Archivio mensile:febbraio 2018

Psicodramma neve

Sulle vicende e le polemiche legate alle giornate di neve i quotidiani hanno riferito ampiamente, ma – come spesso accade in questi casi – difficile sperare di scoprire i responsabili dell’impasse, specialmente in periodo elettorale. Non rimane altro da fare che tracciare un bilancio della vicenda, bilancio che passa inevitabilmente per gli insostenibili ritardi dei treni (scambi ghiacciati, dicono: si sa, la neve in Italia è fenomeno raro), i disagi urbani (mancata comunicazione, dicono: si sa, non è ancora possibile avere le previsioni del meteo su qualsiasi cellulare con giorni di anticipo), ma anche qualche momento di serenità.

Più di qualcuno ha potuto approfittare dell’inaspettato stop generale per tirare il fiato e qualche palla di neve, o guardarsi intorno incantato – la neve cambia la prospettiva anche sui panorami più noti – dimenticando per qualche ora le polemiche, la politica e perfino il campionato di calcio.

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Antifascismo o democrazia

Se l’antifascismo è libertà, è lecito, in nome dell’antifascismo, sopprimere con la forza (o, peggio, con la violenza) la libertà di parola? L’antifascismo è una bandiera che ha coperto e copre un po’ tutto, terrorismo rosso e antagonismi anarcoidi, contestazioni ai sostenitori provita e manifestazioni di boicottaggio contro Israele, offrendo un’impunità e una connivenza difficili da trovare altrove. Per questo, ragiona Ernesto Galli della Loggia sul Corriere, l’antifascismo suona come un equivoco storico: «se il fascismo è violenza, illegalità e soppressione delle libertà, ebbene, allora la sua antitesi non è l’antifascismo, è la democrazia. La storia del resto conta pure qualcosa: mentre non è mai esistita una democrazia o un democratico che non fosse antifascista, più e più volte, all’opposto, persone, movimenti e regimi che si identificavano con l’antifascismo hanno mostrato che con la democrazia non avevano molto a che fare». Se è vero che siamo tutti – o quasi – autentici antifascisti, faremmo tuttavia meglio a impegnarci per difendere la democrazia, che di quell’antifascismo è frutto legittimo e da cui l’antifascismo non può prescindere.

Bravi giovani

Indignazione per il gesto di una banda di adolescenti (giovinastri, si sarebbe detto una volta) che nel pistoiese, durante una mattinata di noia, hanno strappato il bastone a un 76enne facendolo rovinare a terra. Una bravata gratuita a beneficio dei social (hanno pubblicato subito online la loro vergognosa impresa) che ha spiazzato chi abita nella tranquilla località di Casaguidi («dove tutti si conoscono e la solidarietà e l’amicizia hanno ancora un senso»), ha lasciato costernati i genitori («sono amareggiati, si sentono responsabili, sono rimasti sorpresi») e posto qualche interrogativo sui valori che stiamo trasmettendo alle nuove generazioni. In merito è netto il vescovo di Pistoia: «di fronte a un video postato – denuncia al Corriere – fingiamo di scandalizzarci, fingiamo di indignarci, condanniamo, emettiamo sentenze per non riconoscere semplicemente una cosa: il voyeurismo, l’indifferenza e forse la violenza, i ragazzini le hanno imparate da noi».

Digiuno tecnologico

La quaresima oggi passa anche per il digiuno tecnologico: ne è convinto un parroco di Genova, che ha lanciato ai fedeli l’invito a limitare l’interazione online. «Mi piace molto – ha scritto, ironicamente, proprio in un post – l’idea di vedere Gesù che mi prende l’iphone, me lo butta nel lago di Tiberiade, e mi dice: lascia le tue reti wireless, e seguimi». Il suggerimento del parroco non è un’astensione fine a se stessa, ma abbinata alla riscoperta di «relazioni vere, autentiche, non finte e virtuali. Due ore di chiacchiere. Di guardarsi negli occhi. Di parlarsi. O di dedicare questo tempo a chi è meno fortunato di noi», per «ritrovare modi autentici e veri di comunicare».

Flessione vegana

Per la prima volta nell’ultimo quinquennio, nel corso del 2017 i vegani sono diminuiti: «secondo l’Eurispes – riferisce La Stampa – coloro che consumano soltanto alimenti di origine vegetale», rinunciando anche ai derivati, oggi «rappresentano meno di un italiano su cento: un terzo rispetto alla quota registrata nel 2016. In leggero aumento è invece la quota di vegetariani: di poco superiore al sei per cento».

Non si sa se la vera notizia sia la flessione degli integralisti alimentari oppure il fatto che da anni vengano trattati dai media (e dal mercato) come una categoria di particolare rilevanza quando, anche nei momenti di maggiore peso, non sono mai stati più di tre su cento.

