Il nome di Dio

È durato meno di una settimana il sollievo dei cristiani malesi, vessati da un governo ostile alle realtà religiose diverse dalla componente maggioritaria, islamica.

Rispetto ad altri Paesi, in Malesia esiste un problema in più, apparentemente di poco conto: una questione linguistica che da tempo dà ai musulmani un’ulteriore arma – è il caso di dirlo – dialettica.

In lingua malese il termine “dio” non esiste. Per riferirsi alla divinità, qualsiasi divinità, in astratto o nel concreto, l’unica definizione è “Allah”. Che è, per gli islamici, il dio per antonomasia, tanto da non richiedere un altro termine per esprimere il concetto.

Di conseguenza un cristiano, si tratti di un malese o di un missionario straniero, per definire Dio – la figura che si definì a Mosè come “Io sono”, colui che la Bibbia ebraica e molte versioni cristiane definiscono “l’Eterno”, o “il Signore” – deve risolversi a usare il termine “Allah”.

Una situazione probabilmente imbarazzante per i cristiani, e sicuramente blasfema per gli islamici che, forti di un divieto emesso dal governo, negli ultimi mesi hanno contestato alla minoranza cristiana la possibilità di usare questo termine nei dialoghi, nelle prediche, nelle preghiere, nei canti.

La scorsa settimana, a sorpresa, la Corte suprema malese aveva emesso una sentenza inaspettata, che consentiva ai cristiani di usare il termine “Allah” (absit iniuria verbis, verrebbe da aggiungere) per definire Dio.

Appena pochi giorni di tregua e i musulmani hanno contestato la sentenza; il governo stesso, per parte sua, ha annunciato un appello contro il pronunciamento della Corte.

Un problema di difficile soluzione, che viene da lontano. Se si pone un problema linguistico di questo genere, è probabile che nella cultura malese non esista astrazione tra la figura di dio e il concetto di dio, tanto da poterli identificare. Sarebbe come se, nella cultura di una monarchia, non esistesse il termine “re”, e il regnante venisse chiamato semplicemente con il suo nome proprio. Il problema non si porrebbe nella quotidianità, quanto al momento del confronto con altri regni.

La questione malese, quindi, è un problema culturale oltre che linguistico: perché se non esiste il concetto di dio ma solo la divinità stessa, non potrà esistere un altro dio, e sarà inconcepibile la coesistenza con un gruppo religioso diverso da quello della maggioranza.

Per noi cristiani occidentali il problema è difficile perfino da concepire: sotto questo aspetto viviamo in una società aperta, inclusiva, civile e tollerante, tanto che i media talvolta, per calcolo o per superficialità, seguono il percorso inverso e confondono Allah con il Dio cristiano.

Per i cristiani malesi, invece, si prospettano tempi duri. Perché in un contesto simile i cristiani – e soprattutto i credenti di etnia malese – difficilmente avranno mai diritto di cittadinanza nella loro terra: li aspetterà una persecuzione senza quartiere e senza scadenza, in attesa di una svolta francamente difficile da prevedere.

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Pubblicato il 5 gennaio, 2010, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 6 commenti.

  1. Credo che ci sia un po’ di confusione.
    Allah deriva da due parole al (il) ilah (dio).
    Non si tratta assolutamente di un nome proprio ma è l’equivalente del termine ebraico EL che significa Dio. Quindi nelle traduzioni in lingua araba della Bibbia Dio risulta essere tradotto con allah. Così come in quelle giapponesi viene tradotto kami, che significa dio, che è il nome con cui gli shintoisti indicano dio. Nelle nostra lingua non esiste un’ alternativa al termine Dio a meno di non voler chiamare il Dio della Bibbia con i vari nomi ebraici. E’ inoltre normale che in una lingua come il malese, la cui cultura prima dell’islamizzazione era sicuramente animista, non esistesse un termine corrispondente al concetto di dio come noi lo intendiamo.

    • Grazie per la precisazione, che conferma la tesi: se il dio dell’islam non ha un nome, evidentemente il problema culturale di cui si parlava non è irrilevante.

      • In realtà nella tradizione islamica dio ha ben 99 nomi che a ben guardare sono aggettivi che indicano alcune delle sue qualità. Eattamente come nell’ebraismo con i vari El-Elion, El-Shaddai, Yahweh-Jire.
        Forse mi sfugge qualcosa ma ribadisco che se devo dire Dio in italiano posso solo dire Dio. Gesù ci ha dato la possibilità di chiamarlo Padre,che non è un nome, a Mosè si è presentato come “io sono” che non mi pare che si possa definire come nome proprio. Così come l’Eterno che potrebbe come concetto non esistere in lingua malese.
        Semmai c’è da sottolinare l’incongruenza del governo malese che cercava di impedire l’uso del termine a quanti non siano di fede musulmana. Cosa che la corte suprema ha “inaspettatamente” ma logicamente rigettato.

      • Il Dio dei cristiani corrisponde al Dio degli ebrei, e quindi il nome è lo stesso; il fatto che, per rispetto, non venga usata la versione fonetica del sacro tetragramma – e, al suo posto, vengano utilizzati gli antonomasici “l’Eterno” o “il Signore” – non può portare a concludere che Dio non abbia un nome.
        Comunque, come giustamente nota, la questione malese è diversa e – purtroppo – di più ampia portata pratica per i cristiani di quel Paese.

  2. SCUSAMI PAOLO, IO NON CREDO, ANZI CREDO A MODO MIO, (MI CONOSCI BENE) , MA DIO NON SI SCRIVE CON LA D MAIUSCOLA.

    SCUSAMI SETI HO IMPORTUNATO, MA TI ABBRACCIO PATERNAMENTE
    GUIDO

    • Carissimo, grazie per la tua nota che non è per niente inopportuna. Di solito, nel contesto culturale cristiano (da cui la cultura occidentale non può in buona fede definirsi estranea), scriviamo “Dio” con la maiuscola quando intendiamo, per antonomasia, il Dio in cui crediamo, mentre usiamo la minuscola quando si esprime genericamente il concetto di divinità.

      Negli anni Settanta, a dire il vero, qualche intellettuale ateo ha provato a usare indiscriminatamente la minuscola: la soluzione, riproposta oggi, suonerebbe fuori tempo e piuttosto snob.

      Oltretutto in precedenti occasioni mi sono confrontato su queste pagine con numerosi atei, trovando conferma della loro correttezza e del loro rispetto verso gli altri: una crociata per l’abolizione della maiuscola sarebbe una caduta di stile cui, credo, non si presterebbero.

      Per il resto, con la concretezza della cultura mitteleuropea che ci è propria, non possiamo non ammettere che omaggiamo con la maiuscola tanti altri (il Cavaliere, l’Avvocato, l’Ingegnere…), e spesso senza pensarci troppo. Tanto più…

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