Archivio mensile:dicembre 2016

Religioni e svarioni

Sergio_Romano_2016.jpgIl premio per lo svarione dell’anno, con un guizzo sul filo di lana, se lo aggiudica nientemeno che l’ambasciatore Sergio Romano, opinionista di punta del Corriere, che martedì scorso, nella pagina delle lettere, alla domanda di una lettrice sull’espressione “religioni del libro” da lui utilizzata, spiega la questione in una maniera così spiazzante che merita di venire riproposta integralmente. Romano – o chi per lui, beninteso – risponde così:

Il tratto comune delle tre grandi religioni monoteiste è l’esistenza, per ciascuna di esse, di un libro che contiene le verità rivelate e i precetti del Signore. Per gli ebrei è la Bibbia con particolare riferimento all’Antico Testamento; per i cristiani è il Nuovo Testamento (ma molti protestanti leggono anche l’Antico Testamento); per i musulmani è il Corano. Esistono anche altri libri fra cui la Torah per gli ebrei, gli Atti deli apostoli per i cristiani, gli Hadith (detti autentici del Profeta) per i musulmani.

Nemmeno Brunello Robertetti, con le sue esilaranti liriche, era mai arrivato a tanto.

Pubblicità

La luce che illumina le genti

Domani è Natale. Una festa curiosa: la celebrazione cristiana ha soppiantato una solennità pagana, si è poi stemperata in un momento laico dedicato alla famiglia e ai buoni sentimenti, e rischia ora di soccombere di fronte alla religione imperante, il consumismo.

La ricorrenza potrebbe essere una splendida occasione per riordinare le idee e ricordare al mondo che «oggi, nella Città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore», ma l’occasione viene scartata da molti cristiani biblici per paura di sembrare pagani (sì, qualcuno teme ancora che guardare un abete decorato ci trasformi in druidi e sbirciare un banale presepe ci classifichi come idolatri), salvo poi festeggiare ufficiosamente e senza troppi imbarazzi in famiglia (purché, beninteso, nel corso della giornata non venga mai nominata la parola con “N”).

L’incoerenza dei cristiani biblici è surclassata dall’ipocrisia dei cristiani nominali: il Natale è ormai una festa che ha perso di vista il festeggiato ma non i regali, ha smarrito il messaggio di speranza in favore di un sordo cinismo, ha abbandonato il senso di solidarietà per dirigersi non verso la famiglia, ma verso un familismo sempre più egoista.

Insomma: sia come sia, ci sarebbe poco da festeggiare. Se non fosse che Natale è, e resta, una festa vera. Convenzionale quanto si vuole (anche il compleanno lo è, del resto), ma testimonianza di un fatto reale: la storia di una nascita che ha cambiato la Storia. Una nascita complicata dalle circostanze e minacciata da un re crudele, e allo stesso tempo onorata dai pastori e venerata dai Magi d’Oriente. Una nascita che ha permesso l’ingresso nella storia umana di Colui che avrebbe annunciato un messaggio di vita e dimostrato il suo amore per l’essere umano fino a morire per lui. E che ancora oggi gli tende la mano, in attesa di incontrare la sua.

«I miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparata davanti a tutti i popoli, luce che illumina le genti», esclamò il vecchio Simeone di fronte a Gesù neonato. Questo dovrebbe essere, il Natale; il resto sono chiacchiere. E allora, per quanto ci riguarda, viviamolo – serenamente e consapevolmente – per quel che è, lontani da logore polemiche e scintillanti distrazioni. Consapevoli della buona notizia che quella nascita ha portato in un mondo – allora come oggi – povero, cieco, disorientato. Una buona notizia che – allora come oggi – dà un senso all’esistenza e cambia la vita.

natale2016