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Le responsabilità della libertà
Ormai era nell’aria e, nonostante le contestazioni dell’ultimo minuto e le manovre di qualche pio illuso, non poteva che finire così: il Sinodo valdese, riunito a Torre Pellice, ha votato sì al riconoscimento della benedizione per le coppie gay.
Una decisione che un gruppetto minoritario aveva tentato di evitare nelle ultime settimane, con un appello pubblico al Sinodo affinché ritrovasse la fedeltà alla secolare Confessione di fede valdese e, per quanto possa sembrare scontato, al vangelo, evitando decisioni destinate ad allontanare i valdesi dalle altre realtà evangeliche.
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Quelle Porte aperte sul dramma
Una volta all’anno, il convegno di Porte Aperte fa bene.
Fa bene, perché è organizzato bene: abbastanza denso da dare informazioni precise sulla condizione dei cristiani perseguitati, ma sufficientemente leggero da permettere l’interazione tra i presenti (quest’anno a Rimini erano oltre trecento: meno dello scorso anno, ma comunque un numero ragguardevole in tempi di crisi) e la riflessione sul nostro ruolo di cristiani occidentali, privilegiati da una condizione di libertà e da diritti impensabili fuori dal nostro continente.
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Sulla pelle dei cristiani
Gli scontri tra cristiani e musulmani che hanno avuto luogo nei giorni scorsi nel nord della Nigeria non hanno avuto grande spazio sulle prime pagine dei quotidiani, nonostante un numero di vittime non irrilevante.
Se lo spazio non era ampio, i titoli erano piuttosto categorici: «Nigeria, strage di religione. Cristiani contro islamici, quasi duecento morti», titolava mercoledì, in un modesto richiamo, La Stampa; Il Corriere, relegando la notizia agli esteri, parlava di “Chiese e moschee bruciate in Nigeria: oltre 200 morti” e precisava in un sommario: “A scatenare la violenza un cantiere islamico in una zona cristiana“, anche se l’inviato, nell’articolo, ridimensionava: «I musulmani volevano costruire una moschea in un quartiere a prevalenza cristiana o più semplicemente un musulmano voleva ristrutturare la sua casa nella zona dei cristiani».
L’intolleranza ai tempi della crisi
Due giornalisti inglesi di origine asiatica si sono finti per otto settimane una coppia di immigrati pachistani in un sobborgo inglese: risultato, hanno subito oltre cinquanta aggressioni verbali e fisiche.
Il documentario realizzato per la BBC con il materiale raccolto (compresi i video registrati con una telecamera nascosta), significativamente si intitola “Hate on the doorstep”, odio sulla soglia di casa, e racconta un problema comune nelle periferie del Regno Unito.
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Vivere di rendita
Sono passati quindici giorni, e già non si sente più parlare di Win for life, la nuova lotteria istantanea che promette non un premio milionario, ma una rendita di 4000 euro mensili per vent’anni.
Una prospettiva interessante che però ha delle controindicazioni. Tecniche, innanzitutto: come segnala in un articolo l’agenzia Zeusnews, le probabilità di vincere non sono affatto elevate, e poi la ripetizione delle estrazioni a ritmo orario rischia di provocare dipendenza.
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Il tempo che conta
Difendere il tempo libero: un’esigenza sempre più sentita nelle società occidentali, dove sembra che il tempo (libero o occupato, a prescindere) non basti mai.
Il presidente Clinton, già nel 1999, aveva istituito una commissione per esaminare il fenomeno della “time poverty”; oggi è una ricerca diretta da Robert Goodin e intitolata “Discretionary time” a fare il punto della situazione sulla “time pressure”.
Gli studiosi inglesi si sono impegnati a cronometrare le giornate-tipo dei loro connazionali, individuando tre macrocategorie: il tempo dedicato al lavoro, il tempo dedicato alla casa (e alla famiglia), il tempo dedicato alla cura della propria persona.
Il fattore costanza
“Dimagrire senza fatica? Ecco perché non serve”. Il Corriere fa strage di illusioni: «Oggi – scrive il quotidiano – vengono proposte molte soluzioni per dimagrire in fretta: pastiglie, preparati vari o diete che farebbero ritrovare la linea con poca (talvolta nessuna) fatica. Ma funzionano davvero? “Se si vuole dimagrire senza far nulla si è sulla strada sbagliata“, spiega Andrea Ghiselli, nutrizionista dell’Inran (Istituto Nazionale Ricerca Alimenti e Nutrizione) di Roma».
