Archivio mensile:agosto 2018

Consigli per ripartire

Che la sinistra italiana non sia messa bene non è un segreto né una novità: frammentata, rancorosa e disorientata, negli ultimi mesi è diventata – paradossalmente, viste le sue origini – il simbolo del vecchio, della reazione, della “casta” (qualunque cosa voglia dire). E, nonostante le Europee in arrivo, non pare ci sia fretta di dare una svolta capace di riportare fiducia e credibilità alla compagine. Nei giorni scorsi Ernesto Galli della Loggia dalle colonne del Corriere ha provato a suggerire un progetto in dieci punti attraverso il quale i nuovi responsabili del progetto progressista potrebbero far ripartire il sogno. Si tratta di consigli in controtendenza, a partire dal primo: il nuovo partito dovrebbe «sentirsi (e magari anche dirsi) culturalmente cristiano. Per ridare senso alla politica c’è bisogno di un’ispirazione alta e forte che oggi però non può venire da dottrine e valori esclusivamente politici. La “democrazia benevola” che vogliamo non è quella né di Pericle né di Cicerone: deve ad essi cose anche importanti ma è nata qui in Occidente dallo spirito delle Sacre Scritture rese universali dal Cristianesimo. E alla fine, come ha ben detto Massimo Cacciari, solo il cristianesimo può tenere a bada i demoni della scienza, dell’economia e della tecnica riuniti assieme che incombono sul nostro futuro; e in generale, direi, anche quelli di ogni potere che si pretenda assoluto».

Non solo: secondo Galli della Loggia i tempi sono maturi «per un partito che riprendendo un filone sotterraneo che va da Mazzini a Simone Weil, metta all’ordine del giorno una tematica dei doveri e del “limite” contro l’ideologia del menefreghismo edonistico e del «tanto non faccio male a nessuno», nonché contro la pratica orgiastica del futile e del superfluo. Nel fondo dell’animo la gente desidera vivere per qualcosa di più e di meglio che una vacanza alle Maldive». Suggerimenti coraggiosi che dimostrano come «per essere di sinistra non bisogna essere solo di sinistra».

Tanto che – tra radici e futuro, accoglienza e rispetto, solidarietà e obiettivi – viene spontaneo rilevare che il progetto di Galli della Loggia si adatterebbe quasi alla perfezione anche a un futuribile patto di centrodestra.


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Religioni improvvisate

Quali sono le caratteristiche in grado di distinguere, almeno sul piano legale, una religione vera da una fede inventata di sana pianta? Una domanda che ci si è posti a lungo quando esordì Scientology, e che è tornata in evidenza in tempi di pastafarianesimo, una dottrina piuttosto bizzarra creata nel 2005 a tavolino – non senza una certa dose di ironia – da un pensatore che, evidentemente, voleva minare la credibilità delle religioni rivelate. Nel tempo il pastafarianesimo ha ottenuto un parziale riconoscimento in diversi Paesi, ancorché limitato alla possibilità di sfoggiare un certo abbigliamento nelle foto inserite sui documenti d’identità o di ricevere l’autorizzazione alla celebrazione di matrimoni naif.

Ora però il gioco pare finito, almeno nei Paesi Bassi: «una corte olandese – segnala Antonio Gurrado sul Foglio – ha sancito che il pastafarianesimo manca di serietà e coerenza sufficienti ad annoverarlo fra le fedi», ponendo nel contempo alcuni punti fermi che, forse, faranno scuola anche nei Paesi che si erano lasciati abbindolare dalla pretesa della sacralità prêt-à-porter.


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Interessi convergenti

Dodici braccianti stranieri sono morti nel foggiano a distanza di pochi giorni in due incidenti stradali, mentre venivano trasportati – in condizioni evidentemente del tutto insicure – tra i campi e le baracche dove alloggiavano. Immancabile l’indignazione generale, condita dalle parole di prammatica che la politica non può non elargire a piene mani in occasioni come questa, insieme alla promessa di inasprire leggi e fare piena luce. Che nel profondo sud (ma anche al nord) le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori irregolari – italiani e stranieri – siano vergognose pare ormai difficile da contestare. Ma la risposta, riflette su Repubblica Carlo Petrini, non passa per la politica: «immagino – scrive il fondatore di Slow Food – sia capitato a tutti di trovare, nella propria cassetta postale, “volantini” di ipermercati, supermercati e discount che pubblicizzano prodotti sottocosto, sconti imperdibili e altre meraviglie. A leggere determinati prezzi si rimane a bocca aperta, ma cosa c’è dietro tutto questo?».

Colpa della grande distribuzione e forse delle leggi (che, quando ci sono, rimangono comunque inapplicate), ma – in fondo – anche del cliente che approfitta di prezzi impossibili. Del resto il consumatore, fatalmente, farà sempre quello che ritiene il proprio interesse, almeno fino a quando non capirà che il suo interesse non è così distante da quello dei braccianti: i prodotti ultraeconomici spesso non vengono trattati molto meglio dei lavoratori utilizzati per raccoglierli o produrli. La mucca pazza o il metanolo qualcosa dovrebbero aver insegnato.


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Deja vu religiosi

Sapete chi sono i salafiti? Se vi sfugge potete fare il punto con questo utile articolo di Oasis, che presenta il movimento, il suo credo, le differenze rispetto ai sunniti e il suo approccio teologico. Scorrendo l’approfondimento si scopre un movimento fondamentalista, letteralista (“tornare alle fonti” è la parola d’ordine), contrario alle innovazioni teologiche che travalichino il testo sacro e scettico sulle interpretazioni analogiche, unico alfiere della verità tra tutte le correnti islamiche; i salafiti si considerano stranieri in questo mondo, si sentono chiamati a purificare la dottrina (altrui), si dicono contrari a ogni festività non strettamente scritturale, incluso il natale (di Maometto, ovviamente). E, nonostante un approccio così granitico, si presentano piuttosto frammentati. Insomma, per essere un movimento islamico provoca un curioso senso di deja vu.


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