C'è bisogno di noi

«Sentiamo che in questa crisi economico-finanziaria globale sono in gioco grandi scelte e grandi valori: se guardiamo alle cause e anche agli sforzi da mettere in atto per superarla, ci rendiamo conto che è essenziale un ristabilimento di valori spirituali e morali che sono stati largamente assenti dalle determinazioni dei soggetti economici e politici»: lo ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo discorso di qualche giorno fa di fronte ai 129 leader religiosi convenuti in Italia per il consueto summit pre-G8.

Se fino a qualche anno fa la fede veniva vista quasi con fastidio e relegata a un affare privato, e l’etica nel mondo del lavoro era un surplus per credenti particolarmente puntigliosi, dopo la crisi che ha squassato il mondo dell’economia i valori tornano in primo piano.

Fino a quando tutto va bene si tende a dimenticare il dovere a favore del piacere: e il piacere, per decenni, è stato l’edonismo di un sistema dove consumare significava tutto e tutto aveva un prezzo, dove l’imperativo era arricchirsi e ogni mezzo era lecito per farlo.

C’era bisogno di un terremoto per comprendere che l’economia non può essere un valore assoluto, che i valori non sono solo quelli di borsa, che l’arricchimento esteriore è arido senza un corrispondente arricchimento interiore.

A quel punto, disorientati, anche i famelici manager di Wall Street si sono dovuti fermare. Alcuni di loro, di fronte a una crisi economica e morale, hanno percorso di nuovo le navate delle chiese dopo anni spesi nel sacro tempio della Borsa.

Di fronte alla desolazione, ci si è concentrati di nuovo su quel mondo di piccole cose che si erano perse di vista: la famiglia, i gesti, i pensieri.

E, non ultima, la fede. Che non è un valore come gli altri, ma un valore aggiunto in qualsiasi sistema.

Ora questo ruolo è stato riconosciuto anche da Napolitano. I media non hanno enfatizzato le sue parole, anche se suona strano sentire un gentiluomo laico e di tradizione comunista sdoganare la spiritualità e i valori che ne discendono: «Nella visione che ispira la Costituzione della Repubblica italiana noi riconosciamo pienamente che hanno una dimensione pubblica e un valore pubblico il fatto religioso e la presenza religiosa. Senza pericolose confusioni tra politica e religione nella piena autonomia dell’una e dell’altra sfera abbiamo bisogno di tale apporto».

C’è bisogno di fede. Una fede viva, vissuta, coerente. Una fede che, applicata, porta a una morale convinta, non ipocrita ma profonda, nella vita del credente. Una morale che si trasforma in etica, un comportamento corretto fatto di serietà e onestà nel campo professionale.

Ora è ufficiale: anche il Capo dello Stato ne riconosce il bisogno e chiama i credenti a una presenza cristiana concreta, quotidiana, capace di restituire dignità a un mondo senza valori.

“… E voi mi sarete testimoni”, disse Gesù ai suoi discepoli. Oggi il mondo, la società, le autorità – quel mondo, quella società, quelle autorità che fino a ieri sottovalutavano la fede  – ci invitano a non dimenticare quella raccomandazione.

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Pubblicato il 19 giugno, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.

  1. Se sui due piatti della bilancia si potessero posizionare, da un lato i pregi, e dall’altro i difetti, della classe politica che ha guidato la nostra nazione, specie negli ultimi decenni, sicuramente il piatto con i difetti penderebbe tanto in basso da far cadere la bilancia per eccessivo sbilanciamento; ma se si parla di capi di stato, per fortuna, le cose cambiano.

    Tutti gli avvoltoi che senza alcun rispetto per la persona e per l’istituzione, nei giorni della sua scelta e del suo insediamento, hanno avuto da dire e da ridire su Napolitano, dovrebbero chiedere scusa al Presidente (che ha dimostrato ampiamente di volere e di sapere essere il Presidente di tutti) e alla nazione intera.

    Ciò premesso, per quanto riguarda l’apporto positivo che la religione e la spiritualità in genere, possono dare alla società intera, credo che se i cristiani si impegnassero di più a fare diligentemente il loro dovere, ed evitassero di avanzare pretese e richieste di PRIVILEGI IMMOTIVATI, tutta la società, che notoriamente è composta da cristiani, credenti non cristiani, e non credenti, comprenderebbe meglio e accetterebbe di buon grado qualche positiva influenza in tal senso.

    Invece oggi più che mai, tale apporto viene visto dai non cristiani, e anche da molti credenti, come una insopportabile e indebita ingerenza.

    Magari avere scoperto attraverso internet (prima certi resoconti non giravano) che circa un terzo delle tasse che paghiamo, direttamente o indirettamente finisce nelle casse del vaticano, e altre simili belle notiziole, che hanno screditato irrimediabilmente l’autorità morale delle chiese, ha contribuito a creare questo clima da “spara a zero sul credente e su tutto quello che dice”.

    Quindi, senza farla troppo lunga; niente più confusione fra la roba di Cesare e quella di Dio; niente pretese; assoluto rigore morale in ogni campo della vita; ritorno alla semplicità e genuinità del Vangelo di Cristo; e dopo, solo dopo, avere tolta la trave dall’occhio nostro, avremo la forza e l’autorità per togliere i vari fuscelli che offuscano la vista dei nostri fratelli, credenti e non.

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