Buoni o cattivi

«Aggredito e picchiato per sette volte in dodici anni al grido di “colono” e “cane bianco”, impossibilitato a trovare lavoro a causa delle quote riservate ai neri e senza fiducia nelle autorità. E, da pochi giorni, rifugiato politico in Canada perché perseguitato nel Sudafrica multirazziale di oggi».

Una vicenda curiosa che viene raccontata oggi dalla Stampa e che fa scalpore: un bianco che subisce un trattamento razzista, nel nostro immaginario, ricorda il classico esempio dell’uomo che morde il cane.


Quello che stupisce, nella vicenda, è l’inversione dei ruoli: di solito siamo abituati a pensare al razzismo in certi termini, e solo in quei termini. Razzista è il bianco che se la prende con il nero, l’uomo che se la prende con la donna, lo stanziale che se la prende con il nomade, il borghese che se la prende con il barbone.

Da una parte la maggioranza, quelli che comandano, stanno bene, vivono e gestiscono la società a propria immagine e somiglianza; dall’altra la minoranza degli emarginati che si sentono rifiutati e provano disagio per la condizione di inferiorità in cui vengono posti.

Da una parte i cattivi, dall’altra i buoni. Se il “buono” è protagonista di una vicenda che lo mette in cattiva luce arrivano subito i benpensanti pronti a difenderlo per principio: il suo comportamento improprio è causato sicuramente dalla società che lo penalizza, ed è inevitabile che prima o poi la sua insofferenza si concretizzi in un gesto anomalo.

Poi arriva questa notizia dal Sudafrica, e ci troviamo spiazzati. Possibile che il “buono” si comporti proprio come il “cattivo”?

La vicenda ci dimostra che non è una questione di colore, di posizione o di potere, di maggioranza o minoranza. L’uomo, checché se ne dica, è uguale dappertutto. È capace di gesti eroici e di meschinità, di mostrare umanità o il suo lato più oscuro.

Dentro siamo tutti uguali. Contesi tra bene e male, tra nobiltà e atrocità. Veniamo messi alla prova dalle opposte condizioni, dal benessere e dal disagio, dalla serenità e dalla paura, e rispondiamo nella stessa maniera – magari a parti invertite – a ogni latitudine.

Siamo tutti sulla stessa barca e con un’unica speranza: quella speranza fatta uomo che, duemila anni fa, ha parlato di amore, di rispetto, di perdono, di pace. Una speranza che è stata malinterpretata da tanti, nel corso dei secoli, ma che ancora oggi resta l’unica capace di cambiare la vita, la società, la storia.

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Pubblicato il 3 settembre, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 5 commenti.

  1. Anche io sono fuggito da Sud Africa per gli stessi motivi di quel signore che ha chiesto asilo al Canada. In tra anni ho subito quatrro housebreaking da bande di neri armate. Io e mia moglie dobbiamo la vita al bottone antipanico e la fortuna che il security con guardie armate di bianchi era vicino casa.
    Fortunatamente queste ditte private negli ultimi anni hanno impiegato solo bianchi perche i neri erano inaffidabili. Si era scoperto che davano informazioni ai delinquenti e spesso partecipavano agli assalti.La polizia dei neri non funziona, per non correre il rischio di scontrasi con bande armate che sparano, arrivano un paio di ore dopo la chiamata.
    Non basta, appena comprato una macchina nuova ho subito un tentativo di highjacking da parte di tre uomini neri armati che di solito finiscono con l’uccisione degli occupanti della vettura, sempre bianchi.
    Ero solo ed ho tentato la fuga che mi è riuscita ma mi hanno sparato due colpi mancandomi di pochi centimetri daneggiando solo la macchina.
    Per i bianchi vivere in Sud Africa è un incubo che dura 24 ore al giorno. Conosco delle famiglie che di notte fanno i turni a dormire. Ogni anno, almeno tre mila bianchi vengono massacrati e gli stupri non si contano. Spesso si assistono ad episodi di razzismo fra etnie diverse in special modo fra Xhosas e Zulus.
    Anche in America succedono queste cose ma nessuno ne parla. Dopo gli articoli sui falsi moralisti che ci volevono come il pane. Ci vorrebbero quelli sui falsi buonisti che cercano i voti degli alieni portandoci al disastro.
    Del resto le guerre raziali fra etnie diverse in Africa durano da sempre e non avrnno mai fine. Chissa quando anche in Italia qundo loro saranno una moltitudine non succedano le stesse cose.

    Distinti saluti

    Angelo Orsi

  2. Copio e incollo post di altro blog che mi pare abbia qualche attinenza con la tua riflessione.

    Vittime e carnefici

    Qualche volta, come tutti, mi è capitato di vedere in qualche documentario, scene di animali carnivori che attaccavano e divoravano qualche preda, e ho sempre rabbrividito un po nel vedere quelle povere bestie col terrore stampato negli occhi, venire azzannate e sbranate ancor prima di avere esalato l’ultimo respiro.
    Tempo fa però ho visto in un documentario una scena ancora più crudele; in una mandria di erbivori un cucciolo aveva perso la madre, smarrito si lamentava a voce alta; gli adulti del branco invece di aiutarlo, cominciarono a colpirlo a calci fino a farlo morire.
    Nel documentario veniva spiegato che il crudele comportamento era giustificato dal fatto che i lamenti del cucciolo attiravano i predatori e quindi costituivano un pericolo per il branco.
    Scoprii così che le bestie con quei teneri occhioni grandi che suscitavano la mia commozione, erano capaci di trasformarsi all’occorrenza da vittime a carnefici.
    Non succede nella vita lo stesso ?
    Chi è stato vittima di crudeltà a vario titolo, non dovrebbe avere maggiore considerazione per i suoi simili ? Non dovrebbe preoccuparsi di non fare peggio di quelli dei quali si era lamentato ? Le bestie non possono essere certo criminalizzate, vivono di istinti e non hanno il libero arbitrio; ma gli uomini ?

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