Archivio mensile:settembre 2006

Un’ora sempre più corta

Probabilmente la notizia che arriva da Torre Pellice ci racconta di un record: due classi di quinta elementare dove nemmeno uno studente segue l’ora di religione. Non risulta che ci siano state altre classi in Italia, dall’epoca del Concordato ad avvalersi in toto della celebre “ora alternativa”.

Prima del 1984 per non fare religione serviva l’esonero, come per la ginnastica; in realtà ancora fino a fine anni Ottanta non era ben chiaro come usare quell’ora, e ogni scuola si inventava improbabili ore di “educazione civica”, oppure parcheggiava gli studenti “renitenti” nelle biblioteche, seguiti da un docente che non si vedeva mai.
Nel frattempo l’ora di religione diventava sempre più un’ora di varia umanità, con una connotazione religiosa sempre meno marcata, e con gli anni anche i cattolici poco convinti hanno capito che poteva essere più proficuamente usata in altra maniera: la “scelta di non avvalersi” assunse sempre meno la valenza di una scelta di fede, e sempre più un valore utilitaristico, tanto che ormai nelle classi c’è sempre una parte degli studenti ben contenta di saltare l’ora, pur definendosi cattolica. E non fare religione non è più un sottile marchio di infamia, come avveniva vent’anni fa.

Segno di un’epoca che cambia, probabilmente, e magari poco c’entra in questo caso il discorso dei valori, dell’appartenenza, della fede: non sempre si può pretendere da un quindicenne una coerenza tale da privilegiare il teorico dell’appartenenza al pratico dell’ora di lezione risparmiata.

Ora, la notizia dell’en-plein: due classi intere non fanno religione. Per 18 anni non c’era mai stata una classe completamente acattolica, ora sì. Ma forse la vera “notizia” è proprio questa: l’ora di religione, fino a oggi, era seguita anche nelle valli valdesi.

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Analisi, commenti e riflessioni sui temi del momento nel programma musica&parole: dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 11 sulle frequenze di crc.fm.

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Un'ora sempre più corta

Probabilmente la notizia che arriva da Torre Pellice ci racconta di un record: due classi di quinta elementare dove nemmeno uno studente segue l’ora di religione. Non risulta che ci siano state altre classi in Italia, dall’epoca del Concordato ad avvalersi in toto della celebre “ora alternativa”.

Prima del 1984 per non fare religione serviva l’esonero, come per la ginnastica; in realtà ancora fino a fine anni Ottanta non era ben chiaro come usare quell’ora, e ogni scuola si inventava improbabili ore di “educazione civica”, oppure parcheggiava gli studenti “renitenti” nelle biblioteche, seguiti da un docente che non si vedeva mai.
Nel frattempo l’ora di religione diventava sempre più un’ora di varia umanità, con una connotazione religiosa sempre meno marcata, e con gli anni anche i cattolici poco convinti hanno capito che poteva essere più proficuamente usata in altra maniera: la “scelta di non avvalersi” assunse sempre meno la valenza di una scelta di fede, e sempre più un valore utilitaristico, tanto che ormai nelle classi c’è sempre una parte degli studenti ben contenta di saltare l’ora, pur definendosi cattolica. E non fare religione non è più un sottile marchio di infamia, come avveniva vent’anni fa.

Segno di un’epoca che cambia, probabilmente, e magari poco c’entra in questo caso il discorso dei valori, dell’appartenenza, della fede: non sempre si può pretendere da un quindicenne una coerenza tale da privilegiare il teorico dell’appartenenza al pratico dell’ora di lezione risparmiata.

Ora, la notizia dell’en-plein: due classi intere non fanno religione. Per 18 anni non c’era mai stata una classe completamente acattolica, ora sì. Ma forse la vera “notizia” è proprio questa: l’ora di religione, fino a oggi, era seguita anche nelle valli valdesi.

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Buon appetito

Da uno studio dell’Italian Textile Fashion (ITF), organismo delle Camere di commercio italiane, pare che il 9,5% dei capi venduti contiene ammine aromatiche cancerogene, sostanze nocive alla salute.

Una ricerca dell’università di Siena rivela invece cosa contengano le lasagne acquistate al supermercato: dai campioni recuperati in quattro città italiane è emerso che nelle lasagne compaiano 40 tipi di pesticidi, tra cui il ddt.

Ma il resto d’Europa non è messo meglio: un’indagine in sette paesi ha rivelato che la situazione è allarmante ovunque, tra olio agli ftalati e formaggi al ddt, succo d’arancia al clordano e un altro centinaio di sostanze tossiche trovate nel pane, nei bastoncini di pesce, nella carne, nel miele, nel burro, nel latte.

