Abbracci e responsabilità

«Baci e abbracci in culla contro il futuro stress: le coccole di mamma fanno adulti più forti. L’affetto materno è un’arma fondamentale per divenire adulti capaci di resistere alle tensioni quotidiane, più sicuri di sé, meno ansiosi e ostili», scrive La Repubblica.

Una paziente ricerca finlandese «ha selezionato 482 bebè e li ha seguiti nella crescita fino all’età di 34 anni. Gli psicologi hanno valutato il grado di affettività e di attaccamento materno quando il piccolo aveva solo otto mesi. Poi, a distanza di anni, con questionari ad hoc, hanno misurato il livello di sicuri e forti, capaci di vincere gli stress della vita. Tali soggetti mostrano livelli di ansia e ostilità fino a sette punti inferiori a quelli mostrati dai loro coetanei le cui mamme non hanno instaurato coi figli ancora in fasce un legame altrettanto affettuoso. L’affetto materno, dunque, è un’ottima risorsa per crescere pronti ad affrontare la vita».

Risorsa che, però, da sola non basta a garantire una vita serena: se il bambino, una volta adulto, «soccombe a stili di vita malsani – alcol, fumo, atteggiamento alimentare sregolato – “la frenesia della quotidianità” rischia di avere la meglio, nonostante l’impegno dei genitori.

Ai dati e alle riflessioni proposte da Repubblica ne aggiungeremmo altre due, che si leggono tra le righe e ci sembrano significative.

La prima riguarda la famiglia, che si conferma ancora una volta un pilastro della società e un elemento fondamentale per la formazione – umana, spirituale, psicologica – dell’individuo. Poter godere di una famiglia affettuosa significa anche potersi avvalere di una famiglia solida, unita, concorde. E significa, salvo imprevisti, anche poter contare su due genitori – non tre o quattro: due – con due ruoli complementari, capaci di garantire una più che ragionevole serenità.

La seconda riflessione, invece, apparentemente smorza la prima: tutto l’affetto possibile potrebbe non bastare, se il pargolo, una volta cresciuto, non avrà imparato la lezione. Se non amerà se stesso e gli altri, trovando il necessario equilibrio interiore e relazionale, ogni elemento – studio, lavoro, famiglia, – diventerà fattore di stress.

Chi cresce in una famiglia amorevole parte avvantaggiato, ma non ha già vinto la sfida della vita. E allo stesso tempo chi, viceversa, muove i suoi primi passi in un contesto indifferente, ostile, problematico, non è necessariamente destinato a un futuro disagiato.

Perché, se è vero che il retaggio non è irrilevante, è altrettanto vero che la vita – almeno per quanto riguarda le cose che contano davvero – si costruisce personalmente, ogni giorno, con le proprie scelte.

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Pubblicato il 28 luglio, 2010, in Uncategorized con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 1 Commento.

  1. Si, la responsabilità personale è sicuramente un fattore essenziale, bisogna però anche capire che chi cerca di venire fuori da contesti disagiati deve fare il doppio dello sforzo, perché da una parte non ha il “terreno solido” sotto la propria anima, una realistica autostima che può provenire solo da una vita vissuta in un contesto sicuro e solido, dall’altra invece deve competere con persone che non solo non hanno questi problemi, ma che nemmeno capiscono le situazioni di disagio e quindi sono anche d’intralcio.

    Responsabilità personale va bene, ma ricordiamo che “i poveri di spirito” hanno bisogno di una mano, soprattutto nella Chiesa, per svilupparsi appieno; ancora non ho trovato una Chiesa Cristiana che sia attenta a questi problemi, se non quelle che operano quando questi problemi purtroppo si cronicizzano e rischiano di prendersi la vita di una persona (droga, suicidio, ecc…)

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