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Consigli per la crescita
Se la manualistica educativa ha ampi riscontri di vendite e i decaloghi mantengono il loro fascino da migliaia di anni, si può prevedere un grande successo “Decalogo per genitori italiani”, l’ultima uscita dedicata a una categoria, quella dei genitori, sempre più confusa e incerta.
La letteratura di settore è controversa: prima ci hanno insegnato che i figli andavano educati in maniera rigida, poi ci hanno detto che no, che andavano lasciati liberi di fare quel che vogliono; qualcuno, a corollario, ha preteso di veder crescere una generazione di orfani virtuali, dove il genitore era un amico da chiamare per nome, ma i risultati deludenti hanno suggerito di rivalutare un approccio fermo: in assenza di una parola definitiva, per decenni ci si è barcamenati tra i due estremi.
Gli esperti di turno, ora, propongono un decalogo sobrio e, tutto sommato, condivisibile.
1. non pretendere da un figlio maschio meno di quanto pretendi da una figlia femmina.
Vero: a forza di servire e riverire, spesso ci ritroviamo di fronte ai classici bamboccioni che non sanno lavare i piatti o rassettare il letto.
Però, per par condicio, la norma andrebbe interpretata in maniera bidirezionale: non pretendere da una figlia femmina meno di quanto pretendi da un figlio maschio. Già oggi non sono pochi i casi di ragazze in età da marito incapaci di tenere in mano un ferro da stiro. Se poi sanno anche riparare una lampadina o montare una ruota di scorta, meglio: faranno contenti i paladini della parità. E anche i mariti.
2. non permettere che tuo figlio tenga dei comportamenti che disapprovi quando messi in atto dai figli degli altri.
Comportamento odioso, oltre che diseducativo: pretendere dagli altri bambini un comportamento adulto, e permettere al proprio di fare i capricci. I bambini non sono stupidi. Né quelli degli altri, né i nostri.
3. sii disponibile quando tuo figlio ti cerca, ma aiutalo solo quando non puà farcela senza di te.
In due parole: presenti ma discreti. Non fate i suoi compiti, e non rispondete quando le sue domande nascono dalla pigrizia di non voler aprire il dizionario.
4. allena tuo figlio a un rapporto responsabile con il denaro.
Evitiamo tre errori: dargli tutto quello che vuole, fargli credere che tutto si possa comprare, e dall’altro lato instillargli un senso del risparmio che rischi di sconfinare nell’idolatria.
5. avvicina tuo figlio ai libri e al piacere della lettura.
Fargli trovare in giro per la casa libri adatti è un’idea, ma il metodo migliore resta l’esempio. E qui, forse, prima di educare i nostri figli dovremmo educare noi stessi.
6. diventa alleato degli insegnanti nell’istruzione di tuo figlio.
È la soluzione migliore: giustificare il pargolo di fronte ai docenti lo porta a una sensazione di onnipotenza che, in seguito, non sconterà solo lui.
Certo, potrà capitare che in questa prospettiva talvolta il ragazzo si ritrovi a subire un’ingiustizia: gli insegnanti sono esseri umani. L’importante è comprendere che non si tratta di un dramma planetario: semmai lo aiuterà a formare gli anticorpi a una situazione che, nella vita, vedrà fin troppo spesso.
7. lo sport è importante per crescere, ma saper perdere è la prima cosa da imparare.
Ditelo ai genitori che, dagli spalti dei campetti di provincia, urlano insulti all’arbitro, dando una lezione desolante ai giovanissimi che, in campo, vorrebbero solo divertirsi.
8. tratta tuo figlio maggiorenne da adulto.
Bisogna rassegnarsi: crescono, prima o poi. Rallentare il percorso non giova a loro, e nemmeno a noi.
9. non idealizzare il destino di tuo figlio e credi nel suo futuro.
Non dargli false illusioni: non hanno mai fatto bene, e sono ancora meno salutari in tempi di recessione.
Non caricarlo di aspettative esagerate: il futuro è il suo, e solo marginalmente il tuo. Sii sobrio per insegnargli a essere sobrio.
10. dai un fratello, se possibile, al tuo figlio “unico”.
Naturalmente qui entrano in gioco variabili che non sempre si possono prevedere. Però se possibile, quando possibile, per molti versi un fratello cambia l’approccio alla vita.
Soprattutto, come chiosa Deborah Compagnoni, «i bambini sono persone; non sono una tua copia, né quel qualcosa che tu non sei». E forse, a ben guardare, è proprio questa la chiave per cimentarsi al meglio nell’impegnativo ruolo di genitori.
Cambiamenti e ravvedimenti
Le cattive ragazze cambiano aria: un articolo della Stampa riferisce che personaggi come Amy Winehouse, Lindsey Lohan, Britney Spears, Paris Hilton hanno abbandonato gli eccessi che avevano fatto la gioia dei giornali scandalistici, e stanno cambiando (faticosamente) strada.
Amy Winehouse alla fine ha accettato di entrare in una clinica per disintossicarsi: ora si apre a un repertorio più romantico e vagheggia l’idea di trovarsi il classico “lavoro serio” aprendo un centro estetico, qualora decidesse di lasciare la musica.
La Lohan, dopo due arresti per guida in stato di ebbrezza (ma la definizione ufficiale, a quanto raccontano le cronache, è eufemistica: era proprio ubriaca fradicia), ha deciso di dire basta ai baccanali e alle nottate in giro per locali; cerca un lavoro “per pagare l’affitto”, dimostrazione che anche i ricchi vivono nel nostro mondo (anche se raramente piangono).
Di Britney Spears si è detto ampiamente: fatta di stupefacenti e cattive compagnie, spendacciona e seminuda (oltreché volgare, ma questo non è un reato), è stata tirata a lucido in una clinica di riabilitazione e ora porta avanti il suo tour mondiale controllata a vista dal padre, che le ha imposto un’ora di lettura biblica al giorno: e chissà se, nella migliore tradizione della scuola domenicale, dopo la lettura ne verifica anche l’apprendimento.
Paris Hilton ha trovato l’amore, ricambiata, e ha quindi smesso i panni della nullafacente metropolitana tutta capricci e leziosità per dedicarsi al suo lui: pensa al matrimonio, e per il personaggio è già tutto dire.
I bimbi crescono, e anche le bad girls, raggiunto un punto di rottura, devono decidere cosa fare. Un cambiamento radicale talvolta è l’unico modo per sopravvivere, specie quando lo stile di vita è più pericoloso di una passeggiata in autostrada.
Ciò che viene da chiedersi se si tratti di un vero cambiamento, o di una pausa tra due eccessi: rinsavire per non morire, prima di rituffarsi nelle vecchie abitudini ritrovando le vecchie compagnie.
Esperienze passate dimostrano che spesso è solo una questione di tempo. Senza una base solida anche il cambiamento più radicale non è destinato a durare. Senza la consapevolezza dei propri limiti, della sporcizia morale, del proprio fallimento interiore, è difficile ricominciare davvero da capo.
Dietro molti di questi cambiamenti sbandierati di fronte ai media non sembra esserci vera motivazione, ma solo una questione di sopravvivenza: cambiare vita per non morire, adottare una condotta salutista senza però toccare l’interiorità di una vita spirituale disastrata, ossia la principale causa di disagio.
Uno stile di vita più sano può aiutare a stare meglio, ma è il cambiamento interiore a portare felicità, serenità, pace.
C’è una bella differenza. La differenza che passa tra sopravvivere e vivere.