Luca, Povia e la polemica inutile

Il brano di Povia? Tanto rumore per nulla, avrebbe sintetizzato Shakespeare.

Per chi non fosse al corrente delle vicende sanremesi, in questi mesi si è fatto un gran parlare di Giuseppe Povia, giovane (ma non giovanissimo) cantautore di moderata ispirazione cristiana, portatore di una salutare vis polemica capace di far riflettere chi lo ascolta.

Lanciato da Bonolis qualche anno fa fuori concorso con la celebre “I bambini fanno ooh”, è tornato a Sanremo l’anno successivo cantando “Vorrei avere un becco”, inno all’amore coniugale che, quando è maturo, sa superare con disincanto le difficoltà.

Povia quest’anno è tornato a Sanremo con un brano dal titolo scioccante: “Luca era gay”. Prima di sentire una sola nota, e perfino prima di aver letto il testo (diffuso solo nei giorni scorsi), l’Arcigay ha scatenato una violenta polemica, tacciando l’artista di omofobia per aver parlato di “guarigione” dalla condizione omosessuale.

Martedì sera verso mezzanotte, finalmente, il momento della verità. Povia sale sul palco e propone un brano dal testo molto poco scandaloso. O, almeno, molto meno volgare degli eccessi riscontrati alle parate di settore.

Nel testo il protagonista del brano precisa: «questa è la mia storia, solo la mia storia/ nessuna malattia, nessuna guarigione».

Un messaggio chiaro, che disinnesca di fatto buona parte delle polemiche sviluppate sul nulla di un’ipotesi.

L’ascolto però non è bastato a sgonfiare il caso. Né è bastato a rabbonire Grillini, presidente onorario dell’Arcigay, che in sala ha avuto modo di dissentire dapprima a gesti – enfatizzati ampiamente dall’occhio attento delle telecamere – e poi con un intervento vero e proprio.

A guardare la serata nel suo complesso, pare quasi si sia voluto creare attorno a Povia un cordone sanitario: verso le 23 Benigni ha voluto chiudere il suo exploit con un richiamo alla dignità di ogni tipo di affettività, recitando una lettera di Oscar Wilde; poi, una volta terminato il brano di Povia, è stato l’onorevole Grillini a chiedere la parola per un commento sviluppato con garbo e concluso purtroppo rinfocolando la stanca polemica.

Curiosamente il caso Povia è stato costruito sul nulla, ma ci hanno guadagnato tutti: l’Arcigay, che ha guadagnato altra visibilità; il cantante, che fino all’ultimo ha mantenuto il riserbo sul testo dando la stura a una ridda di ipotesi sui contenuti del brano; e ci ha guadagnato ovviamente Bonolis, bravo a costruire, montare e mantenere una storia nella storia capace di catalizzare l’attenzione del pubblico, con ripercussioni positive sugli ascolti televisivi.

Mentre il caso mediatico si avvia alla conclusione, la polemica offre lo spunto per una constatazione. Sul metodo, più che sul merito.

Ormai è assodato: non si può uscire dal coro per esprimere posizioni non convenzionali, su qualsiasi differenza e minoranza, senza il rischio di passare per razzisti.

Forse è vero che la normalità non esiste, o quantomeno che ormai è solo una tra le tante minoranze. Se è così, però, non si può non notare che si tratta dell’unica minoranza a non avere il diritto di esprimere liberamente i propri pensieri, i propri timori, i propri valori.

Sarà anche una questione libertà. Ma suona tanto come un paradosso.

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Pubblicato il 19 febbraio, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 6 commenti.

  1. Magari è più una questione di relativismo mascherato da libertà; perché c’è così tanta paura di essere considerati non normali, che conviene rendere la normalità qualcosa di anormale e aberrante. Con buona pace dei più…

  2. Sono stata letteralmente rapita, l altra sera da Benigni quando ha letto la lettera di Oscar Wilde,straziantemente bella,nessuna discriminazione gay(si intende)Ma quante polemiche!!!!!!!!!!!!!!!!x il testo di una canzone x niente offensiva.

  3. Credo che Povia rappresenti un esempio. Da seguire. Perchè con il suo gesto che non è ne razzista, ne omofobico racconta una storia ed una realtà.
    Personalmente spero che che Povia vinca il festival. Non per fare un torto ai gay, bensì per far capire a questi ultimi che nel mondo c’è pure chi può avere un’opinione differente. Quindi da rispettare. In ultimo errato dare il microfono a Grillini durante la trasmissione. E’ il festival della canzone. Non della politica.
    http://enopassion.wordpress.com/

  4. Mi fa sorridere l’espressione “cantautore di moderata ispirazione cristiana”. Per me è solo uno che “ci marcia”. Non piace neanche a me quella sorta di razzismo al contrario che ha preso piede negli ultimi anni, ma sarei meno generoso nel dare patenti di difensore dei valori cristiani.

  5. Non voglio giudicare Povia, e allo stesso tempo comprendo i dubbi di molti.

    Per questo mi limito a segnalare che la hit del suo primo disco, uscito lo scorso anno (e poco pubblicizzato, guarda caso), diceva: «È meglio vivere una spiritualità/ che farsi scudo con la religione».

    Forse ci marcia, forse l’ha detto senza riflettere, ma si tratta di una tra le frasi più significative che un cristiano possa esprimere.

  6. Il beneficio del dubbio non si nega a nessuno, ma la mia impressione è che si tratti solo di una squallida e cinica operazione commerciale. Faccio un testo che ritratta l’omosessualità come una deviazione nata da un passato traumatico e il soggetto in questione come un povero sfigato, poi per non apparire razzista e per non fare arrabiare troppo i gay ci metto qualche parolina ad hoc tipo “questa è solo la mia storia ecc.” e il gioco è fatto, la polemica è assicurata e la publicità pure.

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