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Le paure della Fifa
Riecco la Fifa inflessibile, severa, rigida ed equidistante. Ne sentivamo la necessità: in un mondo del calcio dove la furbata è all’ordine del giorno, dove i soldi portano a intrallazzi e malversazioni, dove i problemi dello sport si sommano a quelli della geopolitica, ecco che la Fifa riprende il suo ruolo di custode della pace e dell’ortodossia.
Sì, ne sentivamo il bisogno: faceva troppo male sapere che Blatter e soci avevano glissato con un sorriso sul caso Henry, su quel colpo di mano voluto e rivendicato, grazie al quale la Francia aveva segnato il gol decisivo per accedere alla fase finale della Coppa del mondo. L’Irlanda aveva rivendicato i suoi diritti, esponendo le sue ragioni e chiedendo giustizia: la ripetizione della partita o l’accesso ai Mondiali come 33.ma squadra.
Blatter, come sempre, aveva sfoderato il suo sorriso da politico promettendo di pensarci, e poi come sempre aveva detto che no, non si poteva fare: chi aveva avuto, aveva avuto; chi aveva dato, aveva dato. Così parlò la Fifa in quell’occasione, e la soluzione puzzava di opportunismo, o di interessi sporcati da principi diversi rispetto a quelli rivendicati – d’accordo, erano le Olimpiadi e non i Mondiali di calcio – da De Coubertain.
Uomo, l'ultima frontiera
Ci risiamo: i giornali oggi danno spazio ed evidenza a un annuncio (fanta)scientifico che arriva dall’Inghilterra, secondo il quale l’uomo starebbe per diventare inutile perfino ai fini della procreazione.
A quanto pare non ci è bastato. Per tre generazioni abbiamo tentato di stravolgere la società, e ci siamo ritrovati a rimpiangere quella che, a ragion veduta, era una formula efficace: da innovare, evidentemente, ma non da buttare.
Uomo, l’ultima frontiera
Ci risiamo: i giornali oggi danno spazio ed evidenza a un annuncio (fanta)scientifico che arriva dall’Inghilterra, secondo il quale l’uomo starebbe per diventare inutile perfino ai fini della procreazione.
A quanto pare non ci è bastato. Per tre generazioni abbiamo tentato di stravolgere la società, e ci siamo ritrovati a rimpiangere quella che, a ragion veduta, era una formula efficace: da innovare, evidentemente, ma non da buttare.
A contatto con la realtà
Duecento euro per i genitori modello: quelli che nutrono in maniera sana i loro pargoli, li vaccinano come si deve e li introducono al sano piacere della lettura. È la soluzione escogitata dal governo britannico per invertire la tendenza dopo l’infausta parentesi thatcheriana, che avrebbe rovinato un’intera generazione facendole smarrire nientemeno che la speranza.
Certo, da quando la Thatcher si è ritirata a vita privata sono passati quasi vent’anni, e dieci di questi li ha coperti il governo del predecessore di Brown stesso, ma si sa: quando un danno è fatto, mica è facile rimediare.
E così, bel belli, gli eroi laburisti – in piena crisi di consensi – si inventano un premio per i genitori. Niente di che, 200 euro all’anno, ossia 16 euro al mese: nemmeno quanto basta per la paghetta del pargolo. Che poi non si sa bene come verrà stabilito a chi assegnare il premio e a chi no: si valuterà il peso dei figli per verificare se siano stati nutriti bene? Si predisporrà un piccolo esame per vedere se leggono, quanto leggono, cosa leggono?
Qualcuno obietterà che la facile ironia è fuori luogo, perché questa decisione è un segno, il segno di un’attenzione ritrovata, di una strategia innovativa. Come quella che un paio di anni fa, con l’obiettivo di diminuire drasticamente le gravidanze delle adolescenti inglesi, finì per aumentarle: si era deciso di adottare sistemi illuminati, senza far leva su valori ridicoli come la moralità o concetti demodé come la fede. D’altronde in Gran Bretagna, oggi, sono più i musulmani dei cristiani praticanti, e questo la dice lunga sull’efficacia di considerare Dio come “uno dei tanti”.
Solo i nostalgici possono pensare che il passato fosse davvero migliore: regole, leggi e consuetudini venivano imposte talvolta senza logica, sempre senza elasticità, e la scarsa lungimiranza di una società arroccata a valori diventati semplici feticci ha portato a una inevitabile contestazione. Che però, una volta al potere, non è stata in grado di esprimere valori alternativi, e si è limitata a demolire la struttura per poi ricostruire qua e là senza una linea di fondo coerente, ignorando bellamente alcuni aspetti essenziali dell’esperienza umana.
Sì, perché l’uomo deve confrontarsi con un fastidio chiamato realtà. E attenzione, non si sta parlando di “normalità”, concetto ormai desueto più del buonsenso.
Parliamo di realtà. Una realtà che ci vede egoisti e tentati da ciò che è male. Questa realtà ci dice tra l’altro che non possiamo volare, vedere al buio, riprodurci senza un certo procedimento biologico. Ci dice anche che le strutture sociali hanno una loro logica: che va compresa e certamente innovata con il passare delle generazioni, ma senza dimenticare l’impianto di fondo, se non ci si vuole trovare a combattere contro l’essenza stessa della nostra umanità.
Rifiutare i cambiamenti per principio è anacronistico. Prendere decisioni senza tenere in considerazione la realtà, però, è folkloristico. Se la politica è una cosa seria, bisognerebbe tenerne conto.