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Favole di Montana

Addio ad Hannah Montana, la ragazzina che per quattro anni ha accarezzato l’immaginario delle preadolescenti americane (e locali): conclusa la fortunata sitcom per limiti d’età, la ormai diciottenne attrice che la interpretava ha dimostrato di avere le idee chiare sul futuro. Così almeno si direbbe dal titolo dedicatole dal Corriere: “Miley Cirus, svolta sexy: finora mi hanno censurata”. E insiste, con vaghi accenti pensosi: “ogni donna deve poter diventare come vuole”.

Insomma, Miley-Montana “cerca di smarcarsi dall’immagine della brava ragazza-buoni sentimenti che la Disney le ha costruito addosso”, e comincia passando per “la nuova immagine aggressiva, i video sexy e le paparazzate studiate ad arte che la mettono su quel (pericoloso) percorso già fatto da Britney Spears, pure lei uscita dalla stessa fabbrica di idoli per teen”.
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Un atollo di infelicità

I media avevano dipinto Ben Southall, assistente sociale britannico, come l’uomo più fortunato del pianeta. Alcuni mesi fa, prevalendo tra 34 mila candidati, si era guadagnato “il lavoro più bello del mondo”: sei mesi come ospite su un atollo australiano, la classica incantevole isola deserta, con l’unico impegno di promuovere la località in chiave turistica attraverso il web, a fronte di un compenso di 85 mila euro.

Quando la notizia ha fatto il giro del mondo, lo hanno invidiato un po’ tutti: sei mesi di puro relax da trascorrere tra giornate su spiagge da sogno, notti in una villa da due milioni e mezzo di euro, campo da golf per battere la noia. E una paga da favola (oltre 14 mila euro al mese).

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Minoranze fastidiose

Tempi duri per i pentecostali. Non passa quasi giorno senza che la denominazione – che, ormai, comprende sul piano numerico la stragrande maggioranza degli evangelici in Italia e nel mondo – subisca riferimenti e allusioni ingenerosi da parte dei media, ispirati dagli eccessi di qualche esagitato o dalla singolarità di certe pratiche.

Una strategia, quella dei media, che potrebbe anche non essere del tutto consapevole, ma che porta l’opinione pubblica ad accostare la diversità alla bizzarria, e la bizzarria al pericolo tout court. Se poi a questi elementi si aggiunge la diffidenza verso lo straniero, ci sono tutti gli elementi per fare di una onesta denominazione il capro espiatorio ideale per le paure, i fastidi, le intolleranze del nostro Paese.
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