Peso e misura

Le risse non si sa mai da chi cominciano, ma si sa come finiscono: male per tutti. Non fa eccezione l’episodio vissuto da un gruppo di avventori in un noto ristorante di Roma, che improvvisamente si sono ritrovati al centro di un parapiglia.

La dinamica, come da copione, è poco chiara. Unici dati certi: l’ingresso, a un certo punto della serata, di Guido Bertolaso. E il commento a voce alta, per qualcuno tonante, di una archistar impegnata, Massimiliano Fuksas. Che, stando alle testimonianze riportate dal Corriere, avrebbe commentato il passaggio del sottosegretario senza mezzi termini: «Dove deve sedere quel ladro, pezzo di m…».


A quel punto un cliente gli si sarebbe fatto incontro segnalando, forse in tono non proprio pacato, «Qui ci sono dei ragazzini, vogliamo moderare i termini. E quell’uomo non è un ladro. Non ti permettere di insultarlo».

Di lì una rissa a suon di piatti, bicchieri e “formaggiere”, mentre Bertolaso assisteva da lontano alla penosa scena.

Secondo la moglie di Fuksas è stata tutta colpa di «un bullo che ha preso le difese di Bertolaso aggredendoci, proprio come un teppista, classico atteggiamento che dilaga nei talk show… è stata una provocazione e noi ci siamo difesi».

Fin qui, ammettendo che il racconto sia autentico, la ragione starebbe dalla parte dell’architetto, che semmai avrebbe peccato per eccesso di difesa per quelle due sberle ammannite al provocatore.

La vicenda assume una luce diversa leggendo il commento con cui la stessa consorte di Fuksas ha chiosato i fatti: «Possibile che adesso non si è nemmeno liberi di commentare un fatto al proprio tavolo con degli amici?».

Se infatti le parole della signora risultassero autentiche, cambierebbe la prospettiva sulla vicenda per almeno tre buone ragioni. Certamente un gruppo di amici, in privato, può commentare liberamente quel che vuole e può farlo nei termini che vuole; decidendo però di passare dalla sfera privata a quella pubblica si travalica ampiamente questo diritto e, a quel punto, è necessario comprendere la nuova dimensione moderando linguaggio e comportamento, tanto più se si è a propria volta un personaggio pubblico (e l’architetto, indubbiamente, lo è).

Scegliere poi di insultare pesantemente una persona con le proprie esternazioni pubbliche, oltre a suonare poco elegante, obbliga ad assumersi le proprie responsabilità morali: un democratico non dovrebbe brandire la presunzione di colpevolezza ad personam emettendo sentenze premature e senza appello.

Infine, una banale questione di coerenza: non si può dileggiare qualcuno con termini grevi, lanciare piatti e venire alle mani per poi accusare il proprio interlocutore di aver assunto un “classico atteggiamento da talk show”.

Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Altrimenti, per favore, porga l’altra guancia.

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Pubblicato il 30 marzo, 2010, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.

  1. Difficile fare valutazioni appropriate stando a quanto si legge nei giornali o a quanto si ascolta in tv; comunque credo che una persona abbia il diritto di non essere aggredito da nessuno perchè ha espresso un giudizio pesante e volgare su un personaggio pubblico. Ogni genere di aggressione fisica non può mai trovare alcuna giustificazione. Se si entra in questo ordine di idee si finisce per dare le attenuanti anche agli assassini di Teo Van Gogh. Intendiamoci, desidero anche io vivere in un mondo dove tutti ci lasciamo pervadere da santa mansuetudine e non provochiamo nessuno, ma è bene non confondere mai le responsabilità mettendo sullo stesso piano una persona impulsiva con qualche squadrista.

    • L’unica aggressione fisica di cui si parla nell’articolo risulta proprio quella di Fuksas nei confronti del suo impulsivo contestatore: azione che pare venga rivendicata con una certa soddisfazione nelle dichiarazioni rilasciate dall’entourage dell’archistar.

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