Cellulari inopportuni
Il ministro per l’istruzione francese mette al bando il cellulare dalle scuole: distrae, ed è fonte di violenza. Concordi i presidi italiani, cauto il ministro Fioroni, che preferisce puntare a «trasmettere ai giovani l’idea che la scuola è una cosa seria» (beata ingenuità…).
Insomma, il cellulare è il capro espiatorio di oggi, e come di consueto si confondono le cause con gli effetti. Non sono i cellulari che, in classe, sono dannosi all’attenzione (e, in certi casi, all’incolumità fisica): lo è il loro uso. In Italia esiste un regolamento scolastico che vieta l’introduzione a scuola di strumenti o oggetti non necessari all’attività scolastica. A suo tempo sequestravano di tutto, quasi anche l’innocente souvenir delle vacanze; ora invece tutto è permesso, e le conseguenze si vedono. Tornare alla rigidità dei decenni scorsi è anacronistico e, probabilmente, difficile da praticare. E il problema diventa di difficile soluzione. Succede in tanti campi, e non è un problema di leggi ma di buonsenso: il buonsenso di capire che una norma serve a evitare gli eccessi, e che spesso chi tenta di forzarla crea un precedente che può portare lontano. Come in questo caso: il cellulare, usato con intelligenza, è uno strumento utile. Ma a scuola non serve a nulla, se non a confondere e distogliere chi dovrebbe fare altro (e vale anche per i professori). Accettarlo in classe significa ammettere non uno strumento – che è neutro -, ma un suo uso sbagliato: un po’ come ammettere un coltello da cucina, che di suo non ha nulla di sbagliato, in uno stadio. Non esiste la libertà assoluta: la libertà deve avere un senso. Anzi, un buonsenso.
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Pubblicato il 7 settembre, 2006 su Uncategorized. Aggiungi ai preferiti il collegamento . Lascia un commento.
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