Vacanze connesse

Cambiano le abitudini estive degli italiani: se una volta per scegliere una località di vacanza si valutavano servizi legati all’accoglienza o alle bellezze naturali (panorami da cartolina, acqua limpida in cui tuffarsi, spiagge pulite), oggi ci si preoccupa di verificare che l’albergo, e magari anche la spiaggia, siano coperti dalla rete wi fi, per restare connessi.

E non sono solo i giovanissimi a richiedere la possibilità di collegarsi a Internet: «il 79% delle persone comprese nella fascia d’età tra i 45 e i 55 anni – scrive Mirella Serri sulla Stampa – ritiene questa caratteristica un elemento essenziale nell’orientare la propria scelta per un hotel o per un casale».
A cosa serva la pienezza tecnologica nei giorni in cui, ragionevolmente, bisognerebbe pensare a tutt’altro, lo spiegano gli stessi internauti impenitenti, il 34% dei quali «vuole essere sempre informato, perché tiene a contattare gli amici di social network e a raccontare come sta trascorrendo i giorni di riposo pubblicando foto e video».

Insomma: la vacanza, scenario a parte, deve somigliare il più possibile alla quotidianità. Una volta si partiva per lasciarsi alle spalle il tran tran: si abbandonava il rassicurante tg delle otto di sera e, per informarsi, si leggeva il giornale (magari diverso dal solito quotidiano locale). Un’informazione vagamente alternativa che poteva far scoccare nuovi interessi, per la lettura tout court, per una prospettiva diversa, verso un respiro più ampio rispetto alla mentalità localistica assaggiata durante l’anno sul solito giornale di provincia.

Una volta l’unico modo per venire raggiunti in vacanza era il telefono dell’albergo, ottimo filtro per un utilizzo oculato del mezzo. Oggi il cellulare è sempre con noi – anche se talvolta è in qualche tasca non sempre facilmente raggiungibile – e siamo contattabili in qualsiasi momento: sulla spiaggia o in cima a una montagna – campo permettendo -, per raccontare in tempo reale, ancorché senza fiato e senza parole, l’effetto che fa.

Il problema è che, spesso, la tecnologia tende a prendere il sopravvento. Esiste un limite difficile da definire, ma indubbiamente pericoloso, oltre il quale i nuovi mezzi di comunicazione finiscono per condizionare la nostra vita senza apportare più benefici. E’ il momento in cui, per esempio, le occasioni di sbirciare se “c’è segnale” sono più numerose delle volte in cui il cellulare effettivamente suona; o il momento in cui le telefonate diventano un passatempo, anziché un’occasione per comunicare.

Tendiamo a superare il limite senza accorgercene, anche quando pretendiamo una connessione stabile e costante nei momenti in cui dovremmo, potremmo, forse perfino vorremmo pensare ad altro. Dovremmo essere in grado di dire basta al momento giusto, ma non sempre abbiamo coraggio di farlo.

Ed è un peccato: perché si può vivere pienamente una vacanza, o limitarsi a raccontarla in diretta, da cronisti involontari e tutto sommato non richiesti delle proprie gioie estive. Il piacere che si prova davanti a un panorama, un’opera d’arte, uno scorcio inedito dovrebbe superare il desiderio di immortalarlo in una foto digitale da trasmettere in tempo reale agli amici rimasti a casa.

Rinchiudere la propria gioia dietro il mirino di un obiettivo, con la magra consolazione di poter rivedere la scena (peraltro limitata nella qualità e privata del suo contesto) in future occasioni, non dovrebbe valere il sacrificio. E, se lo vale, dovrebbe far suonare un preoccupato campanello d’allarme su una possibile dipendenza dagli strumenti che, invece, dovrebbero dipendere da noi.

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Pubblicato il 23 luglio, 2010, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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