Mediamente male

Nella sua semplicità è geniale il sistema messo a punto da due studiosi – un matematico e un informatico – per “misurare la felicità” degli americani.

Hanno creato un sistema di algoritmi capace di prendere in considerazione oltre due milioni di blog e utenti twitter, pescando di volta in volta gli interventi che si aprono con “mi sento…” (“I feel…”).

Poi hanno dato ai vocaboli più comuni un punteggio da 1 a 10: “paradiso” o “trionfo”, per esempio, sfiorano il 9, suicidio è sotto il 2.

In base a questo schema i due studiosi sono stati in grado di misurare l’umore degli utenti, e – visti i numeri – fare una media più o meno verosimile del sentimento comune nella pubblica opinione, almeno quella che naviga in rete.

È emerso, per esempio, che la giornata più felice per gli americani negli ultimi anni è stata quella dell’elezione di Barack Obama, mentre la più triste è coincisa con la morte di Michael Jackson: decisamente verosimile.

Ovviamente il calcolo vale solo quando si prende in considerazione un numero cospicuo di utenti: d’altronde non tutti aggiornano il proprio blog ogni giorno, e poi l’umore del singolo è volatile, e varia in base a fattori personali – lutti e momenti lieti – che “influenzano” la classifica con dati statisticamente non rilevanti.

Però, nel suo piccolo, il sistema ha una sua logica, e potrebbe venir applicato anche in altre realtà sociali. Qual è l’umore degli italiani, oggi? E dei francesi?

Badando di restare sui grandi numeri per non compromettere l’attendibilità del risultato si potrebbe verificare il morale di gruppi specifici: gli elettori di un partito, o magari i dipendenti di una multinazionale. O, perché no, dei cristiani.

Si potrebbe scoprire giorno per giorno come stiano, quali siano i loro pensieri, i sentimenti, le aspirazioni. Con il rischio, però, di avere brutte sorprese.

Sì, perché il cristiano coerente dovrebbe sentire ogni giorno il bisogno (e il desiderio) di portare speranza a chi non conosce Dio: e proprio la serenità e la gioia – nel cuore e sul viso – dovrebbero essere le caratteristiche e i risultati più evidenti del suo percorso di fede.

Dovrebbero, ma provate a chiedere a un cristiano “come stai?”. La risposta raramente sarà incoraggiante, o almeno positiva, e molto più spesso si terrà sul vago, con preoccupanti punte di insoddisfazione. Le cause? Stress, stanchezza, problemi nei rapporti di lavoro, piccole questioni quotidiane.

Raramente si tratta di cose serie: chi sta davvero male, anzi, ha una prospettiva mediamente più ottimistica. Il problema è che ci lasciamo condizionare dalla realtà che ci circonda. Una realtà materiale e senza valori, ostile alla fede, cui aderiamo di buon grado anche oltre il necessario, pretendendo però di conservare la serenità spirituale di un asceta, o di ritrovarla e farne scorta alla domenica mattina.

Inevitabilmente non siamo felici né soddisfatti. E non ci sentiamo bene.

E allora no, forse è meglio evitare di misurare la felicità di noi cristiani. Almeno fino a quando, come il re Davide, non saremo in grado di ringraziare Dio per la gioia della sua salvezza.

A prescindere dal resto, dovrebbe essere un ottimo motivo per sciogliere il muso lungo in un sorriso.

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Pubblicato il 4 agosto, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.

  1. Già, sarebbe davvero interessante misurare il grado di felicità dei cristiani: chissà che sorprese 🙂

    Però, anche se è vero che a volte noi credenti siamo un po’ tristi, l’importante è che si reagisca nel modo giusto, scacciando tristezza e insoddisfazione attingendo a Dio, che è inesauribile fonte di gioia.

    Che poi, a ben vedere, anche Cristo mostrò la sua tristezza: quando pianse per Gerusalemme e quando pianse per Lazzaro, ma, ovviamente, è stato un sentimento temporaneo, perché lui si affidava al Padre, come dovremmo fare noi. Ogni giorno.

    Ciao.
    Sandra

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