Archivio mensile:novembre 2018

Idoli e consumi

Per quanti non se ne fossero accorti nonostante la sventagliata di messaggi pubblicitari lanciati in questi giorni, siamo in tempi di Black Friday, il venerdì di forti sconti e acquisti compulsivi che negli Stati Uniti segue il Giorno del ringraziamento; e, in un mondo sempre più globalizzato, era inevitabile che il venerdì nero arrivasse anche da noi, con la sua cornice di prezzi ribassati e corse al presunto affare.

Qualche sociologo potrà spiegare come mai, negli ultimi anni, abbiano preso piede in maniera così marcata dapprima halloween e poi il black friday, mentre curiosamente manchi dal nostro calendario il Giorno del ringraziamento (tra le feste americane autunnali, l’unica con un risvolto cristiano); di certo però, come rileva Gigio Rancilio, anche il consumismo ha un suo particolare retrogusto spirituale: «nei luoghi dove si celebra il Black Friday – scrive su Avvenire – sta accadendo qualcosa di molto simile a un fenomeno religioso, che ha molti tratti in comune con le funzioni delle religioni tradizionali. Anche questo capitalismo ha un bisogno crescente di riti, liturgie, chiese, feste, processioni, canti, parole sacre, sacerdoti, comunità» e li ritrova in «un mondo liberato dal Dio biblico e ripopolato da infiniti idoli».


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L’anagrafe delle opinioni

Se è possibile chiedere all’anagrafe l’attribuzione del sesso che più ci aggrada a prescindere dalle specifiche biologiche, perché non dovremmo poterlo fare anche con l’età? Con questa motivazione un sessantanovenne olandese si è rivolto al tribunale, chiedendo di ordinare agli uffici pubblici di ritoccare la sua data di nascita: vuole, insomma, che gli vengano tolti vent’anni. L’uomo, che di professione fa il motivatore, «ha portato a sostegno della sua tesi pure le prove: i medici infatti gli hanno detto che il suo corpo era quello di un 45enne». E lui, per parte sua, è disposto ad affrontare le conseguenze del suo gesto, rinunciando alla pensione.

La sentenza arriverà tra un mese; per ora il giudice non è parso convinto ma, se non altro, ha aperto uno spiraglio ammettendo «che la facoltà di cambiare genere è un’evoluzione della legge, prima considerata assolutamente impossibile». E quindi, se non oggi, chissà che domani anche l’età non diventi solo un’opinione.


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C’era una volta il privato

Ha fatto ampiamente discutere la scelta di Elisa Isoardi, compagna del vicepremier Salvini, di comunicare il loro allontanamento pubblicando sui social una foto intima e una citazione di Gio Evan.

Prima questione: no, non siete gli unici a non conoscere Gio Evan, anzi; sul tema la reazione più strepitosa è stata probabilmente quella del vignettista e conduttore televisivo Makkox: «ho pensato che fosse una sigla per “Giovanni Evangelista“, e ho chiesto ai miei autori di leggersi tutto il vangelo per trovare la citazione incriminata».

Seconda questione, la foto: un’immagine che immortala non solo due persone, ma anche una tendenza. «Isoardi con quella foto – scrive Giulia Viscardi sulla Stampa – ha una volta di più rappresentato questa sostanza oleosa che è divenuto lo spazio pubblico, dove tutto è uguale, non ci sono ruoli, non ci sono distanze, non ci sono differenze, non c’è alto e basso, pubblico e privato; dove l’intimo di ognuno diventa spettacolo per tutti».


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Maglietta nera

Un’attivista di estrema destra in visita a Predappio esibisce una maglietta nera dove il logo di Disneyland viene preso a prestito e associato ad Auschwitz. Il campo di sterminio per antonomasia assimilato a un parco giochi: un messaggio che non poteva passare inosservato, e infatti l’immagine ha fatto il giro del web, provocando inevitabili commenti scandalizzati. «Non si tratta – scrive Umberto Folena su Avvenire – del vecchio, ridicolo negazionismo teso a minimizzare e a dissimulare. La camerata Ticchi con la sua casacchina finisce per ammettere che i campi di sterminio ci furono. Ma li banalizza, ne fa oggetto di scherno, sommerge la vergogna e l’orrore sotto uno sghignazzo da esibire con orgoglio». E come sempre l’esempio arriva dall’alto: «È caduto l’ultimo freno, l’estrema remora e ci si sente autorizzati a tutto. Il brutto e il volgare sono sempre esistiti. Ma in gran parte restavano intenzioni. Oggi i pensieri si tramutano in opere perché personaggi autorevoli, opinion leader, capi politici, esibendo loro per primi con orgoglio il brutto e il volgare, di fatto autorizzano i fan a fare altrettanto». La vicenda è stata derubricata dalla responsabile a “humour nero”, calembour che in altri momenti avrebbe perfino strappato un sorriso ma che, in questo caso, peggiora la situazione (e non era facile).

Eppure quella maglietta e l’orrore del suo messaggio non sono tutto. Come spesso avviene in questi casi, c’è qualcosa nell’immagine che crea una (dis)valore aggiunto: il sorriso della donna. Un sorriso surreale, che dimostra inconsapevolezza per il messaggio veicolato. Lo stesso sorriso delle donne tedesche quando nell’immediato dopoguerra – lo testimoniano i documentari dell’epoca – entravano nei campi di sterminio pensando a una scampagnata. Con una differenza: loro, da quella gita nell’orrore, uscivano sconvolte, in lacrime, con le gambe tremanti.


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