Sbagliata fino in fondo
«Ma cosa crede, che a sessant’anni cambio vita, cerco un lavoro e mi metto a pulire i gabinetti?»: non sono le parole di una contessa caduta in disgrazia o di un’operaia licenziata dopo decenni di onorato servizio, ma di una donna di mezza età arrestata a Milano per spaccio di sostanze stupefacenti.
Di lei sappiamo solo le iniziali, C.M.: il nome non è stato reso noto, per quel malinteso senso della privacy che porta le autorità a sottrarre al pubblico ludibrio anche i nomi degli evasori dalla bella vita.
La signora in questione, segnala il Corriere, ha un passato che non passa inosservato: dapprima «elemento di una banda di rapinatori che finanziava i terroristi neri dei Nar», poi «”pupa della mala”, in quanto fidanzata di luogotenenti dei boss»: un percorso che l’ha portata a trascorrere in carcere un terzo della sua vita.
In una vita dalle tinte così pasoliniane anche gli affetti sono appannati: C.M. ha una figlia che “fa il medico ma ha disconosciuto da tempo la madre, non la sente e non la vede”.
Per ricominciare c’è sempre tempo, deve aver pensato quando ha deciso di rimandare l’appuntamento con una vita tranquilla – momento che chiunque, prima o poi, comincia a desiderare – per aprire un nuovo avventuroso capitolo di un’esistenza scapestrata, riciclandosi come pusher a domicilio della Milano bene. Degradante e rischioso ma, a quanto pare, abbastanza ben retribuito da meritare l’ennesimo arresto.
Di fronte a una simile perseveranza, viene davvero da chiedersi fino a dove possa arrivare la caparbietà di una persona. Guardando la questione in una prospettiva più ampia, però, ci si rende conto di come tutti noi, in certi momenti, siamo vittime delle situazioni, e non riusciamo a uscire dal gioco delle parti.
Probabilmente C.M. non disprezza il lavoro onesto, e probabilmente nemmeno la serenità di un’esistenza ordinaria: è solo che, presa nel circolo vizioso di una vita sbagliata, non riesce a rompere l’incantesimo e dire “basta” alla sequela di eccessi.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, in questo passaggio a una vita diversa l’età non la aiuta. Anzi: dopo mezzo secolo vissuto a pieni giri, la normalità di una vecchiaia senza pensieri rischia di somigliare troppo a un fallimento.
E allora, piuttosto che ammettere di aver sprecato, correndo dietro al vento, quelli che si percepiscono come gli anni migliori, decide di perseverare. Con malcelato orgoglio, piuttosto che riconoscere l’errore preferisce rilanciare ancora una volta, alzando l’asticella della sfida.
Così, per nascondere a se stessa la necessità di un cambiamento radicale, indossa ancora una volta una maschera di fatalismo e sfrontatezza, demonizzando quella normalità mai trovata e la tranquillità di cui forse avverte il bisogno, ma che non può cercare senza smentire se stessa.
Una situazione senza via d’uscita onorevole, che si complica a ogni passo e che porta a chiedersi quanto a lungo una vita possa reggere in un equilibrio così precario.
Pubblicato il 19 aprile, 2010, in Uncategorized con tag affetti, arresto, bisogno, boss, cambiamento, caparbietà, carcere, contessa, degrado, desideri, disgrazia, donna, eccessi, Equilibrio, età, evasori, fallimento, fatalismo, fidanzata, gabinetti, Lavoro, malinteso, medico, Milano, normalità, operaia, parole, passato, perseveranza, prospettiva, pupa, pusher, rapinatori, rischio, secolo, serenità, servizio, sfida, sfrontatezza, signora, situazioni, spaccio, stupefacenti, Tempo, terroristi, tranquillità, Vita. Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.
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