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Il decennio senza prospettive

Cosa resterà di questo primo decennio di XXI secolo? Se lo chiede, con qualche tocco di lirismo, Vittorio Macioce sul Giornale.

Sembravano anni già visti, detti, profetizzati: «sono stati lì a scrivere, immaginare, sognare, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, viaggi nel tempo, teletrasporti, telelavori, cibernauti, argonauti, terre promesse, visitors e ufo robot. Poi il 2000 è arrivato e sono passati dieci anni. Non è che non è successo nulla, solo che il futuro, quando ci cammini sopra, non è questa cosa straordinaria».
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L'impegno che conta

Venerdì sera comincia il 25.mo convegno annuale di Porte Aperte, base italiana dell’organizzazione umanitaria internazionale Open Doors, da oltre cinquant’anni impegnata a favore dei cristiani perseguitati. Se ne parla sempre troppo poco. Non tanto del lavoro di Porte Aperte, quanto della chiesa perseguitata.

Parla chiaro la World watch list, che ogni anno denuncia la situazione dei cristiani nei vari paesi del mondo: lo fa in modo semplice, attraverso una mappa dove vengono segnalati i paesi dove la situazione per i cristiani è più critica.

Anche per il 2009 si trovano tristi conferme – al primo posto, ormai da anni, resta saldamente la Corea del Nord, seguita dall’Arabia Saudita – e altrettanto amare nuove entrate – la Somalia, passata dal 17.mo al quinto posto per la recrudescenza delle persecuzioni – che non fanno ben sperare.

Perfino un posto trendy e vacanziero come le Maldive è un paese dove chi diventa cristiano perde la cittadinanza e i propri diritti: lo sancisce la nuova costituzione, approvata da pochi mesi.

È sufficiente, di fronte a situazioni simiili, essere spirituali, assicurando la nostra preghiera? Oppure è necessario mettersi all’opera, e sostenere concretamente i nostri fratelli che chiedono aiuto?

Una domanda cui Giacomo, nella Bibbia, risponde in maniera quasi scandalizzata. Porte Aperte la pensa allo stesso modo, e con lei decine di migliaia di credenti che non vogliono rinchiudere la propria fede dentro le quattro mura della sala di culto.

Da più di mezzo secolo, se i cristiani perseguitati soffrono un po’ meno, è anche grazie all’impegno di questi credenti.

L’impegno che conta

Venerdì sera comincia il 25.mo convegno annuale di Porte Aperte, base italiana dell’organizzazione umanitaria internazionale Open Doors, da oltre cinquant’anni impegnata a favore dei cristiani perseguitati. Se ne parla sempre troppo poco. Non tanto del lavoro di Porte Aperte, quanto della chiesa perseguitata.

Parla chiaro la World watch list, che ogni anno denuncia la situazione dei cristiani nei vari paesi del mondo: lo fa in modo semplice, attraverso una mappa dove vengono segnalati i paesi dove la situazione per i cristiani è più critica.

Anche per il 2009 si trovano tristi conferme – al primo posto, ormai da anni, resta saldamente la Corea del Nord, seguita dall’Arabia Saudita – e altrettanto amare nuove entrate – la Somalia, passata dal 17.mo al quinto posto per la recrudescenza delle persecuzioni – che non fanno ben sperare.

Perfino un posto trendy e vacanziero come le Maldive è un paese dove chi diventa cristiano perde la cittadinanza e i propri diritti: lo sancisce la nuova costituzione, approvata da pochi mesi.

È sufficiente, di fronte a situazioni simiili, essere spirituali, assicurando la nostra preghiera? Oppure è necessario mettersi all’opera, e sostenere concretamente i nostri fratelli che chiedono aiuto?

Una domanda cui Giacomo, nella Bibbia, risponde in maniera quasi scandalizzata. Porte Aperte la pensa allo stesso modo, e con lei decine di migliaia di credenti che non vogliono rinchiudere la propria fede dentro le quattro mura della sala di culto.

Da più di mezzo secolo, se i cristiani perseguitati soffrono un po’ meno, è anche grazie all’impegno di questi credenti.