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Bibbia a colori

«La natura attraversa la Bibbia come una vite. Ci sono il giardino dell’Eden e il ramoscello d’olivo di Noè. Le querce presso cui Abramo si è incontrato con gli angeli e l’albero piantato presso i rivi d’acqua citato nei Salmi».

Adesso questa presenza verde ha avuto un suo riconoscimento con una nuova versione della Bibbia che verrà lanciata negli USA il prossimo 7 ottobre da Harper Collins. A caratterizzarla non è solo la carta riciclata e l’inchiostro ecologico (a base di soia), ma il testo stesso: «una versione della Scrittura – scrive Time – che richiama l’attenzione su più di mille versetti relativi alla natura e li sottolinea stampandoli in un piacevole colore verde foresta, come la “red letter edition” della Bibbia enfatizza le parole di Gesù».

Una versione che coglie la sensibilità sempre maggiore degli evangelici USA nei confronti della salvaguardia del creato, ma che probabilmente incontrerà qualche resistenza. E non perché usa la New Revised Standard Version, traduzione non amata dai conservatori: è il senso stesso del progetto a lasciare perplessi i battisti del sud, la corrente più conservatrice nel contesto evangelico. Rileva infatti Richard Land che l’ecologia «certo è importante, ma quando è stato chiesto a Gesù quale sia la cosa più importante, lui ha risposto “Ama il tuo Dio, e ama il tuo prossimo come te stesso”. Non ha detto nulla riguardo la creazione”».

Iniziativa interessante sotto vari punti di vista.
Intanto, ben venga una nuova versione della Bibbia che sia in grado di allargarne ulteriormente la diffusione e la lettura, purché la traduzione sia leggibile, fedele, accurata.
Tanto meglio se, come pare, la versione di cui parliamo potrà riuscire raggiungere un target appassionato ai temi sociali più che alla lettura delle Sacre Scritture.

In merito all’interesse dei cristiani per la salvaguardia del creato, va ricordato che non è una moda né un concetto nuovo. Apprezzare ciò che Dio ha creato, scoprire la perfezione di ciò che ci circonda, sorprenderci di fronte alle meraviglie della natura spinge il cristiano ad amare e a ringraziare con maggiore intensità il suo Salvatore.

Nello specifico, la salvaguardia del creato è un tema affascinante. E dei temi affascinanti non bisogna avere paura, anche se bisogna riconoscerne la pericolosità. Bene, quindi, l’attenzione alla tutela della natura, all’aiuto del prossimo, all’impegno sociale e magari anche all’azione politica.

Ma l’ecologia, come gli altri temi, non deve diventare una nuova ragione di vita, una nuova denominazione o un tema prevalente nella predicazione. Non va persa di vista la prospettiva: il centro della Bibbia è il rapporto di Dio con l’uomo, il suo scopo è raccontare che esiste per ogni essere umano la possibilità di ottenere la salvezza – quella salvezza che sfugge ai tentativi di raggiungerla con le nostre forze – attraverso l’azione di Gesù Cristo. Il resto è corollario.

Non comprendere la centralità di Cristo porta a considerare sullo stesso piano la “red letter edition”, che pone enfasi posta sulle parole di Cristo, con la nuova “green letter edition”, che sottolinea i temi ecologici contenuti nella Bibbia. E, magari, domani porterà a una nuova edizione che proclamerà con altri colori l’importanza di una dieta alimentare specifica, o dell’impegno sociale, politico, e chissà cos’altro ancora.

Insomma: mentre la Bibbia diventa multicolore, giorno dopo giorno rischiamo di leggerla guardando sempre più alle nostre mode, ai nostri interessi, alle nostre passioni, e smarrendo così il senso più profondo del messaggio di Cristo.

Modernità fraintese

Anche se mio padre e mia madre mi abbandoneranno, il Signore mi accoglierà. Colpisce come un pugno allo stomaco la citazione dai Salmi incisa su una lapide posta sul muro esterno di un ospedale ottocentesco. Si indovina facilmente che, appena sotto, quella fessura murata e pietosamente nascosta alla vista ospitava, cent’anni fa, una “ruota degli esposti”.

Uno strumento figlio di un’epoca ben diversa dalla nostra, ma che è tornato sotto i riflettori in questi anni. Ultimo in ordine di tempo, anche l’ospedale San Gerardo di Monza ripropone la ruota degli esposti: si tratterà naturalmente di una versione aggiornata, dove una culla termica e dotata di sensori sostituirà il piano di legno grezzo e la campanella che accoglieva i neonati abbandonati nell’Ottocento.

Strano pensare che oggi, nel ventunesimo secolo, ce ne sia bisogno. In una società che si vanta della sua apertura mentale, dove è vietato dare regole, dove non è lecito scandalizzarsi per non passare subito per bacchettoni. Una società dove i matrimoni combinati non esistono più, non esistono barriere di classe, dove non viene negata a nessuno una seconda possibilità; una società post-matrimoniale, sentimentalmente disinibita, senza limiti e confini, dove l’unico limite alla casistica delle unioni è l’immaginazione dei suoi componenti.

Una società dove la parola adulterio ha perso il suo significato di fronte alla coppia “progressista” (secondo il termine usato qualche anno fa da un regista, tradito, che si beffava della fedeltà coniugale), dove i figli naturali, nati fuori dal matrimonio, stanno raggiungendo i figli legittimi (anzi, suona strano che questi ultimi si chiamino ancora così).

Una società dove si può partorire e rifiutare il riconoscimento del neonato, senza nemmeno il fastidio di cercare una motivazione.
Una società dove non ci si crea problemi ad allevare in famiglia i figli avuti insieme, quelli di lei, quelli di lui. Una società dove le relazioni interpersonali si incrociano, si perdono, si ritrovano e si mescolano in un crogiolo sentimental-televisivo a metà tra la vita e il reality show.

Eppure proprio questa nostra società, così libera e realizzata, abbandona i neonati: proprio come quando l’adulterio era un marchio d’infamia e una gravidanza fuori del matrimonio una vergogna.

Come una volta, o peggio: almeno nell’Ottocento si aveva la cura di affidarli alla pubblica pietà, o a un monastero, anziché abbandonarli per la strada in pieno inverno o posarli, con un gesto tra i più orrendi per il suo significato intrinseco, in un cassonetto.

È difficile non rilevare l’assurdità di una società come la nostra, da un lato sempre così sensibile di fronte ai diritti umani, dall’altro capace di inculcare un tale disprezzo della vita.

Una società tecnologica ed emancipata, globalizzata ed ecologica, luminosa e proiettata verso il futuro.

Una società convinta di aver superato i fantasmi del passato, e che invece non ha mai perso il suo cuore di tenebra.