Minoranze fastidiose

Tempi duri per i pentecostali. Non passa quasi giorno senza che la denominazione – che, ormai, comprende sul piano numerico la stragrande maggioranza degli evangelici in Italia e nel mondo – subisca riferimenti e allusioni ingenerosi da parte dei media, ispirati dagli eccessi di qualche esagitato o dalla singolarità di certe pratiche.

Una strategia, quella dei media, che potrebbe anche non essere del tutto consapevole, ma che porta l’opinione pubblica ad accostare la diversità alla bizzarria, e la bizzarria al pericolo tout court. Se poi a questi elementi si aggiunge la diffidenza verso lo straniero, ci sono tutti gli elementi per fare di una onesta denominazione il capro espiatorio ideale per le paure, i fastidi, le intolleranze del nostro Paese.

Nel giro di due settimane sono salite agli onori della cronaca due storie diverse ma accomunate da vari elementi.

La prima è ambientata a Vicenza, dove nelle scorse settimane è stata revocata l’agibilità di un edificio industriale in cui si riunivano da tempo ben tre realtà evangeliche.

Il comune, nel chiudere la sala, ha contestato alle tre comunità evangeliche un uso illegittimo: non si può, per legge, utilizzare un edificio commerciale per altri scopi, per esempio come luogo di culto. Il problema, segnala l’Alleanza evangelica italiana, intervenuta prontamente in difesa delle tre comunità, è che “gli strumenti urbanistici sono carenti nel normare e pianificare sui luoghi di culto”.

«Il tecnico comunale che segue la pratica – spiega l’AEI – ha chiarito che la revoca di agibilità è motivata dalla presenza di attività con destinazione commerciale utilizzata invece a fini di culto. Utilizzo, quest’ultimo, non previsto dal piano di urbanizzazione, quindi sarebbe inutile fare richiesta».

Insomma: non ci si può riunire in una ex fabbrica, ma non è prevista una destinazione d’uso che permetta il culto. Pare quindi che, tecnicamente, a Vicenza non si possano aprire locali di culto: proprio come in Arabia Saudita, in Indonesia, alle Maldive. Mica male.

La seconda vicenda invece ha luogo 130 chilometri più a ovest, in provincia di Brescia. Due consiglieri comunali di Concesio hanno presentato un’interrogazione per «disturbo quiete pubblica in luogo pubblico».

Succede che, riferisce Bresciaoggi, «da quattro anni un capannone, situato a S. Vigilio nella zona artigianale nei pressi della SP19, è diventato un luogo di culto di una confessione religiosa, praticata da extracomunitari, prevalentemente africani, cristiani di rito Pentecostale».

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i culti non danno fastidio: «il disturbo – sostengono i consiglieri – non avviene durante le riunioni all’interno dello stabile, ma all’esterno, quando circa un centinaio di persone si ferma a discutere. Si riversano sulla strada, vi sostano, scambiandosi merce e parlano a voce alta. Questo provoca disagio alla viabilità ed ai residenti che hanno chiesto di ridurre la rumorosità di questi soggetti, ricevendo anche minacce».

Di conseguenza i due consiglieri, esponenti della Lega Nord, chiedono «che il Comune di Concesio verifichi l’agibilità dell’edificio e se possiede i requisiti della destinazione».

Si badi: non si chiede una verifica sulla veridicità delle lamentele, o un controllo dell’Asl sulla soglia di rumore che disturba i (pochi) residenti della zona industriale; ci si concentra su tutt’altro. Un atto legittimo, certo, che però porta a pensare che non sia un problema amministrativo, quanto politico.

Sospetto che assume consistenza dopo aver letto la risposta del sindaco, secondo il quale «la situazione è stata monitorata dalla Polizia locale. Problemi di ordine pubblico non esistono e non ci sono riscontri per intervenire in modo drastico. Il capannone si trova poi in una zona piuttosto appartata nella quale ci sono poche abitazioni vicine. Inoltre i praticanti la confessione religiosa sono tutti in regola con il permesso di soggiorno. Si tratta di una comunità pacifica e regolare».

Si tratterebbe quindi di una comunità pacifica che si riunisce in una zona appartata e che per questo, anche tenendo in considerazione la classica espansività africana, non può dare troppe noie: l’unico problema, dunque, pare la presenza di cinquanta, cento, duecento extracomunitari sul territorio comunale.

Va riconosciuta comunque ai consiglieri leghisti una notevole preparazione sull’argomento: con le loro osservazioni hanno colpito nel segno, dato che «il capo area dell’Ufficio tecnico ha riscontrato una difformità d’uso dello stabile, segnalandola alla Procura della Repubblica. La zona è classificata nel Prg come artigianale e quindi non abilitata per altre destinazioni come centro culturale o di culto».

Insomma: un’altra comunità rischia di rimanere senza un tetto sopra la testa. Ancora una volta sono pentecostali e stranieri: a quanto pare, un mix poco sopportabile.

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Pubblicato il 23 ottobre, 2009, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 3 commenti.

  1. Nel nostro paese la libertà di culto è sempre stata relativa. Si era liberi se non si dava fastidio ai fascisti e ai preti, si è liberi se non si da fastidio ai leghisti.
    Non si sa se ridere o se piangere vedendo gente che mina alle fondamenta la convivenza civile nel nostro paese, arrivando a minacciare di abbracciare le armi a ogni piè sospinto, mostrarsi indignata e mostrare i denti per il chiasso che farebbe qualche gruppo di fedeli davanti a un locale di culto. Il razzismo si nasconde male. Mi torna in mente la battuta: NON SONO IO RAZZISTA, E’ LUI CHE E’ NEGRO.

  2. Donato Trovarelli

    Mi piacerebbe che questo articolo fosse tradotto in inglese e comunicato a tutte le fonti evangeliche del mondo.
    Occorre far sapere che cos’è la libertà religiosa che il papa sventola in Italia!

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