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Distributori di illusioni

Ha ragione chi dice che il distributore automatico di profilattici non è la soluzione ai problemi dei giovani. Semmai una pezza che però, come spesso capita in questi casi, rischia di venir vista come un incoraggiamento verso una condotta che, si vuole far credere, è comune alla stragrande maggioranza dei giovani e quindi – per un sillogismo bacato – è automaticamente “giusta” per i tempi in cui viviamo.

Sbaglia, dunque, chi incoraggia la libertà di costumi: basterebbe uno sguardo responsabile sulle statistiche per farsene un’idea. O, magari, basterebbe guardare in faccia questi giovani che crescono troppo in fretta perdendosi il meglio dell’infanzia, dell’adolescenza e – temiamo – dell’età adulta.

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La morale dello scontrino

Deve essere un bell’imbarazzo per il parroco di Gorgo al Monticano, in provincia di Treviso, uscire dalla chiesa per accogliere o salutare i fedeli: sul lato opposto della strada, infatti, è stato inaugurato un sexy-shop, uno di quegli esercizi commerciali trasgressivi nati nelle metropoli per soddisfare la noia e i vizi di chi ha qualche conto in sospeso con l’intimità.

A quanto pare ormai questi negozi prendono piede anche nella provincia più placida (con rispetto parlando), sollevando la curiosità dei più maliziosi e l’imbarazzo di chi, ancora oggi, conosce il significato del termine vergogna.
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Il ritocco della discordia

Gisele Bundchen è stata protagonista, ieri, di una vicenda quantomeno curiosa che la riguarda peraltro solo indirettamente.

La famosa e ricercatissima modella brasiliana ha posato per la campagna pubblicitaria di una marca di abbigliamento. Nella foto compare a dire il vero poco vestita, e questo potrebbe già essere motivo di ironia, se la pubblicità in questi anni non ci avesse abituato a paradossi peggiori.

La cosa che ha fatto discutere è che compare magra. Niente di strano per una modella, se non fosse che Gisele Bundchen è incinta. Un colpo di videoritocco, ed ecco sparire il pancione.

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Il percorso di Eli Stone

Tra i nuovi serial tv di cui i critici televisivi hanno parlato in questi mesi, ha avuto poco spazio un telefilm la cui prima serie si è conclusa ieri, Eli Stone.

Si tratta di un serial che si poteva scoprire solo per caso – da un po’ di tempo le emittenti non brillano per la capacità di promozione delle serialità e per il rispetto degli appassionati che le seguono – ma che man mano mi ha incuriosito, e non solo per la trama.

Trasmesso da Italia Uno al martedì sera, racconta le vicende di un rampante avvocato trentacinquenne, Eli Stone appunto, socio di un autorevole studio legale di San Francisco.

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Il disagio che accomuna

Lenny Kravitz stupisce ancora, e stavolta non per la trasgressione. Ad Andrea Laffranchi del Corriere racconta che da mesi vive in maniera casta: lui, gaudente incallito con un carnet di conquiste femminili, note e meno note, che potrebbe riempire un album.

«C’è stato un periodo in cui è stato così. Ma anche se l’ho fatto, non era il modo giusto di comportarsi. Ora seguo la volontà di Dio e non la mia. Voglio crescere più forte grazie a Dio».

Non solo: come ricorda Laffranchi, in un brano contenuto nell’ultimo album Kravitz “canta di non aver bisogno di aerei privati, diamanti e champagne”, che hanno caratterizzato in maniera marcata il suo passato. «Per questo ora posso dire che non mi servono – spiega -. È Dio che ti rende felice e che riempie la tua vita. Ora so su quale strada mi trovo e dove sto andando: verso Dio, lo spirito, l’amore, non verso le cose materiali».

E a parlarne è uno che di “cose materiali” ne ha avute e viste tante: eccessi, lusso sfrenato, piacere senza limiti. Ma che, evidentemente, a un certo punto si è reso conto che la vita non poteva essere tutta lì.

Qualche malizioso obietterà che è facile, dopo aver vissuto il meglio della vita, emozioni di grande impatto, situazioni che i comuni mortali nemmeno immaginano, dire “non mi servono più quelle cose”: chi non riesce a pagare il mutuo vive la quotidianità in maniera più frustrante e forse, prima di concordare, apprezzerebbe la possibilità di passare qualche giorno da Kravitz. Una reazione d’impulso, che però non tiene conto di come possa essere difficile per i tanti Kravitz riuscire a cambiare vita, pur rendendosi conto di essere in un vicolo cieco. Ne sono testimoni, loro malgrado, le tante popstar che entrano ed escono dai centri di riabilitazione, e con la loro ribellione esprimono quel disagio interiore che nemmeno gli agi riescono ad anestetizzare.

Per i “ricchi” passare la cruna di un ago è difficile oggi come ieri. E sono sempre troppo pochi coloro che possono dire, con Salomone, “ho provato di tutto e di più, ma ho visto che niente mi dava davvero quel che cercavo”. Per questo non è solo una consolazione da perdenti pensare che una vita ordinaria sia un privilegio, e sia la via meno dolorosa per raggiungere la Risposta.