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La legge dell’amore
Europa quotidiano riprende la notizia sul sostegno, promesso dai leader evangelici americani, alla riforma dell’immigrazione lanciata dal presidente Obama.
La prospettiva della testata è critica: dal favore degli evangelici alla nuova legge desume che «Gli ispanici diventano territorio di conquista per le chiese evangeliche americane. A giustificare la richiesta – concede Europa quotidiano – ci sono argomenti morali – la difesa dei diritti dell’immigrato, legale o clandestino – ma anche la volontà esplicità di fare proselitismo tra i latinoamericani».
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In attesa di un mondo perfetto
A Berlino il 26 aprile si deciderà con un referendum il futuro dell’ora di religione a scuola.
Abolita nel 2006 per fare spazio a una più neutra ora di etica («una sorta di educazione civica – scrive Il Giornale – nella quale trovano spazio anche le storie delle religioni, raccontate però in maniera neutrale e asettica»), l’ora di religione è reclamata a gran voce da un composito gruppo di cristiani – evangelici e cattolici – che chiedono di dare spazio, nell’agenda scolastica, a lezioni che permettano di conoscere la propria confessione.
I sostenitori dell’ora di religione, raggruppati nel comitato Pro-Reli, rilevano che «le lezioni di etica non sembrano aver sviluppato quella tolleranza che i suoi sostenitori si proponevano e la conoscenza delle religioni è rimasta nell’angolo». Non propongono di abolire l’insegnamento, ma solo di «aggiungere la scelta di frequentare vere e proprie lezioni di religione».
Le autorità locali non vedono di buon occhio l’iniziativa referendaria, che grazie alla mobilitazione delle confessioni cristiane ha raccolto 250 mila firme (quando ne sarebbero bastate 170 mila).
«Ci muoviamo evitando ogni tipo di strumentalizzazione politica – spiega Christoph Lehmann, avvocato ideatore del gruppo Pro-Reli – e la nostra proposta non si ferma solo alle confessioni cristiane: vogliamo che ogni studente possa scegliere fra la lezione di etica e una regolare lezione di religione, sia essa cattolica, evangelica, ebraica o musulmana».
Il motivo? «La tolleranza è possibile solo quando si conosce a fondo la propria religione, evitando i fondamentalismi dei cattivi maestri».
Probabilmente da un punto di vista laico non è del tutto corretto che la scuola pubblica offra una tribuna alle religioni. Sul piano pratico, però, va rilevato ancora una volta che il pensiero debole non riesce a garantire la convivenza civile: fare un passo indietro non aiuta, perché ci sarà sempre qualcuno pronto ad approfittare di quel vuoto.
Probabilmente da un punto di vita multiculturale si considera essenziale imparare a conoscere l’altro per capirlo e accettarlo. Ma non è facile comprendere le ragioni dell’altro se non si conoscono le proprie.
Probabilmente da un punto di vista spirituale non è la scuola a dover dare lezioni di moderazione contro l’integralismo, eppure la scuola è uno dei pochi spazi pubblici che possano suggerire una prospettiva diversa, su cui quantomeno riflettere.
Insomma, probabilmente nessuna di queste soluzioni è quella ideale. Sarebbe bello vedere un mondo sereno, dove ognuno vive ed esprime la propria fede senza offendere gli altri e senza vedersi limitare, dove la violenza viene fermata sul nascere dalle autorità e dalla riprovazione popolare, dove la convivenza quotidiana è garantita dalla serenità di una fede solida e appagante.
Sarebbe bello, certo. Fino a quando però dovremo confrontarci con la nostra realtà quotidiana, sarà il caso di non fermarsi ai sogni, ma studiare giorno dopo giorno soluzioni concrete. Sicuramente imperfette, ma quantomeno praticabili.
Indignazione a senso unico
Feb 13
Pubblicato da pj
Sosta breve per Geert Wilders in Gran Bretagna: «A Londra non è stato che poche ore. Appena sbarcato all’aeroporto di Heatrow, Geert Wilders, il deputato di estrema destra olandese sotto processo nel suo Paese per dichiarazioni giudicate offensive nei confronti dell’Islam, è stato riaccompagnato alle partenze da due funzionari del servizio immigrazione e fatto salire sul primo volo per Amsterdam».
Era stato invitato da un parlamentare inglese per assistere alla proezione del suo film-documentario, Fitna, che da quando è uscito (poco meno di un anno fa) non ha smesso di creargli problemi: d’altronde, come spiega Repubblica, «Con lo short movie “Fitna” (in arabo “scontro”), della durata di 17 minuti, prodotto in proprio dal deputato olandese e diffuso su internet, Wilders aveva denunciato la natura violenta del Corano, esprimendo il concetto che il mondo musulmano è intollerante e violento e rappresenta una minaccia per la civiltà occidentale. Il film paragona il libro sacro dell’Islam al “Mein Kampf” di Adolf Hitler».
Un film a sostegno di tesi scomode, che sono costate al parlamentare «l’incriminazione per odio religioso da parte del tribunale olandese, l’atto di insofferenza del governo inglese, gli strali dell’Onu e le proteste del mondo islamico, così come avvenne dopo la diffusione in Danimarca delle vignette su Maometto».
Se il film sia valido, documentato, serio o solo un’accozzaglia di luoghi comuni accostati in maniera fuorviante alla Michael Moore, non possiamo dirlo. Però fa riflettere che un paese di tradizioni liberali come la Gran Bretagna respinga alle frontiere una persona – un rappresentante del popolo olandese, se vogliamo dirla in maniera pomposa – per una questione che riguarda solo pensieri e opinioni.
Certamente nell’accogliere un personaggio controverso c’era da aspettarsi problemi di ordine pubblico; probabilmente si sarebbero viste manifestazioni di protesta, e magari si sarebbe rischiato anche qualche atto estremo da parte di fanatici che con la libertà hanno poca familiarità.
Tutto questo era da mettere in conto, certo; se però il rischio è tanto forte da comportare una limitazione così clamorosa della libertà di parola, forse è il caso di chiedersi se la legge, oggi, sia ancora uguale per tutti.
Pare infatti che, in Gran Bretagna come in Italia e in tutta Europa ci siano particolari categorie, gruppi, confessioni che possono permettersi di minacciare e zittire gli altri, con il benestare di chi dovrebbe affrontare il problema ma preferisce non farlo.
Sarebbe fin troppo facile far presente che nessuna autorità europea blocca i film, i libri, i pensieri che criticano la cristianità, e speriamo vivamente che nessuno pensi seriamente di chiederlo; il problema, però, è che di fronte a queste vicende non è concesso nemmeno il diritto di indignarsi senza venir bollati come fondamentalisti liberticidi, mentre sull’altro fronte una banale vignetta su Maometto (in Danimarca) o un semplice commento storico (a Ratisbona) vengono considerati alla stregua di una “grave provocazione”, e giustificano a mettere sottosopra mezzo mondo.
Tolleranza, libertà, democrazia, solidarietà sono concetti cardine nella nostra cultura. Continuare a esercitarli a senso unico, però, potrebbe rivelarsi l’inizio della loro fine.
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