D’accordo, è solo una conferma di cose che sapevamo già tutti, anche se ancora in molti si illudono che una pillola, una panciera, una dieta “a zona” possano dare al fisico la tonicità di un olimpionico. Invece per la fisica – e per il fisico – dal nulla non nasce nulla, e ogni risultato richiede uno sforzo.
Consigli di lettura – 8
Ago 22
Pubblicato da pj
Storia, società, attualità, sociologia e fede nei suggerimenti di lettura proposti questa settimana nel mio programma radio su crc.fm.
Si comincia con “Evangelici nella tormenta. Testimonianze dal secolo breve” (Claudiana), di Giorgio Bouchard, un libro sulle personalità evangeliche che hanno vissuto i drammi della storia del Ventesimo secolo. È l’ultimo progetto – in ordine di tempo, beninteso – portato a termine dal pastore e saggista, già moderatore della Tavola valdese e autore di numerosi testi sul movimento evangelico (tra cui il mai troppo citato “Movimenti evangelici del nostro tempo”, che continua a essere uno degli strumenti migliori per comprendere il contesto evangelico italiano e internazionale odierno).
“Evangelici nella tormenta” nasce da una serie di conferenze tenute dall’autore nella chiesa battista di Meana di Susa e presenta – per dirla con Marco Brunazzi, autore dell’introduzione – «una serie di medaglioni di personalità evangeliche di vario profilo, dalle più note alle meno, che hanno scandito la storia del Novecento», iniziativa che viene accolta come “opportuna” «in un paese come l’Italia, dove la cultura evangelica… è normalmente confinata in spazi informativi del tutto marginali».
Bouchard nel suo libro racconta le vicende di personaggi che non hanno fatto la storia della chiesa – non direttamente, almeno – ma hanno introdotto la chiesa nella storia: dai paladini anti-apartheid Nelson Mandela e Rosa Parks a un Bonhoeffer africano, Guddinaa Tumsaa, passando per Reinhold Niebuhr e l’ex presidente americano (e pastore evangelico) Jimmy Carter, fino al noto – ma non quanto meriterebbe – missionario Albert Schweitzer e a credenti che hanno vissuto epoche buie, come Ernst Lohmeyer, Madeleine Barot e i ragazzi della Rosa bianca.
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Più “leggera”, invece, la seconda proposta di lettura: si tratta di “Nel catalogo c’è tutto. Per chi va o torna a vivere da solo” (Feltrinelli), del trentenne milanese Francesco Gungui.
Comunemente si dice che le grandi città sono grigie, noiose, impersonali, ma la vita metropolitana, a saperla guardare con la giusta prospettiva, può essere perfino divertente, come dimostra Francesco Gungui. Nei capitoli del libro scorre la vita ordinaria di un giovane di oggi, alle prese con le abitudini da cambiare (andare a vivere da soli è un passo decisivo nella vita di una persona) mentre la propria esistenza comincia a delinearsi tra idee confuse, relazioni carenti, piccole nevrosi e grandi interrogativi.
Il “catalogo” da cui il libro prende il titolo è il catalogo dell’Ikea, che secondo l’autore è un paradigma della generazione di oggi: una generazione “componibile” per una vita “componibile”, proprio come un mobile della famosa azienda. La prosa di Gungui è godibile, e di fronte ad avventure e disavventure che molti di noi hanno affrontato (la ricerca di una casa, il mutuo, le faccende domestiche, il lavoro precario in un mondo di imbroglioni) è difficile non farsi qualche risata. Autocompatendosi, beninteso.
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Si legge uno spaccato di storia recente, invece, in “Da Gerusalemme a Roma. Il Medio Oriente, l’Italia, il mondo: riflessioni di un ambasciatore. 2001-2006” (Mondadori) di Ehud Gol, ex ambasciatore israeliano in Italia dal 2001 al 2006: un periodo non facile per Israele, che ha visto quindi il rappresentante diplomatico in una posizione particolarmente delicata nel difendere il suo paese da un’opinione mediatica mai generosa.
Per rappresentare le ragioni di Israele, Gol ha preso spesso in mano la penna e ha scritto lettere, commenti, corsivi sui principali quotidiani italiani.
Nei suoi contributi, raccolti in questo volume, Gol difende con instancabile energia Israele: di volta in volta di fronte all’ambiguità di Arafat e le omissioni dell’Europa, di fronte alle posizioni poco imparziali dei media e dell’Unione Europea, di fronte alla piaga del terrorismo e del fondamentalismo islamico da cui ha origine, di fronte al pacifismo a senso unico. Temi che ci riportano alla memoria l’amarezza di drammi, stragi, diritti negati, occasioni perse.