Se qualcuno ancora si illudeva di poter vivere bene mangiando e vestendo bene, sarà il caso che riveda la sua posizione.

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Quaccheri in crisi

I quaccheri di un paesino dell’Idaho sono in difficoltà: una nuova ordinanza vorrebbe obbligare ogni famiglia a munirsi di un fucile, e i quaccheri (un quarto della popolazione) sono pacifici in senso stretto. Problema di coscienza su una norma peraltro paradossale, dato che in quel paesino negli ultimi vent’anni l’unico episodio violento che si ricordi è una rissa.

Non è comunque questione secondaria, almeno per loro: per i quaccheri la non violenza è una norma di vita e di condotta molto sentita, come il sabato per gli avventisti.

A inizio ottobre si saprà (forse) se la legge entrerà in vigore; nel frattempo possiamo interrogarci su cosa faremmo qualora una legge ci impedisse una pratica di fede cui siamo affezionati. Facile infatti essere d’accordo sul divieto di burqa, quando non ci tocca: ma se – per motivi di ordine pubblico – ci vietassero di distribuire volantini, organizzare concerti, organizzare studi biblici?

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Belli per studio

Secondo i calcoli del neurologo Harry Chigani del Michigan, si può perdere peso studiando. Il cervello infatti brucia calorie in continuazione: anche quando è in stand by la mente spende una caloria ogni dieci minuti, quando è in piena attività elaborativa i consumi sono quindi cospicui.

Se dovesse venir confermato sarebbe una scoperta clamorosa: altro che acque della salute, avremmo trovato il modo più pratico per essere belli dentro e fuori. E le scuole teologiche sarebbero gettonate quanto le migliori beauty farm.

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Cinema quasi cristiano

Film cristiani prodotti da case secolari: Hollywood non si converte in senso stretto, ma coglie l’opportunità di dare soddisfazione ai tanti cristiani “born again” degli Stati uniti realizzando una linea di film morali.

È giusto, non è giusto? Difficile dirlo; guardando al sodo, ci sarà una decina di film cristiani in più all’anno, film che le chiese non avrebbero comunque potuto produrre (per budget, per competenze, per convinzione). E poi, chi non è contro di noi è per noi.

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Turismo consapevole

Dopo l’uccisione della suora italiana in Somalia si parla nuovamente di cristiani perseguitati, e nella lista dei luoghi pericolosi, o comunque dove non è garantita la libertà, emergono paesi come Kenia, Egitto, Maldive. Ce ne sono anche altri, purtroppo, ma abbiamo voluto citare questi tre per un motivo specifico: sono mete comuni delle vacanze di noi occidentali.

Molti di noi restano colpiti e magari commossi dal discorso del prodotto “equo e solidale”; compresi nel ruolo di salvatori del mondo ritengono di dover fare qualcosa comprando il caffè dai contadini del Chiapas e usando la bicicletta per non inquinare l’ambiente, ma poi partono per viaggi di nozze e vacanze in paesi dove i cristiani sono perseguitati. Il “turismo consapevole” è anche scegliere responsabilmente se sostenere un paese che incarcera i nostri fratelli, o uno che concede la democrazia anche al di fuori dei villaggi turistici. Evitiamo di vivere un cristianesimo a compartimenti stagni.

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Cristiani a tutto spiano

Panorama dedica un articolo ai cristiani che per l’evangelizzazione usano criteri adatti al tempo in cui vivono. Si intitola “Cristiano a tutto spiano” e parla di realtà cattoliche, ma anche di iniziative evangeliche, come Rock on the Rock, Sabaoth Festival (dato erroneamente come iniziativa della Chiesa valdese), Pub le Pecore; riporta l’esperienza della band degli Altripercorsi, e segnala magliette e gadget a tema cristiano.

Significativa – e azzeccata – l’introduzione: «Cantano il rock più duro, vestono da fashion victim e vanno in palestra, smanettano in internet e coi telefonini. La sera, poi, si ritrovano al pub. Come Dio comanda. Perché, se le strade del Signore sono infinite, tanto vale percorrerle tutte».

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Qualcuno ti pensa

Difficile, dal 2001, non collegare la data dell’11 settembre a una serie di immagini drammatiche. 2800 morti, migliaia di feriti (e gente che continua a morire per i postumi), un’angoscia che suona fin troppo biblica per tutti coloro che, da quel giorno, si rendono conto di come non esista più un posto sicuro e hanno solo questo mondo per cercarne uno.

