Armi non convenzionali

Finora a indignarsi con Dan Brown, il sopravvalutato autore di “Il codice Da Vinci” e “Angeli e demoni”, era stato soprattutto il mondo cattolico, per quei riferimenti al fantomatico matrimonio tra Gesù e Maria Maddalena, pesanti soprattutto in un romanzo venduto in milioni di copie, che molti lettori hanno confuso con un manuale di teologia e storia del cristianesimo.

Poi, in “Angeli e demoni”, l’attacco era stato ancora più frontale, stavolta sul piano politico, nei confronti del Vaticano, tanto da meritarsi un bando dal territorio della Santa Sede.

Con il terzo volume, “The lost symbol” (Il simbolo perduto), Dan Brown dimostra che l’indignazione non gli fa paura e che forse, anzi, ci marcia: tanto che allarga il fronte delle proteste coinvolgendo nella trama del nuovo romanzo un pastore evangelico, che – udite udite – si converte a un culto pagano.

Uno sgarbo che più di qualche chiesa non ha gradito: come segnala Maurizio Molinari sulla Stampa, «Se per la Chiesa cattolica descrivere Maria Maddalena come la moglie di Gesù equivale a un sacrilegio, l’idea che il monoteismo basato sul testo della Bibbia altro non sia che una imposizione della Chiesa per sconfiggere e far dimenticare il culto di Ra è all’origine di un’impostazione di Lost Symbol che solleva sdegno nelle megachiese».

Brown, come Santoro, sa giocare con l’irritazione dei suoi interlocutori, e anche di chi non vorrebbe avere nulla da spartire con lui. Non dovrebbe preoccupare se uno scrittore, nel tentativo di creare una storia avvincente, avvalora tesi che la storia ha affossato: il complottismo funziona, nella cronaca come nella letteratura. Dovrebbe preoccuparci, semmai, che tesi fantascientifiche vengano percepite come realistiche e verosimili da lettori digiuni di spiritualità: ma questo, ovviamente, è un altro discorso.

Si sa, ogni reazione indignata porta ulteriore pubblicità, ogni libro pubblicato per sostenere una tesi contraria è un volano per il volume da cui prende le distanze.

E allora, forse, semplicemente, Dan Brown merita di essere ignorato; se proprio è necessario ribattere, è il caso di riscoprire un registro comunicativo che abbiamo trascurato per decenni: l’ironia, un arma leggera ed efficace che i guru mal tollerano.

Sarebbe divertente che uno scrittore di successo pronto a godersi torme di predicatori rosi dalla rabbia dovesse, contro tutte le sue aspettative, dare lui stesso in escandescenze per una reazione imprevista da parte delle sue vittime.

Gli spunti per irridere Dan Brown decisamente non mancherebbero. Ma, dopo generazioni passate a prenderci troppo sul serio, siamo ancora in grado di scherzare?

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Pubblicato il 28 settembre, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 5 commenti.

  1. Se siamo ancora in grado di scherzare? Non lo so, ma possiamo sempre cominciare a farlo, ridendo per gli sforzi che Brown, e non solo lui, fanno per screditare Cristo.
    Per carità, ne capisco le motivazioni, visto che il filone “discredita-cristianesimo” è davvero aurifero, ma Brown e soci non sanno davvero cosa rischiano. Spero lo capiscano per tempo… 🙂

    Uhm, forse, da cristiana, più che ridere dei tipi come Brown, mi sa che è meglio pregare per loro.

  2. L’ironia e la satira erano molto usate durante la Riforma – reductio ad absurdum.

  3. Come nella ghigliottina del famoso gioco televisivo, ti è capitato di fare un accostamento forzato, anzi forzatissimo, perchè al contrario di Dan Brown, l’odiato Santoro ha il vizietto di dire cose che nel novantanove per cento dei casi risultano verissime.
    Può non piacere lo stile, lo si può accusare di accanirsi troppo verso il Cavaliere, ma Santoro resta uno dei più grandi giornalisti del nostro tempo, seguito e apprezzato anche da persone lontane dalla sua visione politica. Santoro non ha certo bisogno di sollevare polveroni per aumentare l’audience; nel caso poi ne avesse bisogno, lavorano per lui i suoi goffi e corrotti oppositori che si lasciano cogliere sempre con le mani nella marmellata.

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