Il volume si apre e chiude con due capitoli dedicati al nostro paese: il percorso inizia con “L’Italia può aiutare la pace”, intervento su Repubblica nel 2001, e si conclude con “L’Italia ha capito Israele”, pubblicato sul Corriere nei giorni del congedo dal suo incarico.
Non sappiamo se il nostro Paese abbia davvero avuto o possa avere un ruolo importante nel raggiungimento della pace in Medio Oriente, ma sicuramente l’impegno di Ehud Gol nei sei anni del suo mandato è stato essenziale per la comprensione di Israele da parte del nostro Paese.
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Altro tema di cui abbiamo parlato questa settimana è stata la fede di Indro Montanelli: Montanelli è stato uno dei più significativi giornalisti del nostro paese, che con la sua penna e il suo pensiero ha caratterizzato molti dei dibattiti, degli scontri, dei drammi che l’Italia ha vissuto negli ultimi cinquant’anni.
Montanelli non si considerava un credente, eppure non ha mai rifiutato di riflettere su Dio e sulla fede. Anzi: nel suo considerarsi non credente c’era una sorta di rammarico per qualcosa che, per onestà, non poteva dire di possedere ma che cercava.
Giorgio Torelli, giornalista e discepolo di Montanelli, ha parlato spesso con lui di questo tema, e – a distanza di anni dalla scomparsa del personaggio – ha messo nero su bianco il riscontro di questi dialoghi.
Lo ha fatto in un volume che si intitola “Il Padreterno e Montanelli” (Ancora). Torelli racconta di un Montanelli stoico, ma che rivisitava spesso il tema della fede, sospirando «purtroppo, non ho fede. Magari, ne fossi toccato».
Dopo aver tratteggiato un quadro della sua fede – o “non-fede” -, Torelli si pone e pone una domanda sul “Dopo Montanelli”: “la nostra speranza nella misericordia del Padre ci nega o ci permette di ipotizzare un dialogo franco e decisivo tra Dio” e Montanelli?
Una domanda accademica, ovviamente, che non cambia le cose, e cui – su questa terra, almeno – non avremo mai una risposta. Ma è una domanda che permette a Torelli di scandagliare la posizione di decine di intellettuali (teologi, scrittori, giornalisti, missionari, lettori, pensatori di vario genere, naturalmente non tutti cristiani) su un tema delicato, quello della fede e della salvezza.
Le risposte, naturalmente, risentono dell’influenza culturale e delle convinzioni di ogni interpellato, ma permettono di riflettere e far riflettere.
Quale sia stata la sorte di Montanelli, naturalmente, non possiamo saperlo. A quanto ne sappiamo noi, non ha mai accettato Cristo nella sua vita, né si è mai detto credente. Ma chissà: la sua sincerità e la sua schiettezza nei confronti di Dio possono farci sperare.
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Parlando di sociologia, ci ha incuriosito che sembrava la negazione di sé: si tratta di “Non leggete libri per crescere i vostri bambini. ntimanuale del genitore sereno” (Rizzoli), di Elisabetta Zocchi.
Diventare genitori cambia la vita. E fa nascere nelle neomamme e nei neopapà una serie di dubbi, pensieri, preoccupazioni. Proprio facendo leva sulla inevitabile apprensione dei nuovi genitori, negli ultimi anni si sono moltiplicati i manuali mirati a suggerire metodi di ogni tipo per dare ai figli un’infanzia ottimale.
“Non leggete libri per crescere i vostri bambini” è decisamente controcorrente per il settore ed è scritto da Elisabetta Zocchi, giornalista e vicedirettore di due testate dedicate alle mamme, impegnata da anni nel settore della salute materna e infantile.
Zocchi, più che dare consigli particolari, punta a incoraggiare i genitori, perché – scrive – per essere buoni genitori basta il buonsenso. «Le mamme d’oggi – esordisce la Zocchi – devono sapere… che fanno sempre la cosa giusta. Anche quando incorrono in qualche involontaria svista».
Sottolineando che “un genitore non può smettere di credere in se stesso”, l’autrice guida il lettore attraverso dieci capitoli su aspetti essenziali relativi al rapporto tra genitori e neonato, e accompagna ogni capitolo con la risposta a un dubbio ricorrente – e, decisamente, umano – dei neogenitori stessi.
Insomma, il libro di Elisabetta Zocchi non sarà un manuale, ma riesce comunque a dare consigli. Utili e, soprattutto, di buonsenso.
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