Bulimia spirituale
Scrive Repubblica che, in base a una ricerca di Visual Networking Index realizzata da CiscoSystems, «La giornata online dura 36 ore»: infatti “calcolando le operazioni compiute simultaneamente, il tempo della Rete risulta più lungo di quello reale”.
Eccoci qua: i nostri genitori si lamentavano che una giornata avesse solo 24 ore, i loro figli hanno ovviato all’inconveniente (anche se un giorno dovranno spiegarci perché la natura debba essere vista sempre come una inevitabile limitazione, anziché come un contesto adeguato in cui vivere).
La tecnologia moltiplica le opportunità, dilata la giornata, aggiunge tempo al tempo. Tempo virtuale, beninteso, non reale: ma sarà sorprendente, per chi ha vissuto qualche anno della sua vita nell’era pre-computer, fermarsi a riflettere su quanto sia cambiato il nostro modo di vivere.
Quindi, via: con il famigerato multitasking – in cui le donne, fin dai tempi dell’analogico, riescono meglio – riusciamo a risparmiare tempo, e questo significa moltiplicarlo. È un vantaggio che però abbiamo bruciato subito, aumentando la mole di impegni: oggi possiamo svolgere in quattro ore il lavoro che prima ne richiedeva otto, ma anziché approfittare delle altre quattro ore per migliorare la qualità della nostra esistenza coltivando la lettura, la riflessione, i rapporti umani, la salute, ci siamo imposti di raddoppiare la produzione.
E lo abbiamo fatto volontariamente: certo, qualche migliaio di anni fa era successo qualcosa di simile anche agli Ebrei in Egitto, ma dietro c’era dietro un faraone a dettare i tempi non proprio sindacali.
Noi no: inebriati dai nostri impegni continuiamo a tagliare i tempi e, allo stesso tempo, ad approfittare di ogni ritaglio per aggiungere nuove attività. E, con le attività, stress. Non sarà un caso se, a fronte di una giornata di 36 ore, continuiamo a lamentarci che il tempo non basta mai. E non solo nel contesto lavorativo: vorremmo fare, andare, leggere, ascoltare, guardare, ma restiamo frustrati di fronte ai nostri limiti.
Il problema però non è il tempo, ma il modo. Vogliamo troppo di tutto. Prendiamo l’aspetto spirituale: internet e la globalizzazione ci hanno aperto le frontiere della mente, ci hanno fatto scoprire che esiste qualcosa anche oltre il nostro orizzonte. A quel punto abbiamo cominciato a caricare e scaricare di tutto: testi messaggi, sermoni in formato audio, partiture di nuovi canti, libri interi, commenti più o meno sensati; abbiamo iniziato a “partecipare” (fino a quale punto sia vera partecipazione dovremo, un giorno, chiedercelo) a culti online, corsi a distanza, discussioni sui forum, nelle chat, ci siamo iscritti a un numero spropositato di canali e di social network, abbiamo ripreso contatto con persone di cui non ricordavamo più nemmeno il nome.
Eravamo a digiuno e ora ci stiamo ingozzando, con due risultati negativi. Il primo problema è che incameriamo tutto senza voler (o poter) distinguere l’alimentazione sana dai cibi spazzatura.
La seconda questione è anche più grave: ci alimentiamo, ma non assimiliamo. Leggiamo di più, ma in maniera sempre più superficiale e frettolosa. Di conseguenza riflettiamo sempre meno, ci accontentiamo di ripetere frasi fatte (da altri) senza esercitare il filtro della conoscenza, ci orientiamo verso ciò che ci emoziona di più anziché su ciò che potrebbe arricchirci: si sa, un brivido interiore costa meno fatica di un pensiero impegnato, di un messaggio che implica un’azione, di una sfida a una vita coerente.
Si stava meglio quando si stava peggio? Sostenerlo sarebbe ingeneroso verso le nuove opportunità che abbiamo a disposizione, e che possono davvero offrirci nuove prospettive. Questo però non significa che non si possa – e non si debba – stare ancora meglio. Tutto dipende dal nostro senso di responsabilità. Che, a scanso di equivoci, non si scarica dalla rete.
Pubblicato il 13 luglio, 2009, in Uncategorized con tag analogico, approfittare, ascoltare, aspeto, assimilare, brivido, calcolo, canali, canti, caricare, Chat, CiscoSystem, commenti, contatto, contesto, corsi, culti, digiuno, discussioni, distinzione, donne, ebrei, Egitto, emzione, faraone, giornata, globalizzazione, guardare, impegni, iscrizioni, lamentele, lettura, libri, limitazione, limiti, mente, messaggi, modo, moltiplicarlo, multitasking, nome, online, operazioni, ore, partecipare, pensiero, problema, produzione, rapporti umani, reale, rete, ricchezza, riflessione, riflettere, risparmiare, risultati, ritaglio, salute, scaricare, sermoni, sfida, sorpresa, spazzatura, spirituale, stress, superficiale, Tempo, testi, troppo, vantaggio, Visual Networking Index, vivere. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 4 commenti.
La prospettiva è inquietante. A volte spero che vada via la luce o cada l’ADSL per poter leggere un buon libro. Perchè Internet per me è lavoro, passione, curiosità e quindi per una cosa o per un’altra sono sempre online.
“Questo però non significa che non si possa – e non si debba – stare ancora meglio. Tutto dipende dal nostro senso di responsabilità. Che, a scanso di equivoci, non si scarica dalla rete.”
Parole sante (e non vuole essere un gioco di parole irrispettoso).
Dette da un altro per cui internet è lavoro, passione, curiosità, etc.
Ad un certo punto della mia vita ho avuto l’impressione che tutto andasse più veloce. Non si trattava del fatto che il tempo in età matura sembra scorrere più rapidamente per via degli impegni che crescono: lavoro, famiglia, figli. No, pur provenendo da un contesto industriale e non agricolo, in cui i tempi li detta ancora (in parte) il ciclo naturale, la vita mi sembra scorrere più velocemente. Siamo sommersi da ogni genere di informazioni. E anche se tutte quelle che consultiamo fossero cibo buono si tratta comunque di una sovralimentazione cerebrale. Forse è proprio questo eccesso di informazione che, obbligando il cervello a lavorare di più, crea questo effetto accelerativo. Bisognerebbe ricominciare a discernere quello che serve da quello che non serve. Ne abbiamo perso la capacità. Basta guardare i nostri armadi ed i cassonetti della spazzatura.