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La crociata del latte
L’allattamento è osceno? La domanda si ripropone in questi giorni in seguito a una polemica nata in seno a Facebook, il più noto social network del web.
«Lo scorso ottobre Heather Farley, utente di Facebook – scrive l’agenzia Zeusnews -, pubblicò una foto di sé stessa che allattava il figlio appena nato. L’immagine venne prontamente rimossa, e Heather Farley ne postò un’altra. Allora ricevette una nota da Facebook, che le intimava di rimuovere la fotografia pena la chiusura dell’account».
La donna, per tutta risposta, ha dato vita a un gruppo di interesse – un club telematico – chiamandolo “Hey, Facebook, breastfeeding is not obscene!” (“Ehi, Facebook, l’allattamento non è osceno!”).
L’allattamento è certamente qualcosa di assolutamente naturale, e da incoraggiare. Probabilmente potremmo considerare qualcosa di simile anche il concepimento, il parto e molte altre fasi cruciali della vita; come si può però intuire, questo non giustifica una loro esibizione in luogo pubblico.
Forse il problema andrebbe affrontato a monte, chiedendosi cosa spinga a mostrarsi mentre si allatta. Succede sempre più spesso nei parchi, nei centri commerciali e in altri luoghi di passaggio di vedere una madre che tira fuori il seno e nutre il pargolo. Così, senza problemi, in pubblico. Se qualcuno osa obiettare, emergono spontanee le argomentazioni più classiche sulla gioia della maternità che si vorrebbe negare, sull’incoerenza di chi vorrebbe vedere nascere più bambini ma non accetta che le madri allattino (come se non fosse possibile adottare soluzioni diverse dal farlo ovunque).
Naturalmente a queste si aggiunge la solita spruzzata di “benaltrismo”, così comune ormai ogni volta che veniamo colti in fallo: immancabile l’obiezione sul fatto che “la volgarità è altrove”, che la televisione è peggio, che ormai i bambini vedono di tutto e una mamma che allatta non è poi peggio delle veline, anzi.
Insomma, si prospetta una situazione ormai classica: contro la semplice richiesta di una maggiore sobrietà parte una crociata che addita, denuncia, lancia allarmi. Inutili, perché la richiesta di non allattare in pubblico non riguarda la sostanza, ma la forma. Non è questione di oscenità, ma di buona educazione. Non è sintomo di intolleranza, ma di buona creanza. E in ogni caso – almeno per quanto ci riguarda – è una richiesta, non un’imposizione: speriamo che i paladini del diritto di espressione per tutti non ci neghino il piacere di rivendicare il buonsenso.
Facebook probabilmente ha usato gli argomenti sbagliati. Ma la neomamma, per parte sua, dovrebbe forse riscoprire l’intimità di un momento intenso e riservato come la maternità.