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La solitudine dell’uomo telematico
A leggere il titolo di Repubblica, pare che sia arrivata l’apocalisse della rete: «Facebook sotto assedio: “Cancelliamoci tutti”».
Al centro delle polemiche c’è il sito più cliccato della rete, dove 400 milioni di internauti hanno creato una propria scheda e interagiscono con amici (veri, presunti o fittizi) raccontando senza riserve gusti, passioni, idee: un catalogo di vizi (molti) e virtù (poche) che ha fatto rabbrividire i garanti della privacy a ogni latitudine.
Uomo, l'ultima frontiera
Ci risiamo: i giornali oggi danno spazio ed evidenza a un annuncio (fanta)scientifico che arriva dall’Inghilterra, secondo il quale l’uomo starebbe per diventare inutile perfino ai fini della procreazione.
A quanto pare non ci è bastato. Per tre generazioni abbiamo tentato di stravolgere la società, e ci siamo ritrovati a rimpiangere quella che, a ragion veduta, era una formula efficace: da innovare, evidentemente, ma non da buttare.
Uomo, l’ultima frontiera
Ci risiamo: i giornali oggi danno spazio ed evidenza a un annuncio (fanta)scientifico che arriva dall’Inghilterra, secondo il quale l’uomo starebbe per diventare inutile perfino ai fini della procreazione.
A quanto pare non ci è bastato. Per tre generazioni abbiamo tentato di stravolgere la società, e ci siamo ritrovati a rimpiangere quella che, a ragion veduta, era una formula efficace: da innovare, evidentemente, ma non da buttare.
Grammatica e pratica
Sono giovanissimi, educati, vestiti sobriamente, con l’aria da bravi ragazzi. Li si riconosce da lontano: pantaloni scuri, camicia chiara, capelli corti, zaino nero, aria da americano yes-we-can. E, a distinguerli, un cartellino appuntato sul petto con nome, cognome e carica.
Sono i missionari mormoni, che vediamo girare nelle nostre città e, con garbo, avvicinarsi per raccontarci della loro fede e della loro dottrina. Non sempre, a dire il vero, sanno affrontare al meglio il contesto culturale italiano, ma ci provano sempre, con le armi che la scuola biblica ha dato loro e, quando non basta, con una dose di impegno pratico che va dai corsi d’inglese alle ripetizioni per studenti.
Qualcuno, forse, si sarà chiesto che fine facciano questi ragazzi una volta tornati in patria: anche se i mormoni sono una realtà numerosa, sarebbero comunque troppi per impegnarsi come responsabili di chiesa.
E allora? Il mistero è stato svelato sabato in un servizio sulla Stampa: «In gioventù i mormoni hanno l’obbligo di servire per almeno 24 mesi nelle missioni in giro per il mondo», un’esperienza che consente loro di imparare e raffinare le strategie comunicative fino a diventare ottimi venditori.
La Pinnacle Security, racconta il quotidiano, ha successo grazie a «prodotti competitivi, ma anche a una straordinaria rete di vendita diffusa su tutto il territorio americano e gestita sovente da ex missionari che mettono le esperienze maturate con la fede al servizio del business».
«È una missione trasformata in lavoro», spiega uno degli ex missionari che «come molti dei suoi colleghi si è fatto le ossa professando il suo credo, parla tre lingue, e ha sviluppato una capacità di convincimento degna del più abile negoziatore… Durante le missioni si apprendono vere e proprie tecniche di comunicazione» e «alcuni fondamenti validi in ogni situazione».
L’esempio mormone è una lezione utile.
Non sono in pochi a essere convinti che bastino la teoria e la conoscenza biblica per raggiungere le persone con il messaggio di speranza del vangelo. Hanno le loro risposte preconfezionate, che prescindono dalle possibili domande dell’interlocutore, e che si rifanno sempre agli stessi temi, alle stesse citazioni bibliche, e perfino allo stesso linguaggio. Un monologo dai toni passatisti che, comprensibilmente, non coinvolge troppo la controparte, e talvolta perfino la irrita.
