Diplomatico silenzio
Fa riflettere la vicenda di James Hudson, viceconsole britannico in Russia che ha perso il lavoro (e la faccia) dopo una serata organizzata per lui dai servizi segreti del Paese ospitante.
37 anni, una brillante carriera diplomatica, Hudson si è fatto tentare da una notte brava con due signorine russe non propriamente disinteressate: professioniste (in tutti i sensi) ben addestrate, hanno ripreso in un video bevute e approcci, per poi far filtrare tutto in rete.
Hudson, insomma, è caduto in trappola. Il suo (opinabile) privato è diventato pubblico su scala globale, e la sua carriera si è conclusa prematuramente e ingloriosamente.
Probabilmente ora Hudson si chiede perché. Perché proprio lui, tra i tanti che si concedono una serata allegra, doveva incappare in uno spy game tra due paesi che non si amano.
Non sappiamo se le pubbliche relazioni notturne fossero per lui una consuetudine, e non è improbabile; certo oggi avrà il suo bel rimorso per una debolezza che non è riuscito a tenere a freno e che ha compromesso la carriera che, con tutta probabilità, sognava da una vita, una carriera che lo stava portando lontano.
Figuraccia sua, del suo consolato, del paese che rappresentava: difficile che domani venga riciclato come esempio di moderazione.
Debolezza, tentazione, caduta: trame internazionali a parte, è un percorso che si può declinare in mille versioni, e che conosciamo bene perché – volenti o nolenti – fa parte del nostro quotidiano.
C’è, però, un aspetto che – sempre complotti a parte – rende la vicenda del viceconsole britannico diversa dalla nostra: magari non abbiamo cercato abbastanza bene in rete, ma a quanto abbiamo verificato non si registrano recriminazioni da parte sua.
Non ha tentato la carta del politico, defilandosi con un penoso e improbabile “il protagonista di quel video non sono io” né ha gridato al complotto (anche se ne avrebbe decisamente avuto motivo).
Non si è improvvisato qualunquista, dicendo “lo fanno tutti”, o “sono affari miei”.
Non si è proclamato martire rassegnando le dimissioni in diretta, né ha calcato i principali talk show per concedere particolari piccanti in relazione alla vicenda.
Ancora più sorprendente, non ha nemmeno usato le parole d’ordine di noi cristiani, estraendo versetti comodi per l’occasione.
Non ha detto “chi è senza peccato scagli la prima pietra“. Non ha intimato “guarda la trave nel tuo occhio”. Non ha nemmeno alzato il mento e scandito il micidiale “chi sei tu per dirmelo?“.
Niente di tutto questo: solo la consapevolezza di un errore e il rammarico per le giuste – o sproporzionate, chissà – conseguenze. Il tutto condito da un diplomatico, dignitoso silenzio.
Quel silenzio che, troppo spesso, a noi manca. Più delle parole.
Pubblicato il 20 luglio, 2009, in Uncategorized con tag addestramento, approcci, bevute, britannico, caduta, carriera, complotto, consapevolezza, conseguenze, consolato, consuetudine, cristiani, debolezza, dimissioni, disinteresse, figura, freno, game, giusto, interesse, internazionale, James Hudson, Lavoro, martire, micidiale, moderazione, motivo, occasioni, occhio, Paese, parole, peccato, percorso, pietra, politico, privato, probabilità, pubbliche, pubblico, qualunquista, quotidiano, rammarico, rappresentanza, recriminazioni, relazione, relazioni, rete, riflessione, rimorso, Russia, serata, servizi segreti, signorine, silenzio, sogno, sproporzionato, spy, talk show, tentazione, tentazioni, trame, trappola, trave, versetti, versioni, viceconsole, vicenda, video, Vita. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.
tanto di cappello collega…mi è proprio piaciuto, potesse apparire come editoriale sul Corriere mi piacerebbe anche di più, giusto per riportare certi fatti di cronaca nostrana sotto una luce più realistica…