La “cosa giusta” che ci manca
«Come mai in Italia l’espressione “fare la cosa giusta“, di tutte quelle importate dagli Stati Uniti, è l’unica che non ha avuto alcun successo, o almeno non è entrata nella lingua parlata?», si chiede Filippo La Porta oggi sul Corriere.
Mentre Obama ha rilanciato la formula proprio di recente citando Lincoln, e nonostante da noi un film l’abbia introdotta nel linguaggio parlato già nel 1989, questa «locuzione dal sapore evangelico-coscienziale molto diffusa oltreoceano» non trova estimatori dalle nostre parti, al contrario di esclamazioni come “alla grande!” o frasi fruste come “fare la differenza”.
Sarà, riflette La Porta, che «nel nostro Paese si ritiene assai più saggio “fare la cosa utile”, piuttosto che “fare la cosa giusta”. Ma soprattutto perché agli italiani, e financo alle nuove generazioni, risulta antropologicamente refrattaria l’idea che, in una situazione data, ci sia una cosa giusta e una sola da fare. Cos’è questa pretesa moralistica e univoca?».
Per noi le cose giuste, invece, «sono, perfino simultaneamente, tantissime (almeno quanti i punti di vista). E spesso in contraddizione tra loro».
Qualcuno dirà che è una questione di moralità carente, ma forse il problema va addirittura più in là: se non ci sentiamo di incoraggiare a “fare la cosa giusta” è perché, in fondo, nemmeno noi sapremmo dire quale sia.
Beninteso, gli americani non sono più acuti o più santi di noi: Madoff non è certo meglio di Tanzi, i disastri Enron o Lehman oscurano la gestione di Alitalia o di altre aziende fallite, svendute, smembrate.
Però, rispetto al suo collega italiano, l’americano medio sa riconoscere quale sia la cosa giusta: non significa che sceglierà quella strada, ma almeno è consapevole di cosa comporti propendere per l’opzione sbagliata e, una volta intrapresa, non recriminerà contro il destino. Madoff sapeva di sbagliare; i manager – quelli che non si sono riciclati in un battibaleno anche dopo gli scandali – hanno accettato la loro sorte.
Da noi, invece, le cose vanno un po’ diversamente: in un Paese dove il furbetto è lo status più ambito e il tronista l’immagine del successo, nessuno fa la scelta giusta perché nessuno osa riconoscere quella sbagliata, in sé o negli altri: fateci caso, negli ultimi decenni nessuno ha mai perso le elezioni, ogni fallimento aveva le sue buone ragioni, ogni disastro era, tutto sommato, giustificato.
Nel paese delle gerarchie anarchiche, dove tutti si credono qualcuno e nessuno riconosce il ruolo e l’esperienza altrui, piuttosto che ringraziare con umiltà chi ci indirizza verso la “cosa giusta” preferiamo darci un tono con un più perentorio “come ti permetti?”. Una reazione che, in fondo, rappresenta il nostro costume meglio di pizza, vino e canzone melodica.
Pubblicato il 13 aprile, 2010, in Uncategorized con tag Alitalia, alla grande, americani, aziende, canzone, costume, destino, disastro, elezioni, Enron, evangelico, fallimenti, fare la cosa giusta, fare la cosa utile, fare la differenza, film, furbetto, gerarchie, giusta, idea, italiani, italiano, Lehman, Lincoln, lingua, Linguaggio, locuzione, Madoff, manager, moralità, Obama, oltreoceano, opzione, pizza, punti di vista, ragioni, reazione, relativismo, ringraziamenti, ruolo, sbagliata, scegliere, sorte, Stati Uniti, successo, Tanzi, tono, tronista, vino. Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.
Fare la cosa giusta spesso non conviene, e allora si preferisce fare la cosa che conviene, di conseguenza non si ha la forza, o forse il pudore, di usare l’espressione; magari incoraggiando altri rischi di sentirti dire: Senti da quale pulpito …, allora meglio non esporsi. Luttwak, in un dibattito televisivo, faceva risalire la maggiore considerazione del popolo statunitense verso la legalità e la giustizia, alla visione calvinista e protestante, meno accondiscendente di quella cattolica con certe umane debolezze. Sicuramente peccano e rubano pure oltre oceano, ma li se non paghi le tasse vai in galera, e se ti beccano con le mani nella marmellata non gridi al complotto (reprimo la voglia di fare esempi), perchè se lo fai il giudice si sente preso per i fondelli e ti da il massimo della pena. Per quale motivo non ha fatto successo l’espressione “fai la cosa giusta” ? Per lo stesso motivo per il quale abbiamo fatto nostra la festa di hallooween e abbiamo lasciato a loro la festa del ringraziamento; siamo troppo buoni ed altruisti, prendiamo il peggio per noi e il meglio lo lasciamo agli altri.
ma… DEVE… mancare la ‘cosa giusta’! …e che si sta lavorando a fare se no!!! (L.)