville, dove i momenti di gioia si alternano alle fasi più meditative, alle preghiere, alle brevissime riflessioni concesse dai tappeti sonori. Il cd si snoda tra pezzi vivaci come la scatenata “Salvation has come today” tratta dal primo album solista di Hooper Month of Sundays (ma non mancano, nel cd, numerosi brani di Tom Lane e le collaborazioni con altri artisti) e la struggente “Rhythms of love”: tredici brani per una grande festa, come ogni sessione di lode dovrebbe essere.

Tom Lane e Tony Hooper
Lake Junaluska live
Cross peace music, 2002
distribuito in Italia da: Crystavox Concerts (cryvox@gospel.it)

Basta la parolaccia

Spesso diciamo che i bambini non sanno parlare, non hanno interessi e conoscenze. A quanto pare invece i bambini sanno esprimersi bene, e anche troppo: con le parolacce, però. Stando a quanto segnala l’Osservatorio sui diritti dei minori il turpiloquio non è più relegato a una singola fase della crescita, ma accompagna il bambino ed è così diffusa da risultare preoccupante per l’evoluzione infantile. A dare il cattivo esempio non è più l’ambiente esterno ma la famiglia. L’Osservatorio ha chiesto a 200 mamme di ascoltare i propri figli tra i 6 e i 10 anni per un mese, senza intervenire (pensate che pacchia per i bambini), chiedendo semplicemente dove avessero imparato le eventuali parole volgari. Le risposte dei bambini sono state: in famiglia, dai genitori o dai fratelli (37%); dai compagni di scuola (26%); dalla televisione (19%). Il 4% risulta educato, e non usa parole volgari. Ancora meno saranno coloro che si scandalizzano quando le sentono. Secondo il presidente dell’Osservatorio, il turpiloquio è diventato comune, legittimato dalla famiglia e dai media. Molto dipende dall’ambiente in cui si vive, certo; ma preoccupa che una volta le persone serie, nobili, importanti, non usavano parole proibite, oggi invece pare quasi che nobiliti. Per i bambini le parolacce non sono spontanee come per chi ha un passato in ambienti difficili; se le usano, vuol dire che le sentono. Ovviamente devono uscire, confrontarsi, conoscere altre persone; da fuori possono venire parole proibite, ma un tempo i genitori erano pronti a cogliere e redarguire. Oggi, invece, si sente il turpiloquio anche e soprattutto in casa. Forse è perché i genitori non crescono più: preferiscono declassarsi ad amici, preferiscono sentirsi giovani come i figli ed avere le stesse possibilità, lasciando da parte le proprie responsabilità.
Per chi si definisce cristiano, andrebbe messa una mano sulla coscienza, e – nel caso – sulla bocca.

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Torino 2006 – Questa sera alle 22 a Villar Perosa, nell’ambito del cartellone invernale della località si terrà un concerto della Tee Dee Band. Per parlarne avevamo con noi nello speciale odierno Debora Sgro, solista del gruppo.
Anche la puntata odierna si può ascoltare online o scaricare per il podcast.

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Cambiare i cuori per cambiare il mondo

Nuova linea per i neocon statunitensi: Fukuyama, uno degli esponenti più brillanti della linea seguita dall’amministrazione Bush per cinque anni, ha dichiarato sul magazine del New York Times, di non condividere più i principi che per un lustro hanno caratterizzato l’azione politica del governo.
Ne parla oggi il Corriere, nelle pagine culturali, riportando alcuni dei pensieri che hanno portato Fukuyama a cambiare rotta. Tanto da definire i neocon come “un pericolo per la pace”. «È un movimento che non posso più appoggiare», dice, parlando del modo in cui sono stati gestiti esportazione della democrazia e la guerra preventiva. È un segno della crisi del neoconservatorismo, che già l’anno scorso si era rivelata con la defezione di numerosi esponenti di punta del governo. Un tentativo di rivedere le posizioni, cambiando punto di vista. «La guerra al terrorismo non si può vincere solo con i militari», spiega Fukuyama, e anche esportare la democrazia nei paesi islamici non paga, almeno inizialmente.
«La sfida agli integralisti islamici, secondo Fukuyama, non deve basarsi sulle campagne militari, ma sulla conquista dei cuori e delle menti».