Quest’anno vogliamo ricordare l’11 settembre con l’immagine della speranza di chi è sopravvissuto “per caso”. La mail di un amico ci racconta di alcuni casi esemplari.
Il direttore di un’azienda con sede nel WTC la mattina dell’11 settembre 2001 fece tardi al lavoro perché era il primo compleanno di suo figlio;
Un suo collaboratore era vivo perché doveva portare i regali;
Una donna arrivò in ritardo perché la sua sveglia non aveva suonato in tempo;
Un impiegato fece tardi perché rimase imbottigliato nel traffico a causa di un incidente;
Un altro perse l’autobus per un soffio;
Una persona si versò il cibo addosso a colazione e perse tempo per cambiarsi;
Uno ebbe la macchina che non si metteva in moto;
Un dipendente venne trattenuto al telefono;
Una donna ebbe un figlio;
Un impiegato non riuscì a trovare un taxi;
Un uomo si mise un paio di scarpe nuove quella mattina, ma prima di arrivare al lavoro gli era uscita una vescica. Si trattenne nella farmacia e per quel motivo è vivo oggi.

«La prossima volta che domani qualcosa ti farà arrabbiare – riflette l’estensore della mail – e ti potrà sembrare assurda, quando i bambini tardano a vestirsi, quando non riesci a trovare le chiavi dell’automobile, quando ti imbatti in una sfilza di semafori rossi… non ti arrabbiare, ricorda che c’è Qualcuno che sta badando a te».

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Un saluto a tutti gli amici che oggi ricominciano la scuola.
Che l’anno scolastico possa essere un momento di istruzione, ma non solo: noi abbiamo bisogno della scuola, per acquisire le nozioni necessarie a sviluppare una cultura e una competenza lavorativa; allo stesso tempo, però, la scuola ha bisogno di noi: come persone capaci di dare una presenza e una testimonianza cristiana. In un periodo in cui mancano punti di riferimento morale, etico, spirituale, e in cui la convivenza civile è sempre più incattivita, l’esempio – teorico e pratico – di un cristiano è sempre più importante.

Non dimenticate mai quel che siete da quando avete conosciuto Dio, la speranza e la gioia che Dio vi ha dato. Ricordatevi che chi vi sta attorno, anche se non lo dimostra e magari addirittura vi deride, sta disperatamente cercando qualcosa che riempia la sua vita. Compagni di classe e professori cercano. E voi avete qualcosa di prezioso, qualcosa che ha cambiato la vostra vita e che può cambiare la loro. Siate un esempio ogni giorno, anche con la vostra semplice presenza.

Che Dio vi sostenga, vi illumini giorno per giorno, caso per caso, momento per momento.

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Cellulari inopportuni

Il ministro per l’istruzione francese mette al bando il cellulare dalle scuole: distrae, ed è fonte di violenza. Concordi i presidi italiani, cauto il ministro Fioroni, che preferisce puntare a «trasmettere ai giovani l’idea che la scuola è una cosa seria» (beata ingenuità…).

Insomma, il cellulare è il capro espiatorio di oggi, e come di consueto si confondono le cause con gli effetti. Non sono i cellulari che, in classe, sono dannosi all’attenzione (e, in certi casi, all’incolumità fisica): lo è il loro uso. In Italia esiste un regolamento scolastico che vieta l’introduzione a scuola di strumenti o oggetti non necessari all’attività scolastica. A suo tempo sequestravano di tutto, quasi anche l’innocente souvenir delle vacanze; ora invece tutto è permesso, e le conseguenze si vedono. Tornare alla rigidità dei decenni scorsi è anacronistico e, probabilmente, difficile da praticare. E il problema diventa di difficile soluzione. Succede in tanti campi, e non è un problema di leggi ma di buonsenso: il buonsenso di capire che una norma serve a evitare gli eccessi, e che spesso chi tenta di forzarla crea un precedente che può portare lontano. Come in questo caso: il cellulare, usato con intelligenza, è uno strumento utile. Ma a scuola non serve a nulla, se non a confondere e distogliere chi dovrebbe fare altro (e vale anche per i professori). Accettarlo in classe significa ammettere non uno strumento – che è neutro -, ma un suo uso sbagliato: un po’ come ammettere un coltello da cucina, che di suo non ha nulla di sbagliato, in uno stadio. Non esiste la libertà assoluta: la libertà deve avere un senso. Anzi, un buonsenso.

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