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Ricerche a tema

Focus riporta la notizia di una ricerca danese secondo la quale «Davanti al fascino di personalità carismatiche il nostro cervello sembra rinunciare a ogni forma di difesa».

Pare infatti che «alcune aree del cervello – parti della corteccia cingolata anteriore e prefrontale – responsabili del nostro scetticismo e sentimento di vigilanza… se persuase dalle parole di supposti guaritori o profeti… sembrano diventare meno attive».

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Le scelte e il rispetto

Non so a voi, ma a me ieri l’annuncio degli scienziati britannici è sembrato un po’ sospetto.

La notizia era delle migliori: pare che tra tre anni sarà possibile creare sangue “artificiale” per sopperire alla carenza di donazioni e venire incontro alle necessità degli ospedali, specie in periodi e in situazioni di emergenza.

Un dettaglio che non sarà sfuggito ai più era un discreto “partendo dalle cellule staminali embrionali“. Il dato, di suo, mi ha ricordato gli annunci dei magistrati al termine di certe indagini, quando si rileva che per il successo “è risultato essenziale l’uso delle intercettazioni telefoniche“. Succede spesso, soprattutto nei periodi in cui il parlamento tenta di regolamentare l’ascolto delle conversazioni da parte degli inquirenti.

Forse è solo un’impressione, ma quel “partendo dalle cellule staminali embrionali” suona subliminale, e sembra voler polemizzare con i dubbi di chi non accetta, sul piano etico, gli interventi sulle cellule fecondate. «Vedete? – sembrano dire gli scienziati – Con le staminali embrionali possiamo salvare la vita a tante persone e migliorare la qualità dell’esistenza a molte altre, ma voi vi opponete».

Per questo offrono un certo sollievo le dichiarazioni di oggi da parte di un esponente del governo, il sottosegretario al Welfare Ferruccio Fazio: ha annunciato che anche l’Italia sta lavorando su un progetto simile, e tra tre anni potremmo produrre sangue dalle staminali. Precisando però che, per noi, si tratta di una scelta diversa: i globuli rossi verranno prodotti a partire da cellule staminali adulte.

Un sistema che, precisa il Corriere, supera «già in partenza eventuali problemi etici legati all’impiego degli embrioni».

Scopriamo peraltro che il metodo delle staminali adulte è quello scelto anche dalla Darpa, l’agenzia per i progetti di ricerca avanzata per la difesa americana: quindi un sistema conosciuto e praticabile.

Viene allora da chiedersi come mai i sudditi della Regina non abbiano preso in considerazione questa opzione, ignorando bellamente le polemiche che potrebbero seguire sul piano etico.

Speriamo ci siano ragionevoli motivi scientifici che hanno portato il team britannico a usare nonostante tutto le staminali embrionali: altrimenti significherebbe che la scienza, per alcuni, è ciò che per altri è la religione o l’ideologia: un fine che giustifica la mancanza di rispetto.

Quando succede agli altri, lo chiamano fanatismo.

Sogni benefici

Il Resto del Carlino (grazie a Marco per la segnalazione) racconta la storia di una mamma bolognese, Laura Neri, che ha vinto 45 mila euro partecipando al quiz più visto di RaiUno, l’Eredità.

La particolarità della vicenda? Che la signora Neri, d’accordo con il marito, ha deciso di non tenere per sé se non una minima parte della vincita, e devolvere il resto in beneficenza: ai bambini dell’Africa, ai pluriminorati seguiti dall’Istituto serafico di Assisi, e – ultimo, ma non meno importante – alla loro parrocchia di appartenenza, che necessita di qualche restauro.

Si tratta, racconta il Resto del Carlino, di una scelta meditata, tanto che ha segnalato la sua intenzione di vincere già sulla scheda con cui ha richiesto di partecipare al quiz.

Una scelta che solleva curiosità, e cui Laura e il marito Paolo rispondono senza scomporsi: «Non abbiamo sogni materiali nel cassetto, ma ogni giorno ci chiediamo cosa possiamo dare alla vita. Così abbiamo deciso di sostenere un progetto di solidarietà, anzi tre, ai quali collaboriamo già  da tempo. Non avevamo la possibilità di farlo diversamente, dato i nostri stipendi. Quindi partecipare all’Eredità poteva essere una soluzione».