Per cambiare le cose non ci si può basare solo sulla forza, ma bisogna agire sulle convinzioni. Che non cambiano con la violenza, ma con un modo di porsi, diffondendo la cultura, dando risposte alla sete di conoscenza dell’uomo e alle grandi domande di sempre che ogni uomo, a ogni latitudine, si pone. La fede può dare un contributo importante in questo: solo Dio può cambiare – in positivo – i cuori, e far trovare la pace interiore: quella pace di cui ogni uomo, che lo ammetta o no, ha bisogno, e che ogni uomo, che lo riconosca o no, sta cercando.
E quando si trova la pace dentro, è impossibile che non si rifletta attorno.

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Torino 2006 – In diretta con noi oggi Luca Brignolo, responsabile per le relazioni esterne di Operazione mobilitazione e del coordinamento delle chiese evangeliche: con Luca abbiamo parlato delle impressioni del comitato internazionale “More than gold” in relazione al lavoro delle chiese evangeliche torinesi, ma anche dei consigli che il comitato italiano ha potuto dare ai referenti delle chiese evangeliche di Vancouver, prossima sede dei giochi olimpici invernali nel 2010.
Anche la puntata odierna si può ascoltare online o scaricare per il podcast.

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Uno spot chiamato scuola

Gianfranco da Milano segnala l’interessante norma che prevederebbe la possibilità di inserire spazi pubblicitari nelle scuole. Paradossalmente è una norma che, al di là di tutte le polemiche, non è negativa. Da un lato gli istituti avrebbero la possibilità di incrementare i loro fondi, sempre più scarsi a causa dei tagli all’istruzione; dall’altro si risolverebbe in un colpo il problema sui simboli religiosi nelle aule: il crocifisso potrebbe sparire da sopra la lavagna, ma ricomparire negli spazi pubblicitari, e così tutte le altre rappresentazioni confessionali. Emergerebbero solo le religioni ricche, va da sé, oppure quelle più seguite, e il filtro economico creerebbe una soglia di sbarramento alle mille richieste avanzate da parte delle pià svariate confessioni.

Scherzi a parte, l’idea di inserire spot a scuola si scontra con un principio che, almeno fino alla scorsa generazione, era fondamentale: la scuola ha l’incarico di dare nozioni e strumenti necessari a cavarsela nella vita. A scuola ci si aspetta di trovare indicazioni neutre, o comunque contestualizzate, e la pubblicità non è una di queste. Ma forse diamo troppo valore a una scuola che, negli ultimi anni, ha perso il suo smalto tra docenti poco preparati, studenti svogliati, strutture poco recettive, principi latitanti (abbiamo visto da un sondaggio che copiare ormai è considerato accettabile da tutti, insegnanti inclusi), riforme continue che destabilizzano, demoralizzano e non concludono. Magari, piuttosto, sarebbe l’ora di tutelare dagli spot la televisione, che ormai risulta l’unica vera maestra (purtroppo) per tanti giovani.

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Torino 2006 – Ai nostri microfoni oggi Daniela Grill, direttore di Radio Beckwith, per verificare come procedono i Giochi invernali nelle Valli valdesi tra iniziative culturali, evangelizzazioni sul campo e – ovviamente – tanto sport di alto livello.
Lo speciale si può, come di consueto, ascoltare online e scaricare per il podcasting.

