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Da Bergamo a Baghdad
Fa impressione il confronto tra due notizie proposte in prima pagina su Repubblica di oggi. Da un lato il reportage di Bernardo Valli su Baghdad, dove le bombe continuano a essere un dramma quotidiano. A fianco, con toni simili, la notizia della protesta degli ultrà atalantini contro il ministro Maroni: quattrocento facinorosi hanno contestato la tessera del tifoso “con fumogeni, petardi e bombe carta”, tra auto date alle fiamme e agenti feriti.
Fa impressione pensare a dove possa arrivare l’essere umano. Da Bergamo a Baghdad, dai tifosi agli integralisti, la violenza viene ancora considerata un linguaggio adeguato a esprimere le proprie ragioni: politiche da un lato, ludiche dall’altro.
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Ventiquattr’ore prima
2 agosto 1980: alla stazione di Bologna esplode una valigia che contiene duecento chili di esplosivo. 85 i morti, centinaia i feriti che porteranno per sempre, nel corpo e nell’anima, i segni di quella drammatica esperienza.
Sono passati trent’anni da quel due agosto. Era sabato, e la stazione di Bologna – centro ferroviario nevralgico per il nostro Paese – pullulava di viaggiatori: turisti stranieri, emigranti pronti a trascorrere al paese le agognate ferie, famiglie dirette al mare, ragazzi alle prese con le loro prime esperienze vacanziere senza i genitori.
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