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Parole stonate
Questa è la storia di una di noi. C’era una volta un’artista famosa per la sua voce e il suo talento; un’artista dal passato tormentato, protagonista di un percorso umano e spirituale variegato e complicato, che un giorno ha trovato la risposta alle sue domande, e la soluzione ai suoi problemi, nella fede nel messaggio del vangelo. Come molti di noi, certo: ma, se è vero che siamo tutti uguali davanti a Dio, è altrettanto vero che le scelte di vita di un personaggio famoso fanno più rumore, nel bene e nel male.
Aveva cominciato bene il suo percorso: silenziosa, per molti addirittura troppo, teneva per sé, nella sfera più intima, la sua nuova fede, apprezzata in questo suo approccio da chi conosce la vacuità delle dichiarazioni a effetto, e criticata da chi avrebbe preferito sentir gridare ai quattro venti una “testimonianza” ancora giovane, debole, difficile da conservare in mezzo ai marosi di un ambiente ostile come il mondo dello spettacolo.
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Le responsabilità della libertà
Ormai era nell’aria e, nonostante le contestazioni dell’ultimo minuto e le manovre di qualche pio illuso, non poteva che finire così: il Sinodo valdese, riunito a Torre Pellice, ha votato sì al riconoscimento della benedizione per le coppie gay.
Una decisione che un gruppetto minoritario aveva tentato di evitare nelle ultime settimane, con un appello pubblico al Sinodo affinché ritrovasse la fedeltà alla secolare Confessione di fede valdese e, per quanto possa sembrare scontato, al vangelo, evitando decisioni destinate ad allontanare i valdesi dalle altre realtà evangeliche.
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Oltre i carboni ardenti
La vita di una celebrità è strana: a volte ci si prepara coscienziosamente per anni, si attraversano tutti i gradi del cursus honorum, dalla gavetta al nome in cartellone, e poi si finisce per venir ricordati per qualcosa di anomalo, talvolta perfino di poco attinente con la propria specializzazione.
I quotidiani, in questi giorni, ci ricordano che qualcosa di simile è successo a Mino Damato: giornalista, persona colta e di gran cuore, che i più ricordano per aver camminato sui carboni ardenti in una lontana edizione di Domenica In (quando Elisabetta Gardini non era un parlamentare della Repubblica, ma una giovane conduttrice televisiva).
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Uomini e profeti (nel deserto)
Sergio Romano, corsivista del Corriere della Sera e titolare della rubrica delle lettere, risponde oggi alla mail di un lettore: «In una conferenza stampa congiunta tra l’Alleanza evangelica italiana e i Radicali – segnala Matteo Clemente – sono state rese note le presenze sui telegiornali nazionali delle confessioni religiose nel periodo tra gennaio 2009 e aprile 2010. Tg1, Tg2 e Tg3 hanno dato più del 95% del tempo a esponenti cattolico-romani […] Sulle informazioni religiose tutti i tg senza eccezioni sfiorano il 100% a favore della sola religione cattolica. È un Paese democratico quello che imbavaglia l’informazione religiosa e non rende conto del pluralismo religioso?».
Romano risponde con la consueta pacatezza rilevando che simili dati «in un Paese pressoché interamente cattolico e sede della Chiesa romana mi paiono piuttosto prevedibili e scontati». «Le segnalo comunque – continua l’ex ambasciatore – che esiste una trasmissione molto ecumenica, intelligente, informata ed equilibrata. Si chiama “Uomini e profeti” e va in onda sul terzo canale di Radio Rai il sabato e la domenica mattina».
Testi universali
«Leggere tutto il Vangelo di Matteo è uno sforzo immane…»: a dirlo al Corriere è Lucilla Morlacchi, attrice teatrale, che per la quarta volta si cimenterà nella declamazione pubblica del testo, presso il Sacro Monte di Varese.
Nelle precedenti occasioni la lettura si era svolta in un contesto più formalmente ecclesiastico, mentre stavolta la Morlacchi ripeterà l’esperienza in uno scenario naturale, e lo farà senza remore: «Per me un luogo non sacro – confida – è il luogo ideale per leggere il Vangelo. Io non ho la fede cristiana, ma avvicinandomi da non credente arrivo a dire che è il testo più universale che ci sia, concentra tutti i sentimenti».
Le paure della Fifa
Riecco la Fifa inflessibile, severa, rigida ed equidistante. Ne sentivamo la necessità: in un mondo del calcio dove la furbata è all’ordine del giorno, dove i soldi portano a intrallazzi e malversazioni, dove i problemi dello sport si sommano a quelli della geopolitica, ecco che la Fifa riprende il suo ruolo di custode della pace e dell’ortodossia.
Sì, ne sentivamo il bisogno: faceva troppo male sapere che Blatter e soci avevano glissato con un sorriso sul caso Henry, su quel colpo di mano voluto e rivendicato, grazie al quale la Francia aveva segnato il gol decisivo per accedere alla fase finale della Coppa del mondo. L’Irlanda aveva rivendicato i suoi diritti, esponendo le sue ragioni e chiedendo giustizia: la ripetizione della partita o l’accesso ai Mondiali come 33.ma squadra.
Blatter, come sempre, aveva sfoderato il suo sorriso da politico promettendo di pensarci, e poi come sempre aveva detto che no, non si poteva fare: chi aveva avuto, aveva avuto; chi aveva dato, aveva dato. Così parlò la Fifa in quell’occasione, e la soluzione puzzava di opportunismo, o di interessi sporcati da principi diversi rispetto a quelli rivendicati – d’accordo, erano le Olimpiadi e non i Mondiali di calcio – da De Coubertain.
Quelle Porte aperte sul dramma
Una volta all’anno, il convegno di Porte Aperte fa bene.
Fa bene, perché è organizzato bene: abbastanza denso da dare informazioni precise sulla condizione dei cristiani perseguitati, ma sufficientemente leggero da permettere l’interazione tra i presenti (quest’anno a Rimini erano oltre trecento: meno dello scorso anno, ma comunque un numero ragguardevole in tempi di crisi) e la riflessione sul nostro ruolo di cristiani occidentali, privilegiati da una condizione di libertà e da diritti impensabili fuori dal nostro continente.
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La vita garbata di Raimondo Vianello
L’addio di un personaggio famoso porta con sé uno strascico di reazioni: dichiarazioni commosse, speciali televisivi, retrospettive e reminiscenze legate al suo impegno o alla sua carriera si susseguono per giorni, in misura direttamente proporzionale alla sua fama e alla sintonia con il pubblico.
La scomparsa di Raimondo Vianello non farà eccezione, ed è giusto così: un profluvio di parole e immagini ci racconterà di un personaggio diverso, di quelli che per stile e sobrietà si possono definire solamente come “d’altri tempi“.