Slogan (ir)razionali
La polemica scoppierà a breve, anche se qualche premessa si è già vista nei giorni scorsi: venerdì 13 febbraio uscirà nelle sale cinematografiche il film “Religiolus”, di Larry Charles, già regista del dissacrante “Borat”.
La pellicola ha già mobilitato gruppi di “ultracattolici”, che hanno contestato i manifesti promozionali. Il film promette di attaccare i fanatismi di ogni fede religiosa, e si presenta con un poster dove le celebri tre scimmiette (“non vedo, non sento, non parlo”) rappresentano le tre principali religioni monoteiste.
Alla protesta degli “ultrà” cattolici è seguita la risposta del produttore americano, e a ruota quella del segretario UAAR (quelli dei “bus atei”), che lamenta: «È una gravissima violazione della libertà di espressione. Sembra normale che non si debba parlare di ateismo». Attaccare per poi piagnucolare di fronte alla reazione: un comportamento che, in quanto a razionalità (e maturità), lascia a desiderare.
Il film, spiegano i distributori italiani, “parla ai giovani” con un “linguaggio schietto”, e la campagna pubblicitaria è in linea con questa scelta. Certo, se questo è il registro scelto per parlare ai giovani, viene da pensare che gli amici atei non abbiano un’opinione troppo alta delle nuove generazioni.
Come credenti, di qualsiasi fede, ci sono gli estremi per sentirsi offesi? Forse sì, visto che un aspetto così intimo, profondo, umano come la spiritualità viene banalizzato e irriso senza troppo rispetto.
Si potrebbe rimandare l’accostamento al mittente, ma probabilmente non sortirebbe l’effetto voluto: visto l’orgoglio con cui gli atei rivendicano il dogma delle origini scimmiesche, risulterebbe anzi un complimento.
È interessante invece rilevare che la vicenda mina il luogo comune secondo cui i razionalisti sono gli evangelisti della logica, i sacerdoti della ragione, gli adoratori delle argomentazioni.
A quanto pare, invece, all’occorrenza usano gli slogan, non disdegnano un po’ di propaganda, e se un film o un libro può dare visibilità alle loro ragioni, ben venga, anche a costo di accettare qualche banalizzazione e abbracciare qualche generalizzazione di troppo. Se poi questo porta ad abbassare momentaneamente la soglia del tanto decantato rispetto verso l’altro, pazienza: in fondo, pare di capire, le religioni nei loro confronti hanno fatto di peggio.
Per uscire dall’impasse senza scadere in uno scontro non ci resta che una possibilità: invertire le parti e, come cristiani, dare prova di tolleranza nei confronti di chi vuole provocare.
Lasciamo allora le tre scimmiette, e i loro sodali, al loro destino. D’altra parte se gli amici atei hanno bisogno di un film alla Borat e quattro autobus per farsi coraggio, per chi crede non c’è molto da preoccuparsi.
Pubblicato il 10 febbraio, 2009, in Uncategorized con tag adoratori, amici, argomentazioni, ateismo, autobus, banalità, banalizzazione, Borat, complimenti, comportamento, contestazione, coraggio, credenti, cristiani, destino, dogma, evangelisti, fanatici, fede, film, generalizzazione, generazione, Giovani, intimità, Larry Charles, libertà, libro, Linguaggio, logica, manifesti, Maturità, occorrenza, offesa, orgoglio, pellicola, pensiero, polemica, possibilità, premessa, preoccupazione, propaganda, provocazione, Pubblicità, ragione, ragioni, razionalisti, razionalità, reazione, Religiolus, religione, rispetto, sacerdoti, scelta, scontro, tolleranza, UAAR, ultracattolici, umanità, violazione, visibilità. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.
Dare prova di tolleranza, sì, e mostrare la massima indifferenza: ho l’impressione che dare contro a Dio ormai sia diventato una specie di prova di maturità (non scolastica!).
Vero è che gli indifferenti dovrebbero essere loro, no? In fondo, se non credono in Dio, perché dargli tutta questa importanza e sprecare cosi tanto tempo, soldi ed energie per dire che Dio non esiste? Chi li capisce…