Via Fani, quarant’anni fa
Sono passati quarant’anni dall’agguato di via Fani, che vide il rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, inizio di un dramma che culminerà, cinquantacinque giorni dopo, nell’omicidio dello statista. Nel corso della settimana sui quotidiani e nei programmi televisivi si è ampiamente rievocata la vicenda, che viene ricordata unanimemente come il momento più odioso della strategia brigatista. Si commemorano i cinque uomini della scorta, servitori dello Stato caduti in servizio e troppo spesso lasciati sullo sfondo (come sottolinea Claudio Magris sul Corriere); si ripropongono le testimonianze dei terroristi (persone che, commenta Aldo Grasso, si dimostrano «di una povertà intellettuale disarmante: parlano ancora di rivoluzione, di controinformazione, sono convinti di aver partecipato a una guerra nel nome del popolo oppresso. Mai un refolo di contrizione»).
E, naturalmente, si ricorda Aldo Moro. Moro uomo di dialogo (dialogo di cui in particolare oggi, si legge tra le righe, si sente un grande bisogno), “uomo delle complessità, non amante delle soluzioni semplici, delle scorciatoie” (così il nipote Renato, docente universitario). Moro uomo di fede: «Non ha mai fatto esibizione della sua fede, che pure era profondissima», credente cattolico e allo stesso tempo “uno dei politici più laici della storia repubblicana”.
Un ritratto cui Avvenire aggiunge un dettaglio inedito: alla vigilia di quei fatti, inconsapevole del suo destino, «Aldo Moro fu scoperto dal figlio Giovanni, all’una di notte, ancora immerso nella lettura di un testo di teologia: Il Dio crocefisso del protestante Jürgen Moltmann».
Pubblicato il 16 marzo, 2018 su guida alla settimana. Aggiungi ai preferiti il collegamento . Lascia un commento.
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