Prelievi e dubbi

Repubblica segnala oggi in prima pagina che “Scatta l’allarme-trapianti”. I medici sono preoccupati: per la prima volta gli interventi sono in calo del 3%. Una flessione che viene addebitata ai “troppi dubbi sui prelievi d’organo”.

Sicuramente nella decisione di donare o non donare i propri organi (o quelli dei propri cari) al momento della dipartita influisce pesantemente la trasparenza delle pratiche, su cui più di qualcuno ha da ridire: la Lega contro la predazione di organi, per citarne una realtà molto combattiva, che si schiera contro la “predazione a cuore battente”. Detta così suona piuttosto tetra, ma non è detto che la realtà sia sempre migliore.

Viene però da pensare che non si tratti solo di questo, e che la maggiore ritrosia a donare gli organi derivi anche da un’inquietudine che si è sviluppata negli ultimi tempi in seguito ai casi mediatici più seguiti. Vedere la vicenda di Eluana Englaro costantemente sotto i riflettori fa riflettere. Al di là della gestione del caso e delle sentenze, al di là dei pareri morali e delle conclusioni che verranno, a forza di sentirne parlare subentra nel cittadino medio una sottile preoccupazione, che nasce sottotraccia, quasi subliminale, e si sviluppa in una serie di considerazioni.

Di fronte a questa e ad altre tristi vicende non si può non riflettere su questioni essenziali. Nonostante i baldanti pareri della scienza, non ci sono certezze assolute su quell’area grigia che in certi casi dobbiamo attraversare prima della dipartita. E allora, di fronte all’impossibilità di sapere, sempre meno persone sono disposte ad affidarsi completamente a chi conosce la medicina, ma non può andare oltre la competenza medica nel tracciare confini in un campo così delicato.

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Pubblicato il 22 dicembre, 2008, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.

  1. Così a fare le spese del clima di sottile terrorismo, sono persone che soffrono davvero. Giovani e bambini inclusi che aspettano un cuore o un rene per vivere e forse non l’avranno mai. Perché la gente ha paura. Ha una paura atavica della morte, che certo – ripeto – terrorismo sulle questioni di fine vita, con tuttologi che si improvvisano medici non fa che alimentare.

    Sarò cinica e dura ma credo che un medico non possa illudere parenti addolorati inducendoli a confidare in un miracolo che non avverrà mai. Farebbe meglio a mettergli di fronte – con gentilezza è ovvio – la realtà, spiegargli che non esistono possibilità e speranze, che il trapianto è un gesto concretamente generoso. E’ vita.

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