Archivio mensile:ottobre 2010

Valori di rigore

Secondo la maggior parte dei teologi e degli esegeti, la celebre frase di Gesù, «Non sappia la tua sinistra quel che fa la destra», non pare possa venire interpretata come un invito all’incoerenza.

Lo segnaliamo a beneficio dei vertici di una nota squadra di calcio, anzi, della squadra più titolata del nostro malandato Paese, dove il calcio si è affermato come il vero oppio capace di far dimenticare i problemi e i drammi della quotidianità, per lasciarsi cullare dalle gesta di campioni dal piede abile.
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Quaranta chiese

Un servizio fotografico sull’immigrazione a Castel Volturno viene presentato dal portale msn.com, che segnala come «L’insediamento ormai radicato degli africani a Castel Volturno si evince anche dall’ambito religioso. Il numero di chiese pentecostali in questo territorio negli ultimi 3-4 anni è cresciuto a dismisura: ora sono circa 40».

Non si sa quanti siano esattamente gli immigrati irregolari presenti nella località: a seconda delle fonti variano dalle sei alle quindicimila unità, a fronte di una popolazione composta da ventimila residenti di nazionalità italiana. Residenti che dal canto loro, stando ai dati disponibili, riempiono appena quattro chiese evangeliche.

Numeri ingenerosi da un lato, clamorosi dall’altro, e comunque non improbabili: confermerebbero che, nella disperazione di una situazione drammatica fatta di paura, sfruttamento, solitudine, l’unico strumento per sopravvivere è la speranza, l’unico rifugio possibile è la fede.

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Parole stonate

Questa è la storia di una di noi. C’era una volta un’artista famosa per la sua voce e il suo talento; un’artista dal passato tormentato, protagonista di un percorso umano e spirituale variegato e complicato, che un giorno ha trovato la risposta alle sue domande, e la soluzione ai suoi problemi, nella fede nel messaggio del vangelo. Come molti di noi, certo: ma, se è vero che siamo tutti uguali davanti a Dio, è altrettanto vero che le scelte di vita di un personaggio famoso fanno più rumore, nel bene e nel male.

Aveva cominciato bene il suo percorso: silenziosa, per molti addirittura troppo, teneva per sé, nella sfera più intima, la sua nuova fede, apprezzata in questo suo approccio da chi conosce la vacuità delle dichiarazioni a effetto, e criticata da chi avrebbe preferito sentir gridare ai quattro venti una “testimonianza” ancora giovane, debole, difficile da conservare in mezzo ai marosi di un ambiente ostile come il mondo dello spettacolo.
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Osservando i Simpson

«Poche persone lo sanno e lui fa di tutto per nasconderlo ma è vero: Homer J. Simpson è cattolico. I Simpson, rimane uno dei pochi programmi per bambini nei quali la fede cristiana, la religione e la questione di Dio sono temi ricorrenti»: così l’Osservatore Romano, secondo cui i Simpson – la famiglia protagonista del fortunato cartone animato che da oltre vent’anni racconta con pepata ironia la realtà americana – sarebbe cattolica.

Dato che in merito sono stati scritti vari libri non ci soffermeremo a confutare la tesi, come peraltro ha fatto il produttore esecutivo della Fox, Al Jean.

Quel che più sorprende non è tanto il fatto in sé, ma il tentativo di mettere il cappello cattolico anche su un cartone animato e la scelta di argomenti risibili a sostegno della tesi: è ben vero che nelle puntate dei Simpson emergono valori anche significativi come “la fede cristiana, la religione e la questione di Dio sono temi ricorrenti”, ma suona quantomeno azzardato ritenere che questo, tout court, renda il programma specificamente cattolico e non semmai, più semplicemente, cristiano.

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Distrazione fatale

Due temi diversi, oggi, hanno stimolato due commenti molto simili nella sostanza da parte della Stampa e di Repubblica.

Sul quotidiano torinese Gramellini commentava l’allusione del senatore Ciarrapico sull’equazione ebreo=traditore, espressa nel suo intervento a Palazzo Madama: «Fino a quando – si chiede Gramellini – si continuerà a considerare un esercizio di folklore lo scempio dei valori con i quali siamo cresciuti, che credevamo condivisi? […] Non so voi, ma io non lo trovo divertente. E neppure innocuo. Qualcuno dirà che certa gente ha sempre pensato certe cose, senza trovare il coraggio di dirle. Ecco, vorrei tanto sapere chi glielo ha dato, adesso, quel coraggio. Forse ci siamo distratti un attimo. Per favore, non distraiamoci più».

In sintonia Michele Serra nella sua rubrica quotidiana su Repubblica: in merito alle parole del docente milanese che inneggiava alla Rupe Tarpea, fa il punto della situazione-volgarità: «Il punto è che,negli anni, sono saltati come vecchi tappi tutti o quasi gli argini che impedivano o sconsigliavano di scavalcare alcuni – almeno alcuni – argini. Convenzioni rispettate, forse ipocrite, forse solo ragionevoli, suggerivano di non varcare certe soglie verbali… Ha poi prevalso, lentamente ma inesorabilmente, l’idea che niente possa o debba essere rimosso e occultato. Schiodati dalle loro prigioni di profondità, sono emersi uno a uno gli istinti più asociali e aggressivi e “scorretti”» Con l’abbandono del buonismo (o, forse, anche della buona educazione?), «ogni fanatico ma anche ogni debole, e ogni rancoroso, si sente in diritto di esternare il suo male. Il “cattivismo” fa molte più vittime del “buonismo”».

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