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Chiese e diritti, secondo round

La comunità ebraica come quella cattolica. Facendo questo parallelo, la Corte di Cassazione sottolinea come l’esenzione dalle imposte in favore degli ebrei sia volta a fare in modo che i «privilegi» non siano «riferibili alla sola Chiesa cattolica» (…)

La rivendicazione della comunità ebraica era stata respinta sia in primo che in secondo grado. Ora la Suprema Corte ha accolto il ricorso della comunità ebraica nella capitale, facendo notare come il diritto all’esenzione dall’imposta sia da ricomprendersi nell’ottica di una «disposizione che trova la propria “ratio” ispiratrice nella volontà del legislatore di ricondurre a conformità costituzionale un sistema di esenzione al quale si imputava di privilegiare i soli enti riferibili alla Chiesa cattolica, in contraddizione con i principi di uguaglianza e libertà».

Il caso presentato dal Gazzettino qualche giorno fa si ricollega alla norma che prevedeva l’esenzione dall’ICI per gli enti collegati alla chiesa cattolica, anche per le strutture usate a fini di lucro: ma solo quelle della chiesa cattolica, escludendo quindi le altre confessioni religiose. Un caso poi insabbiato, forse per evitare di urtare i non cattolici in periodo pre-elettorale.

Pare quindi una notizia importante, e chissà come mai sulle testate principali non c’è stato riscontro a questa sentenza sicuramente non secondaria: erano troppo impegnati tra Fattorie e Grandi fratelli per le notizie serie, verrebbe da pensare.

Quindi la corte di cassazione ha sancito che i privilegi non siano solo per la chiesa cattolica. Ed è una questione di civiltà: perché una sola chiesa sì, e ad altre realtà religiose – o politiche, o umanitarie – non deve essere riservato lo stesso trattamento?

Civiltà, ma anche equità: in un paese democratico, i diritti e i doveri sono per tutti, come anche la legge è uguale per tutti. Se una norma vale per una realtà religiosa, deve valere anche per le altre. Anche per le chiese evangeliche, che potranno far valere i propri diritti in merito alla questione.

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Torino 2006 – Oggi ospite del nostro speciale Stefania Piovesan, testimonial evangelico ai Giochi invernali di Torino: abbiamo parlato dell’Inno dei volontari, da lei composto, ma anche del suo lavoro per il Comitato e del suo rapporto con i volontari.
La puntata come sempre si può ascoltare e scaricare dal sito di crc.fm.

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La libertà del ciarlatano

Secondo il Consiglio di Stato, non è detto che il cartomante sia sempre e comunque un ciarlatano. Per dare questa “patente” a chi sostiene di avere il potere di leggere il futuro altrui servono una “apposita istruttoria” e una “approfondita analisi” per verificare se l’attività di maghi, occultisti o veggenti comporti “un abuso della credulità popolare e dell’ignoranza”.

L’attività è vietata dalla legge del 1941, ma negli ultimi 60 anni «è mutato il contesto storico e sociale rispetto al momento in cui e’ stata introdotta quella normativa», passando «da una posizione di assoluta ostilità nei confronti del “mestiere di ciarlatano”, fino a “ritenere ammissibili” la chiromanzia o attività affini “di cui si discute in quanto fonte di reddito e quindi soggette al prelievo fiscale al pari di qualsiasi attivita’ professionale”. Quindi l’Amministrazione non doveva limitarsi alla contestazione, ma aveva il dovere di valutare in concreto, attraverso apposita istruttoria, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta ad integrare l’ipotesi “ciarlatano”».

In fondo il Consiglio di stato ha ragione. C’è ciarlatano e ciarlatano, mago e mago, cartomante e cartomante. Non si può fare di tutta l’erba un fascio, ci mancherebbe. Tutti hanno diritto a dire la loro. Ognuno deve potersi esprimere.

La sentenza, però, ricorda le indicazioni stradali di certe persone in buonafede che si incontrano lungo la strada: anziché dare una dritta chiara ed essenziale si dilungano in particolari, dettagli, distinguo che, per chi non conosce la strada, risultano non solo superflui, ma addirittura fuorvianti.

