Albergare angeli

Forse la signora Antonietta Curcio non lo sa, ma dietro al suo gesto – raccontato dal Corrierec’è qualcosa di biblico.

60 anni, salernitana di origine ma da quarant’anni albergatrice a Rimini, da quattro anni, nella settimana più fredda dell’anno, la signora riserva il suo hotel ai bisognosi: barboni, senzatetto, ragazze madri. Trentatré camere tutte per loro, colazione a buffet e personale inclusi.


«Quest’anno sono venuti quasi in duecento – racconta -, ormai la voce si è sparsa».

Tutto nasce da un lutto, la perdita improvvisa di un figlio trentenne nel 2003: un dramma che ha prostrato la madre tanto da farle desiderare, ancora tre anni dopo, di seguirlo. Poi è successo qualcosa.

La signora parla di un sogno nel quale il figlio le avrebbe detto «No, mamma, tu devi vivere, puoi ancora aiutare tanta gente…». Sarebbe superfluo discutere qui sul mezzo – biblicamente parlando, i morti non possono raggiungere i vivi -, tralasciando la sostanza della questione: la donna ha trovato un nuovo scopo, riscoprendo la carità.

Il tempo di svegliarsi e ha chiamato la Caritas; tempo qualche giorno e i primi ospiti varcavano la soglia dell’hotel Britannia. Per un appuntamento che dura da quattro anni.

Lei si trovò «catapultata in un altro mondo», e loro pure: persone abituate a essere evitate, maltrattate, disprezzate si ritrovavano ospiti in un albergo a tre stelle. Più di qualcuno – ricorda la signora Curcio – ha chiesto “dov’è la fregatura?”, e molti erano titubanti nel serirsi al buffet.

Una donna mangiava in piedi, spiegando: «È il mio modo di ringraziare chi mi offre un bicchiere d’acqua e un po’ di pane», diceva, e «quando usciva dall’hotel – ricorda l’albergatrice – camminava all’indietro, facendo l’inchino per non darmi le spalle…».

Il gesto della signora Curcio richiama alla mente reminiscenze bibliche, dicevamo. La Bibbia, in merito alla benevolenza, è chiara: «Colui dunque che sa fare il bene, e non lo fa, commette peccato». Probabilmente, nel corso della nostra giornata, le opportunità di “fare il bene” sono molto più numerose di quelle che effettivamente sfruttiamo: un po’ per pigrizia, un po’ per egoismo, raramente siamo all’altezza di quel Cristo di cui portiamo il nome.

E poi forse la signora Curcio non lo sa, ma ha seguito alla lettera l’indicazione biblica: «Non dimenticate l’ospitalità – scrive l’autore della lettera agli Ebrei -; perché, praticandola, alcuni, senza saperlo, hanno albergato degli angeli». Il passo biblico continua parlando di carcerati e vessati: insomma, quegli ultimi cui la signora Curcio offre – letteralmente – albergo.

Non solo. A esercitare benevolenza ci si guadagna. Come cristiani, l’abbiamo visto. Ma anche, banalmente, come esseri umani: a fare del bene si rischia di attivare nelle persone una sensibilità che nemmeno si immaginava, e allo stesso tempo di scoprire un mondo diverso ma fatto di affetti, valori, umanità.

Insomma: rischiamo, nel nostro piccolo, di migliorare il mondo. Di questi tempi non è poco.

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Pubblicato il 12 gennaio, 2010, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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