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Le responsabilità della libertà

Ormai era nell’aria e, nonostante le contestazioni dell’ultimo minuto e le manovre di qualche pio illuso, non poteva che finire così: il Sinodo valdese, riunito a Torre Pellice, ha votato sì al riconoscimento della benedizione per le coppie gay.

Una decisione che un gruppetto minoritario aveva tentato di evitare nelle ultime settimane, con un appello pubblico al Sinodo affinché ritrovasse la fedeltà alla secolare Confessione di fede valdese e, per quanto possa sembrare scontato, al vangelo, evitando decisioni destinate ad allontanare i valdesi dalle altre realtà evangeliche.
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La legge dell’amore

Europa quotidiano riprende la notizia sul sostegno, promesso dai leader evangelici americani, alla riforma dell’immigrazione lanciata dal presidente Obama.

La prospettiva della testata è critica: dal favore degli evangelici alla nuova legge desume che «Gli ispanici diventano territorio di conquista per le chiese evangeliche americane. A giustificare la richiesta – concede Europa quotidiano – ci sono argomenti morali – la difesa dei diritti dell’immigrato, legale o clandestino – ma anche la volontà esplicità di fare proselitismo tra i latinoamericani».
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Ventiquattr’ore prima

2 agosto 1980: alla stazione di Bologna esplode una valigia che contiene duecento chili di esplosivo. 85 i morti, centinaia i feriti che porteranno per sempre, nel corpo e nell’anima, i segni di quella drammatica esperienza.

Sono passati trent’anni da quel due agosto. Era sabato, e la stazione di Bologna – centro ferroviario nevralgico per il nostro Paese – pullulava di viaggiatori: turisti stranieri, emigranti pronti a trascorrere al paese le agognate ferie, famiglie dirette al mare, ragazzi alle prese con le loro prime esperienze vacanziere senza i genitori.
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Rapporti alla pari

Per un cristiano c’è sempre da imparare dalla realtà ebraica. Sul piano culturale, certo, ma anche relazionale.

La visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma è stata definita storica. Al di là dei contenuti, da parte della comunità ebraica spiccava un approccio da cui, forse, anche la realtà evangelica dovrebbe prendere esempio.

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Se Sarah Palin convince Graham

Mentre Rick Warren sbarca in Europa per promuovere il suo “Purpose & peace plan” dedicato alle chiese, negli USA un redivivo Billy Graham incontra Sarah Palin.

Vista la sua età – 91 anni – le uscite pubbliche del predicatore più noto del Novecento si sono giocoforza rarefatte, e per questo la presenza della ex governatrice dell’Alaska, nonché ex candidata alla vicepresidenza USA insieme a John McCain, fa ancora più rumore.

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Minoranze fastidiose

Tempi duri per i pentecostali. Non passa quasi giorno senza che la denominazione – che, ormai, comprende sul piano numerico la stragrande maggioranza degli evangelici in Italia e nel mondo – subisca riferimenti e allusioni ingenerosi da parte dei media, ispirati dagli eccessi di qualche esagitato o dalla singolarità di certe pratiche.

Una strategia, quella dei media, che potrebbe anche non essere del tutto consapevole, ma che porta l’opinione pubblica ad accostare la diversità alla bizzarria, e la bizzarria al pericolo tout court. Se poi a questi elementi si aggiunge la diffidenza verso lo straniero, ci sono tutti gli elementi per fare di una onesta denominazione il capro espiatorio ideale per le paure, i fastidi, le intolleranze del nostro Paese.
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Se la guerra è finita

Il Magazine di questa settimana parla del cambio di rotta che ha caratterizzato il movimento evangelico USA in questi ultimi tempi: Ennio Caretto, nel descrivere la novità, conia la definizione di cristiani obamiani, che puntano “su clima, crisi e sanità per tutti”.

Naturalmente non perdono il loro nerbo i classici conservatori – su tutti l’inflessibile decano dei tele e radiopredicatori, James Dobson -, ma si avverte una nuova sensibilità, oltre che l’esigenza di cambiare e capire una realtà sempre più complessa, che si adatta meno che mai al consunto schema manicheo del confronto tra bene e male.

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L'ultimo spettacolo di Jacko

«Il re del pop deve ora piegare le ginocchia davanti al Re dei re»: così il pastore Lucius Smith ha concluso ieri sera a Los Angeles il memorial dedicato a Michael Jackson.

Niente da dire: in fatto di show gli americani sono maestri, e la cerimonia di commiato dedicata a Jacko è stata sobria, ma allo stesso tempo coinvolgente e a tratti perfino commovente, come si conviene a un addio.

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