Se provate a obiettare a questi evangelisti retrò che sarebbe opportuno adattarsi al contesto in cui vivono, risponderanno che “il messaggio del vangelo non cambia”. Questo, nella loro prospettiva, li autorizza a usare lo stesso linguaggio aulico di Luzzi, e talvolta perfino gli arcaismi di Diodati.
Ma solo quando parlano di Dio, ovviamente. Non certo al supermercato, in ufficio, a casa. Il tono formale scatta solo in certe specifiche occasioni.
Per il resto, curiosamente, quelle stesse persone non disdegnano di impegnarsi a usare i termini più corretti per rendere interessante un annuncio sul giornale, o di usare la formula più efficace per convincere l’assemblea condominiale.
A quanto pare solo quel vangelo che sta tanto a cuore non può giovarsi di questo privilegio: il privilegio della comprensibilità.
E dire che la società avrebbe bisogno di una risposta e, in fondo, sta solo cercando qualcuno che gliela sappia presentare in maniera comprensibile. I mormoni, nel loro piccolo, qualcosa hanno capito.
In mezzo al dramma
«Mai come in questo momento ho sentito che il Signore esiste»: sono le parole di una donna estratta viva dalle macerie all’Aquila dopo ore di angoscia.
«Sono stata salvata dai miei vicini, di cui prima di ieri non conoscevo nemmeno il nome»: la testimonianza di una donna che, a sua volta, si è salvata grazie all’intervento di quegli illustri conosciuti che vivono a pochi metri da noi, ma cui riserviamo a malapena un saluto all’ingresso, se proprio capita di incrociarli.
Sono due tra le tante esperienze raccontate in questi giorni dagli inviati di giornali, radio, televisioni nazionali spediti nelle zone dove il terremoto ha picchiato con maggiore violenza.
Racconti toccanti e immagini che, senza commento, parlano ancora più forte: gli sguardi attoniti di chi ha perso tutto e non riesce a capacitarsene, i pianti sommessi degli anziani che hanno perso la loro appartenenza, le parole angosciate di chi, coperto da una coperta e relegato in un campo di fortuna, implora “non ci abbandonate“.
Un dramma come un terremoto non si riassorbe in tempi brevi e, di fronte a un simile dolore, sarebbe mera speculazione e mancanza di rispetto banalizzare la vicenda cercandovi per forza un lato positivo.
Eppure, in mezzo al dramma, qualcosa di positivo c’è stato.
Nel dramma improvviso di un pericolo mortale, il bene di una solidarietà che avevamo dimenticato.
Nel dramma angosciante di un futuro quantomai incerto, l’abbraccio concreto di milioni di italiani (e non solo).
Nel dramma disperato di un lutto inspiegabile, la consolazione di una fede quasi dimenticata, che emerge dal profondo, passando attraverso le spaccature di una vita finora troppo granitica e intensa per concedere spazio alla spiritualità.
Non sarà facile, certo, riprendere a vivere dopo tutto questo. Sarà lento e faticoso, talvolta perfino doloroso. Né esiste un percorso più breve per superare il trauma.
Solo quei valori, piccoli barbagli di luce riscoperti in mezzo al dramma, potranno dare la speranza, la serenità, la forza capaci di rendere tutto un po’ più facile a chi saprà farne tesoro.
Bulimia spirituale
Lug 13
Pubblicato da pj
Scrive Repubblica che, in base a una ricerca di Visual Networking Index realizzata da CiscoSystems, «La giornata online dura 36 ore»: infatti “calcolando le operazioni compiute simultaneamente, il tempo della Rete risulta più lungo di quello reale”.
Eccoci qua: i nostri genitori si lamentavano che una giornata avesse solo 24 ore, i loro figli hanno ovviato all’inconveniente (anche se un giorno dovranno spiegarci perché la natura debba essere vista sempre come una inevitabile limitazione, anziché come un contesto adeguato in cui vivere).
La tecnologia moltiplica le opportunità, dilata la giornata, aggiunge tempo al tempo. Tempo virtuale, beninteso, non reale: ma sarà sorprendente, per chi ha vissuto qualche anno della sua vita nell’era pre-computer, fermarsi a riflettere su quanto sia cambiato il nostro modo di vivere.
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