I dettagli sono importanti, certo. Sarebbero importanti i distinguo degli studiosi sul fatto che Maometto si può ritrarre. Questi dettagli, però, non arrivano purtroppo alla folla inferocita, cui basta un sentito dire di terza mano per provocare morti e feriti.

Allo stesso modo, i dettagli possono fare male. Non tutti sono ciarlatani, certo. Ma se prima di impedire l’abuso della credulità popolare dobbiamo cercare, verificare, controllare, incrociare i dati, non stupiamoci poi di personaggi che sono riusciti a imbrogliare – e rovinare – centinaia di persone prima di venir fermati.

Questione di equilibrio. La tutela del debole ha pari dignità rispetto alla libertà del ciarlatano. Un magistrato dovrebbe saperlo meglio di noi.

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Torino 2006 – Impossibile oggi non parlare della giornata di sabato a Torino: “Evangelici insieme” tra il pomeriggio e la serata ha raccolto un ampio numero di persone, mettendo per una volta davvero “insieme” gli evangelici. La chiacchierata con Nino Trimigno di Cdm Italia è disponibile online per l’ascolto e lo scaricamento.

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Bibbie e libertà

Una notizia che arriva dall’estero, ma non troppo: dal Ticino infatti riecheggia la notizia relativa alla distribuzione di Bibbie. Bisogna sapere che in Svizzera, se da un lato la libertà è tutelata in maniera quasi maniacale, dall’altro c’è un tentativo altrettanto maniacale di “non disturbare”, non emarginare, non imbarazzare. I temi religiosi sono ovviamente tra i più contestati, per la forza che hanno e spesso sono al centro di questioni di legittimità.

Una di queste è stata sollevata nei giorni scorsi a BELLINZONA, dove il “gruppo di cristiani che pregano per l’autorità” ha organizzato una distribuzione di copie della Bibbia agli agenti della Polizia cantonale. Una distribuzione a tappeto, che segue quella già effettuata ai parlamentari federali a Berna e ad altre autorità.

In questo caso però l’iniziativa si è scontrata con la perplessità di Francesco Cavalli, membro del consiglio di stato, che in un’interrogazione chiedeva lumi sulla legittimità dell’operazione.

In risposta il Consiglio di Stato, organo proposto a dirimere la questione, ha sancito che non è “una mancanza di rispetto verso il principio della laicità dello Stato” il fatto di distribuire Bibbie agli agenti.

La risposta governativa ricorda ancora «che una simile azione di distribuzione aveva già interessato nel passato altre cerchie di persone (politici e magistrati) e il Consiglio di Stato non ha sollevato obiezioni particolari a che la medesima iniziativa fosse rivolta agli agenti della polizia cantonale. Ha però posto quale precisa condizione, rispettata al momento della consegna, che la distribuzione avvenisse in modo tale da non essere individuale, da lasciare a ogni agente piena facoltà di ritirare il testo e di non effettuare registrazioni dell’avvenuto ritiro”.

Il Consiglio di Stato infine “non ha valutato in modo particolare la circostanza che l’operazione potesse avere un obbiettivo di propaganda partitica, né la ritiene rilevante, pur a conoscenza che dal “gruppo di cristiani che pregano per l’autorità” ha preso di recente avvio l’Unione Democratica Federale”.
Quindi, gli agenti di polizia del Ticino potranno ricevere le loro Bibbie, come potranno farlo altre autorità. Una bella vittoria per il “gruppo di cristiani che pregano per l’autorità”. Una dimostrazione di democrazia, verrebbe da aggiungere. Anche perché la Bibbia non ha mai fatto male a nessuno: se del male ne è nato, è stato a causa degli uomini. E conoscerla può aiutare a comprenderlo.

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Torino 2006 – Ospite nello speciale quotidiano, Claudio Parachinetto, presentatore della serata
“Evangelici insieme”, in programma domani a Torino: “Evangelici insieme” vuole essere un momento di incontro tra credenti, ma anche di testimonianza verso l’esterno. La puntata odierna, come sempre, si può ascoltare online o scaricare per il podcast.

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