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L’anonimo di Adro

Spesso ciò che conta non è tanto il gesto, quanto le motivazioni. In molti hanno visto con scetticismo l’imprenditore che ha versato diecimila euro al comune di Adro pagando il servizio mensa al posto dei genitori morosi: sarà un riccone in cerca di fama, avrà pensato qualche malizioso, o un radical chic deciso a seppellire l’immagine delle autorità locali (e nazionali), surclassandoli sul fronte della solidarietà ed eclissando un “partito dell’amore” che, per ora, esiste solo nelle parole del suo fondatore.

E invece no: l’identikit del generoso benefattore è molto diverso da quello ipotizzato. A illuminare sul senso della sua azione e sulle sue ragioni è una lettera di due pagine che lo stesso personaggio ha recapitato in municipio: due pagine di sobrietà e di buonsenso, a partire dalla scelta di restare nell’anonimato, firmandosi semplicemente “un cittadino di Adro”. Uno come tanti, verrebbe da sperare, se fosse garanzia di impegno, generosità e basso profilo.

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Ai raggi "x"

Scrive Michele:

Ecco l’ultima di Google sulle mappe e l’interazione con i telefonini.
Questa applicazione permette di comunicare e condividere con chi si vuole, la propria posizione, utilizzando le antenne GPS che ci sono oramai su tutti i più moderni telefoni cellulari. L’applicazione potrebbe essere molto utile ad alcuni di noi… ma il mio personale dubbio è: “come posso sapere se l’applicazione lavora anche quando io
non le do esplicito consenso?”
In fin dei conti una volta che si installa un’applicazione, questa può fare – il più delle volte – quello che vuole senza chiedere troppi permessi, e a questo punto mi troverei ad essere tracciato negli spostamenti e monitorato da chi può essere interessato a farlo.

In realtà Latitude di Google fa anche di più: non ha bisogno dell’antenna gps per individuare un cellulare; può rintracciare il segnale elaborando i dati delle celle gsm a cui siamo connessi in quel momento.

È naturale che, di fronte a un servizio così “sensibile”, nasca qualche inquietudine sull’uso che Google, o chi per lui, potrà fare della nostra traccia elettronica. Google, ma non solo lui: basta aver seguito le cronache di queste settimane per porsi qualche domanda.

Primo esempio: la settimana scorsa, nella drammatica vicenda di Guidonia, gli investigatori sono risaliti ai colpevoli della violenza proprio perché questi hanno incautamente acceso il cellulare del fidanzato della vittima.

Secondo esempio: ieri i giornali raccontavano che il signor Genchi aveva (ha?) le schede di cinque milioni di utenze telefoniche, a scopi giudiziari; non vogliamo sapere quanti siano i numeri controllati da altri intercettatori in relazione ad altre inchieste, o a motivi di sicurezza più o meno fondati.

Di fronte a notizie simili, un servizio come Latitude fa appena sorridere.

Siamo già rintracciabili e rintracciati; le nostre telefonate sono ascoltabili e ascoltate, i nostri scambi di e-mail sono setacciabili e setacciati. Insomma, vivere fuori o dentro la casa del Grande fratello non fa molta differenza. Certo, è angosciante, ed è anche poco coerente che succeda in uno stato di diritto come il nostro; però, per ora, è così. E non da oggi.

Visto un tanto, c’è un unico modo per non avere paura: essere “irreprensibili e integri, figli di Dio senza macchia in mezzo a una generazione corrotta e perversa”.

Sia chiaro, la situazione non ci rallegra, come non ci rallegrerebbe una persecuzione. Ma ci viene da pensare che non tutto il male venga per nuocere.

Infatti, chissà che la consapevolezza di essere potenzialmente osservati, ascoltati, controllati sempre e ovunque non diventi per noi uno stimolo a “risplendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita”, vivendo quindi in maniera più piena e consapevole la nostra vocazione cristiana.

Ai raggi “x”

Scrive Michele:

Ecco l’ultima di Google sulle mappe e l’interazione con i telefonini.
Questa applicazione permette di comunicare e condividere con chi si vuole, la propria posizione, utilizzando le antenne GPS che ci sono oramai su tutti i più moderni telefoni cellulari. L’applicazione potrebbe essere molto utile ad alcuni di noi… ma il mio personale dubbio è: “come posso sapere se l’applicazione lavora anche quando io
non le do esplicito consenso?”
In fin dei conti una volta che si installa un’applicazione, questa può fare – il più delle volte – quello che vuole senza chiedere troppi permessi, e a questo punto mi troverei ad essere tracciato negli spostamenti e monitorato da chi può essere interessato a farlo.

In realtà Latitude di Google fa anche di più: non ha bisogno dell’antenna gps per individuare un cellulare; può rintracciare il segnale elaborando i dati delle celle gsm a cui siamo connessi in quel momento.

È naturale che, di fronte a un servizio così “sensibile”, nasca qualche inquietudine sull’uso che Google, o chi per lui, potrà fare della nostra traccia elettronica. Google, ma non solo lui: basta aver seguito le cronache di queste settimane per porsi qualche domanda.

Primo esempio: la settimana scorsa, nella drammatica vicenda di Guidonia, gli investigatori sono risaliti ai colpevoli della violenza proprio perché questi hanno incautamente acceso il cellulare del fidanzato della vittima.

Secondo esempio: ieri i giornali raccontavano che il signor Genchi aveva (ha?) le schede di cinque milioni di utenze telefoniche, a scopi giudiziari; non vogliamo sapere quanti siano i numeri controllati da altri intercettatori in relazione ad altre inchieste, o a motivi di sicurezza più o meno fondati.

Di fronte a notizie simili, un servizio come Latitude fa appena sorridere.

Siamo già rintracciabili e rintracciati; le nostre telefonate sono ascoltabili e ascoltate, i nostri scambi di e-mail sono setacciabili e setacciati. Insomma, vivere fuori o dentro la casa del Grande fratello non fa molta differenza. Certo, è angosciante, ed è anche poco coerente che succeda in uno stato di diritto come il nostro; però, per ora, è così. E non da oggi.

Visto un tanto, c’è un unico modo per non avere paura: essere “irreprensibili e integri, figli di Dio senza macchia in mezzo a una generazione corrotta e perversa”.

Sia chiaro, la situazione non ci rallegra, come non ci rallegrerebbe una persecuzione. Ma ci viene da pensare che non tutto il male venga per nuocere.

Infatti, chissà che la consapevolezza di essere potenzialmente osservati, ascoltati, controllati sempre e ovunque non diventi per noi uno stimolo a “risplendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita”, vivendo quindi in maniera più piena e consapevole la nostra vocazione cristiana.