Ci sono tre fatti che colpiscono, nelle parole della coppia. Innanzitutto la dichiarazione “non abbiamo sogni materiali nel cassetto”: non sappiamo quanti di noi sarebbero disposti ad affermarlo a cuor leggero. Tutti, probabilmente, abbiamo qualche progetto in corso: l’arredamento da cambiare, l’auto da sostituire, le rate da pagare, i soldi da accantonare per dare un futuro ai figli. Sono rari coloro che davvero possono affermare di “non avere sogni materiali”. Materiali, si badi, perché la coppia dimostra, con il suo gesto, di avere più di qualche sogno: aiutare il prossimo, sostenere chi soffre, condividere i drammi di chi si trova in gravi difficoltà. Non è questione di possibilità economiche: l’amore si dimostra quando i nostri sogni lasciano il posto ai bisogni degli altri.

La seconda affermazione riguarda la decisione di partecipare con lo scopo di fare beneficenza: “non avevamo la possibilità di farlo diversamente, dato i nostri stipendi”. Segno che, per quanto possibile, aiutano da tempo le organizzazioni e le realtà che ora hanno deciso di sostenere in maniera più massiccia. Si è trattato quindi di un exploit, ma che non nasce dal nulla e non muore in sé.
Facile dire “se vincessi un premio, darei una mano”: la generosità nasce dal cuore, non dal portafogli, e si dimostra attraverso da piccoli gesti, non con donazioni eclatanti.

La terza questione interessante riguarda il fatto che hanno destinato la vincita a progetti “ai quali collaboriamo già da tempo”. Non si tratta di beneficenza generica, senza radici, ma di un coinvolgimento di lunga data nei problemi, nei traguardi, nella vita di tre realtà benefiche. Forse non saranno andati in Africa, ma seguono regolarmente le vicende dell’Amref. Forse non fanno quotidianamente la spola con Assisi, ma non dimenticano l’Istituto serafico. Forse non sono in grado cambiare le sorti di una parrocchia, ma fanno quel che possono. Chissà se possiamo dire la stessa cosa, se condividiamo un progetto di aiuto umanitario o un’opera missionaria, oppure se ci limitiamo a tacitare la nostra coscienza di tanto in tanto, quando qualche missione ci commuove più di altre.

Più di qualcuno, nel leggere la notizia, avrà pensato a quanto sarebbe piacevole unire l’utile al dilettevole, partecipando ai telequiz a scopo benefico. Qualcun altro avrà arricciato il naso di fronte alla scelta anomala della coppia bolognese.

Non possiamo dare ragione agli aspiranti missionari da quiz: la solidarietà e la compassione non si dimostrano con i soldi degli altri.

Detto questo, non possiamo nemmeno condividere la posizione di chi critica la scelta di Laura e Paolo: se la decisione nasce da premesse convincenti e convinzioni solide come quelle della coppia bolognese, ben venga un’idea originale come la partecipazione all’Eredità.

Prelievi e dubbi

Repubblica segnala oggi in prima pagina che “Scatta l’allarme-trapianti”. I medici sono preoccupati: per la prima volta gli interventi sono in calo del 3%. Una flessione che viene addebitata ai “troppi dubbi sui prelievi d’organo”.

Sicuramente nella decisione di donare o non donare i propri organi (o quelli dei propri cari) al momento della dipartita influisce pesantemente la trasparenza delle pratiche, su cui più di qualcuno ha da ridire: la Lega contro la predazione di organi, per citarne una realtà molto combattiva, che si schiera contro la “predazione a cuore battente”. Detta così suona piuttosto tetra, ma non è detto che la realtà sia sempre migliore.

Viene però da pensare che non si tratti solo di questo, e che la maggiore ritrosia a donare gli organi derivi anche da un’inquietudine che si è sviluppata negli ultimi tempi in seguito ai casi mediatici più seguiti. Vedere la vicenda di Eluana Englaro costantemente sotto i riflettori fa riflettere. Al di là della gestione del caso e delle sentenze, al di là dei pareri morali e delle conclusioni che verranno, a forza di sentirne parlare subentra nel cittadino medio una sottile preoccupazione, che nasce sottotraccia, quasi subliminale, e si sviluppa in una serie di considerazioni.

Di fronte a questa e ad altre tristi vicende non si può non riflettere su questioni essenziali. Nonostante i baldanti pareri della scienza, non ci sono certezze assolute su quell’area grigia che in certi casi dobbiamo attraversare prima della dipartita. E allora, di fronte all’impossibilità di sapere, sempre meno persone sono disposte ad affidarsi completamente a chi conosce la medicina, ma non può andare oltre la competenza medica nel tracciare confini in un campo così delicato.