Area di servizio (cristiano)

Onestamente non pensavo di trovare spunti di riflessione, qualche giorno fa, in un articolo di Panorama titolato “Gli italiani visti da Madame pipì”, dove un cronista del settimanale raccontava le storie delle donne addette alle pulizie degli autogrill.

Spaziando per i bagni delle aree di servizio sparse per le autostrade di mezza Italia, Raffaele Panizza incontra «Ann, nigeriana di 31 anni che passa le giornate al Ristop di San Giacomo sud leggendo la Bibbia e cantando ad alta voce i versi gospel che scrive per il coro della chiesaGes ù vive di Maddalusa, Brescia.
“Mi è capitato poco tempo fa un uomo disperato, che aveva perso 23 mila euro al Casinò di Venezia”, racconta. Lei per consolarlo ha attaccato a leggere un passo del Vangelo di Giovanni, paragrafo [sic] 15, versetti 1-7: “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco…”. Gli ha parlato, con una mano sulla spalla, in mezzo ai viavai di gente. “Non so se la sua vita sia cambiata” dice in inglese, “ma quel giorno se n’è andato felice…”».

La testimonianza di Ann non dovrebbe lasciarci indifferenti almeno per due motivi.

Probabilmente non ci viene in mente un mestiere meno appetibile di quello che dà da vivere ad Ann. E, volendo essere onesti, probabilmente accetteremmo una mansione come la sua solo se fosse l’ultima spiaggia (ma qualcuno, forse, nemmeno in quel caso).

La dignità e la serietà di Ann dovrebbero aiutarci a riconoscere che per un cristiano ogni lavoro onesto è nobile: nobile come l’animo di chi lo porta avanti con serietà e coscienza anche se, in certi momenti, preferirebbe essere altrove.

In secondo luogo viene da pensare che il noto richiamo di Mardocheo a Ester di fronte alla sua ritrosia, «e chi sa se non sei giunta a essere regina appunto per un momento come questo?», sia valido per ogni contesto, professione, incarico, dal più nobile al più umile.

Se Ann non fosse stata in quel posto, quella sera, forse quell’uomo non avrebbe retto il rimorso. Aveva bisogno di una parola di rimprovero e di conforto, e avrebbe potuto trovarla solo lì: in quel luogo così improbabile dove Ann aveva accettato di lavorare ogni giorno, gioiosamente, accogliendo i viaggiatori con la sua Bibbia e i suoi canti.

Dovremmo davvero prendere esempio da Ann.
Siamo tutti chiamati a incoraggiare gli altri: attraverso il nostro atteggiamento, oltre che con la nostra fede, senza riservare l’amore e il sorriso alle occasioni ufficiali.

Non solo: siamo chiamati a farlo anche quando non comprendiamo i motivi per cui ci ritroviamo in un contesto che non consideriamo adeguato. Prima di offenderci e rifiutare sdegnosamente un’opportunità, ricordiamoci di Ann.

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Pubblicato il 15 settembre, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 3 commenti.

  1. Grazie PJ.
    Siamo così parte di Matrix che, troppo spesso, la realtà è completamente persa di vista insieme ai valori (e doveri) reali.

  2. Ann è proprio un bell’esempio di cosa vuol dire essere luce del mondo in un posto che proprio non ti aspetti.
    Fa riflettere.

  3. Su altri tuoi post abbiamo insieme accennato alla necessità, che per un cristiano è anche dovere e gioia, di rendere testimonianza della propria fede, ma il tratto del post che ho gradito molto è quello relativo alla dignità di qualsiasi onesto lavoro, perchè nel mondo cristiano di oggi, dimenticando che Gesù non faceva il commercialista, vengono velatamente o sfacciatamente disprezzate mansioni ritenute troppo umili, e con esse i “poveri diavoli” che sono costretti a svolgerle.
    Non è strano, per esempio, che genitori cristiani che hanno figlie in età di matrimonio sperino più che il futuro genero abbia un posto in banca, piuttosto che desiderare che sia pure un netturbino o un operaio edile, ma che ami il Signore con tutto il cuore ?
    Quanta incoerenza e quanta superbia nascosta nelle file del popolo di Dio.

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