Cosa dire, come dirlo
Ieri ho assistito a un recital. Originale, in campo cristiano, come forma di comunicazione artistica: a colmare la lacuna ha pensato Chris Burnett, eclettico americano che vive da anni nel nostro paese, e che ha dimostrato una capacità di adattamento e di comprensione non comuni (detto per inciso, forse è una questione di approccio: non è arrivato in Italia da missionario ma da “semplice” credente, e forse in questa prospettiva l’integrazione è più agevole).
Non è facile costuire uno spettacolo, questo lo sanno tutti. O almeno, tutti coloro che sanno cosa sia uno spettacolo, e non pensano che improvvisare sia la scelta migliore per qualsiasi evenienza, dalla predicazione ai concerti.
Un recital, forse, è qualcosa di ancora più complicato: richiede non solo performance convincenti, ma anche un calibrato equilibrio tra parole e musica e una buona capacità di concatenare le singole performance dando alla storia un filo logico.
Le parole adatte e il tempismo adeguato, insomma. Chris, insieme a sua moglie Erma e accompagnato da Andrea di Francia alla batteria, c’è riuscito, e ha costruito una serata sobria, piacevole, convincente. E toccante. Ha raccontato la sua storia di “bravo ragazzo” che, dietro le quinte, viveva tra contraddizioni e ipocrisie. Per tutti era un bravo cristiano: il segreto del suo disagio lo nascondeva dentro di sé, «ero un primo della classe – come ha spiegato con una metafora – ma la mia vita non era un 30 e lode, quanto un 29. Mi mancava sempre qualcosa».
Quel qualcosa lo ha trovato in un’occasione spiacevole: la morte di un suo amico, partito missionario per le Filippine e stroncato in poche ore da un virus. Una vicenda che ha colpito Chris e lo ha fatto riflettere, fino a portarlo a quella scelta di vita che lo ha reso veramente un cristiano.
Non è facile raccontare una vicenda così complessa, vissuta in prima persona, in maniera ordinata ed efficace, senza cadere nella tentazione di giocare sul senso di pietà o sul sentimentalismo: e forse proprio per questo la serata ha toccato i presenti.
Non c’è stata una predicazione, non c’è stato un appello, non ci sono state scene di commozione. Qualche tradizionalista resterebbe perplesso per questo.
Eppure la partecipazione del pubblico alle riflessioni di Chris si percepiva attraverso un silenzio irreale che testimoniava un’attenzione non di maniera.
Si può parlare di Cristo senza scadere nelle solite formule? Pare di sì. Anche se è raro.
Pubblicato il 23 luglio, 2008, in Uncategorized con tag Andrea di Francia, Chris Burnett, cristiano, Cristo, Dio, evangelici, racconto, recital, religione, spettacolo, successo, testimonianza, Vita. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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