Il confine della coerenza
Una scuola della California «è stata denunciata dalla madre di una alunna per aver obbligato la ragazza a togliere una maglietta che raffigurava un messaggio anti-abortista».
La studentessa, tredicenne, portava una t-shirt con la scritta “growing, growing, gone”, accompagnata da tre immagini: nelle prime due «un feto ai primi stati della gravidanza», nella terza un riquadro completamente nero, a rappresentare l’interruzione di gravidanza.
«Dopo le prime ore di lezione, un’insegnante le aveva chiesto di alzarsi e di seguirla nell’ ufficio del preside, dove era stata invitata a indossare altri vestiti».
Ora i genitori della ragazza e gli organi scolastici si confrontano a suon di cavilli: “Il messaggio sulla maglia non va contro le regole disciplinari della scuola”, sostiene l’avvocato della madre della ragazza; “il codice vestiario… vieta abiti che facciano riferimento al tabacco, alle droghe o all’alcol, o anche al sesso sfruttando immagini ambigue o a carattere politico“, risponde il Consiglio d’Istituto.
La disputa è destinata a far discutere ancora a lungo e d’altronde, comprensibilmente, in casi come questi non è facile districarsi tra diritti e limiti, regole e buonsenso, convinzioni e comportamenti.
Forse il modo migliore per comprendere se un comportamento sia onesto è chiedersi cosa sarebbe successo in un frangente diverso: per esempio se una ragazza avesse indossato a scuola una maglietta inneggiante al sesso libero o con un messaggio banalizzante nei confronti dell’aborto (niente di impossibile: se ne vedono anche dalle nostre parti).
Chissà se anche in quel caso il Consiglio di istituto avrebbe censurato la studentessa chiamando in causa il “riferimento al sesso”, o il “messaggio politico” dell’indumento, o se invece avrebbe derubricato la questione a una ragazzata. Chissà se avrebbe considerato la t-shirt “un messaggio di cattivo gusto” che però non merita una sanzione, o se invece avrebbe dato la sua risposta un respiro più alto e una dignità costituzionale, rispolverando il diritto alla libertà di espressione.
Vogliamo credere nella buonafede del Consiglio d’istituto californiano, ma non possiamo non riconoscere che il confine tra una presa di posizione e l’altra – e, quindi, tra una decisione e l’altra – è molto sottile. Così sottile che, a volte, a dividerle è solo un filo di ipocrisia.
Pubblicato il 10 luglio, 2009, in Uncategorized con tag Aborto, alcol, avvocato, buonafede, buonsenso, California, cavilli, comportamenti, consiglio, convinzioni, Costituzione, dignità, diritti, disciplina, discussione, disputa, droghe, espressione, feto, gravidanza, immagini, indumento, insegnante, interruzione, ipocrisia, lezione, limiti, messaggio, nero, politica, preside, Ragazza, ragazzata, regole, sanzione, scritta, Scuola, sesso, studentessa, t-shirt, tabacco, tredicenne, vestiti. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 8 commenti.
Meno male che la maggior parte delle scritte “oscene” che si leggono su indumenti di teen-agers è in inglese: e gli italiani sono un popolo che notoriamente bazzica poco le lingue straniere! 😉 Shalom
qualche decennio fà sarebbe stata punita una ragazza se avesse avuto una maglietta pro-aborto…adesso invece viene punita l’esternazione di un pensiero “cristiano” che sarebbe invece da elogiare.
Ormai tutti possono dichiarare le proprie idee, posizioni, ideologie; tutti ad esclusione del popolo di Dio che non si può permettere di parlare della verità e di dichiarare il vero pensiero di Cristo perchè altrimenti viene accusato di settarismo o bigottismo.
La morale della nostra società e’ davvero caduta in basso…speriamo che il Signore torni presto!
Già. Le “ragazzate” di stampo negativo sono in generale più tollerate di quelle di stampo positivo. Purtroppo. Ma è meglio continuare a dare messaggi positivi, sulle magliette o dove si può.
Io non credo affatto che se la maglietta fosse stata provocatoria nel senso opposto la scuola non avrebbe preso analogo provvedimento.
Le vicende sono diverse, ma un giorno si e l’altro pure, si ascoltano storie di cristiani che testimoniano la loro fede in modo discutibile, creando “il caso”.
E’ vero che alcuni sono pronti ad attaccarti se solo ti sentono pronunziare il nome di Gesù, ma è altrettanto vero che molti “evangelizzano” in modo goffo e provocatorio, danneggiando la causa che vorrebbero perorare.
Potrei fare esempi narrando episodi dei quali sono testimone, ma meglio stendere un velo di pietà.
Il problema dell’interruzione di gravidanza e della tragedia vissuta dalle donne forse non può essere riassunto in una maglietta ma comunque merita un’attenzione che oggi sembra essersi allentata. Dietro ogni aborto c’é una tragedia umana che deve essere tenuta in considerazione se non si vuole rischiare di essere additati come “provocatori politici”. Di contro bisogna essere vigilanti su altri aspetti della questione. Recentemente la ultralaica Spagna ha scoperto con fastidio di avere un eccesso di aborti ospedalieri da parte di ragazze sotto i 15 anni e la “soluzione” che ha trovato è stata quella di poter, da parte delle ragazze, acquistare liberamente in farmacia e senza dirlo ai propri genitori la pillola del giorno dopo. Un aborto chimico molto meno “drammatico” di quello chirurgico. Con questa decisione si pensa di alleggerire i costi ospedalieri della comunità ma, contemporaneamente si toglie ai genitori ogni responsabilità delle scelte dei propri figli. Temo che molti genitori preferiscano così.