Pensionati solidali

Un gruppo di primari in pensione offre visite gratuite a chi è in difficoltà: hanno cominciato, anni fa, un cardiologo, un urologo e un nefrologo, e oggi sono ventitré i medici a riposo che a Borgomanero, nel novarese, hanno aderito all’iniziativa dell’Auser, allargando la disponibilità – al momento la gamma di visite prevede 17 specialità mediche – e creando un volano di solidarietà che coinvolge a vario titolo la cittadinanza

La felicità di domani

Il sociologo Amitai Etzioni spiega sulla Stampa che siamo alle soglie di un cambio di paradigma per quanto riguarda l’approccio alla felicità. Per diverse generazioni il lavoro ha rappresentato una parte importante nella soddisfazione personale, e il guadagno ha preso il posto di altri valori, portandoci sulla china del consumismo. Eppure, una volta soddisfatti i bisogni di base, ci basterebbe molto meno di ciò che abbiamo e che tendiamo ad accumulare nell’illusione che possa contribuire a darci affetto, stima, autorealizzazione. In un futuro sempre più prossimo l’automatizzazione permetterà agli esseri umani di cercare il proprio appagamento lontano dal lavoro (e dalla ricchezza), quindi potremo – forse dovremo – trovare una formula di felicità diversa dal consumismo; facendo di necessità virtù ci potremo concentrare su altri aspetti della vita, in particolare sulle relazioni sociali, dalla famiglia alle amicizie, dal volontariato alla fede. Sì, anche la fede: «numerose prove – sottolinea Etzioni – indicano che le persone che si considerano religiose, esprimono una fede in Dio o frequentano regolarmente i servizi religiosi sono più soddisfatte di quelle che non lo fanno. Secondo uno studio, dirsi d’accordo con la frase “Dio è importante nella mia vita” vale 3,5 punti in più su una scala di felicità di 100 punti», e altri studi effettuati negli Usa dimostrano che gli individui «con una profonda fede religiosa sono più sani, vivono più a lungo e hanno tassi più bassi di divorzio, crimine e suicidio».

Esperimenti difficili

Violenza e degrado: è scoppiato sui giornali il caso di piazza Vittorio, che nel quartiere romano dell’Esquilino vive una situazione di emergenza. La piazza, spiega Antonio Polito sul Corriere, «è stata sempre simbolo di integrazione», ma «l’esperimento ora è fallito». È caduta l’illusione che «per accogliere e integrare gli immigrati basti un atteggiamento aperto e tollerante degli italiani. Che cioè il problema fondamentale del nostro rapporto con gli stranieri sia il razzismo». L’Esquilino è diventato così «un caso di scuola, la prova che per integrare gli immigrati ci vuole molto di più che un’accoglienza fraterna e generosa»: infatti «integrare tra di loro culture diverse», rileva Polito, «è un processo faticoso e costoso, e il risultato non può darsi mai per scontato. È questo che le “anime belle” che predicano il multiculturalismo facile e che irridono il disagio della gente non capiscono».

Il valore della preparazione

L’incompetenza al potere è al centro di diverse riflessioni, in queste settimane di campagna elettorale. La7 ha inaugurato un programma apposito, Var Condicio, che tenta di verificare le dichiarazioni dei politici con dati e numeri, e anche sui giornali ci si rammarica dell’approccio disimpegnato di chi si candida a governare il Paese. Un approccio che parte da lontano, spiega Ferdinando Adornato sulla Stampa: bisogna risalire a «il ’68, la tv commerciale, il berlusconismo» per capire che la situazione odierna è «solo l’epifenomeno di cinquant’anni di deriva culturale che hanno scavato profondamente nel sottosuolo italiano e che, assieme alla crisi della scuola, hanno finito per togliere “valore sociale” alla fatica dell’apprendere». Purtroppo, continua Adornato, «la deriva dell’incompetenza ha spodestato il dovere della conoscenza. E questo un po’ in tutti partiti, a destra come a sinistra». Parole definitive sul tema anche da Aldo Grasso, che loda l’immunologo Burioni e il suo rifiuto di confrontarsi con chi non conosce adeguatamente le tematiche di cui vuole parlare.

Malinconico Sanremo

Sanremo2018.jpgSi è conclusa con la vittoria di Ermal Meta e Fabrizio Moro la 68ma edizione del Festival di Sanremo. La gestione Baglioni, come promesso, ha riportato in primo piano la musica; i brani risultano meno immediati rispetto alle proposte delle ultime edizioni, ma a un ascolto più attento rivelano sfumature interessanti e testi non scontati: si parla di impegno (basti pensare a “Il coraggio di ogni giorno” di Enzo Avitabile e Peppe Servillo, o a “Non mi avete fatto niente” di Ermal Meta e Fabrizio Moro), si riflette sulla vita e sui rapporti (come nell’intensa “Passame er sale” di Luca Barbarossa), ci si confronta tra amici (con “Il segreto del tempo” di Roby Facchinetti e Riccardo Fogli) ma non manca spazio per la poesia (con la delicata “La leggenda di Cristalda e Pizzomunno” cantata da Max Gazzè e “Almeno pensami” interpretata da Ron) e per qualche alleggerimento (la scanzonata “Una vita in vacanza” de Lo Stato sociale).

Tra i giovani merita ricordare in particolare l’amaro racconto di MirkoeilCane con “Stiamo tutti bene”, che racconta in soggettiva il viaggio della speranza di un bambino africano attraverso il Mediterraneo, e l’ironia di Michel Mudimbi, che sulle note de “Il mago” si confronta con una quotidianità sempre più surreale.

Il cardinale Gianfranco Ravasi legge nei testi una sfumatura intimista: «la cosa curiosa – ha spiegato – è che quest’anno c’è poca attenzione alla dimensione esteriore, sociale e generale. C’è soprattutto un’attenzione all’intimità e alla sostanziale insoddisfazione che fiorisce all’interno delle coscienze».

Probabilmente è proprio questo il leit motiv dell’edizione 2018, che ricorderemo per l’approccio maturo, malinconico e disincantato dei suoi brani.

(Ermal Meta e Fabrizio Moro nella foto tratta dal sito ufficiale)