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Oltre i luoghi comuni
L’ultima Fiera internazionale del turismo, a Milano, oltre a vedere un record di partecipazioni (130 paesi presenti con un loro stand, che si aggiungono agli spazi riservati alle regioni italiane), ha posto l’attenzione su una interessante tendenza: in un’epoca di crisi di valori (economici e spirituali), il vacanziero sceglie il turismo religioso.
«I luoghi delle religioni – riflette il Giornale – saranno le nuove mete turistiche, gli “itinera” spirituali evolvono dalla tradizione alla modernità e coinvolgeranno, nei prossimi mesi, oltre 300 milioni di persone nel mondo», dando vita a un giro d’affari enorme: stando ai dati del Wto-World Tourism Organization, le “forme di turismo motivazionale fondate su valori” spostano 18 miliardi di dollari.
Povia, Eluana e gli altri
Non mi azzardo a dire che ha ragione: sul tema della morte, paradossalmente, non esiste una parola “fine”. Non possiamo dire se Eluana Englaro volesse davvero morire o se stesse lottando per vivere, se le sue condizioni cerebrali fossero irrecuperabili o meno, se la sua situazione sarebbe stata considerata irreversibile anche tra un mese, un anno, cinque anni.
Di certo facendo di lei una bandiera, la si è esposta a una discussione – e a un’umiliazione – che non avremmo mai voluto per nostra sorella o nostra figlia.
Quando la vita sfugge
Esperienza da brividi per un giovane operaio turco: sul posto di lavoro è stato investito da un autoarticolato, a sua volta travolto da un treno in corsa.
L’uomo è sopravvissuto all’esperienza, facendo gridare al miracolo la laica Turchia.
«La vita veramente bella – ha dichiarato l’operaio -. Il valore che ha non lo sai finché non provi qualcosa di simile».
A volte ci lamentiamo per le nostre disgrazie e le sventure quotidiane. Ci infastidiamo di fronte alle fatalità che ci complicano la vita, liquidiamo le vicende sgradevoli alla voce “sfortuna”. Nel nostro ostinato desiderio di chiudere il capitolo per aprirne uno più sereno ci dimentichiamo di riflettere, e di dare al nostro vissuto un significato, trovando un perché a quello che influisce sulla nostra vita in maniera non sempre piacevole.
Più di qualcuno, probabilmente, di fronte a una storia come questa si sarebbe affrettato a sfruttare l’onda lunga della popolarità, accettando di buon grado di entrare nel serraglio di fenomeni da baraccone che la televisione ammannisce quotidianamente a piene mani.
L’operaio turco, invece, ha raggiunto una consapevolezza poco trendy e per niente in linea con la superficialità dei nostri giorni: ha riscoperto una verità che richiede troppo impegno, e che per questo preferiamo dimenticare. Il valore positivo della vita, il semplice fatto di esserci ancora, va riscoperto quotidianamente e annaffiato con la gratitudine per Colui che ci ha concesso il privilegio di un altro giorno.
Tra i progetti per il futuro dell’operaio turco c’è quello di sposare la sua fidanzata. «Non voglio perdere altro tempo», ha dichiarato.
Probabilmente qualcuno la considererà un’altra banalità. Il valore del tempo assume un significato pregnante quando ci rendiamo conto di avere un obiettivo da raggiungere. Oppure dopo aver scoperto quanto sia facile vedersi sottrarre il proprio futuro.
Fino a quel momento è solo un annoiato giro di lancette.
Spesso ci stupiamo per il destino di chi, sopravvissuto a morte certa, viene a mancare dopo breve tempo per un secondo incidente. Ci angoscia l’anomalia di una statistica non rispettata, che – implicitamente – fa sentire anche noi meno sicuri del nostro futuro.
Forse per rasserenarci dovremmo fare come quell’operaio turco: fermarci a ripensare alla nostra vita riscoprendo il suo significato più profondo. E, una volta raggiunta una conclusione onesta e convincente, ripartire.
Ripartire in fretta e con intensità: non c’è tempo per annoiarsi, malignare, recriminare. Il tempo da perdere è davvero poco.