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L’amore alla prova del fuoco
Il Dove World Outreach Center di Gainesville, in Florida – che nel sito ufficiale si definisce “una Chiesa neotestamentaria basata sulla Bibbia, la Parola di Dio” -, per ricordare l’11 settembre lancia la giornata internazionale “Brucia una copia del Corano”: «l’11 settembre – spiegano su Facebook -, dalle 18 alle 21, bruceremo il Corano in ricordo delle vittime e per opporci pubblicamente alla malvagità dell’islam. L’islam è diabolico!».
Nella pagina (che ha ottenuto l’apprezzamento di oltre cinquemila persone) si registra un serrato confronto tra sostenitori e detrattori dell’iniziativa (sono questi ultimi, a onor del vero, a proporre gli interventi più arguti), e da qui a settembre probabilmente i toni si accenderanno ulteriormente (che poi, forse, è l’obiettivo cui mirano gli organizzatori dell’iniziativa).
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Le paure della Fifa
Riecco la Fifa inflessibile, severa, rigida ed equidistante. Ne sentivamo la necessità: in un mondo del calcio dove la furbata è all’ordine del giorno, dove i soldi portano a intrallazzi e malversazioni, dove i problemi dello sport si sommano a quelli della geopolitica, ecco che la Fifa riprende il suo ruolo di custode della pace e dell’ortodossia.
Sì, ne sentivamo il bisogno: faceva troppo male sapere che Blatter e soci avevano glissato con un sorriso sul caso Henry, su quel colpo di mano voluto e rivendicato, grazie al quale la Francia aveva segnato il gol decisivo per accedere alla fase finale della Coppa del mondo. L’Irlanda aveva rivendicato i suoi diritti, esponendo le sue ragioni e chiedendo giustizia: la ripetizione della partita o l’accesso ai Mondiali come 33.ma squadra.
Blatter, come sempre, aveva sfoderato il suo sorriso da politico promettendo di pensarci, e poi come sempre aveva detto che no, non si poteva fare: chi aveva avuto, aveva avuto; chi aveva dato, aveva dato. Così parlò la Fifa in quell’occasione, e la soluzione puzzava di opportunismo, o di interessi sporcati da principi diversi rispetto a quelli rivendicati – d’accordo, erano le Olimpiadi e non i Mondiali di calcio – da De Coubertain.
Quelle Porte aperte sul dramma
Una volta all’anno, il convegno di Porte Aperte fa bene.
Fa bene, perché è organizzato bene: abbastanza denso da dare informazioni precise sulla condizione dei cristiani perseguitati, ma sufficientemente leggero da permettere l’interazione tra i presenti (quest’anno a Rimini erano oltre trecento: meno dello scorso anno, ma comunque un numero ragguardevole in tempi di crisi) e la riflessione sul nostro ruolo di cristiani occidentali, privilegiati da una condizione di libertà e da diritti impensabili fuori dal nostro continente.
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Amore in corso
Parlare di “Partito dell’amore”, come fa oggi il Corriere richiamando le parole di Berlusconi, fa tornare in mente un’esperienza piuttosto bizzarra – e ininfluente – di quasi vent’anni fa, segno che la memoria di politici e notisti non è poi così esercitata.
Se il nome non è nuovo, lo è la proposta di abbassare i toni, che per una volta arriva da un leader politico e non dal Presidente della Repubblica.
Contrappasso natalizio
Se esistesse un premio per il comportamento più laico dell’anno, la scuola elementare Manzoni di Cremona avrebbe buone chance di vincerlo: da diversi anni ha sostituito i festeggiamenti dell’aborrito natale con una più asettica “festa delle luci”, una celebrazione neutrale «per non urtare le altre culture».
Per carità, nessuno dica agli illuminati (mai termine fu più calzante) insegnanti che la definizione scelta non è proprio così equidistante: la “festa delle luci”, nota anche come hannukka, è da secoli una celebrazione ebraica che, guarda il caso, si celebra proprio in questi giorni.
Consigli di lettura – 9
Turismo, musica, società, strategie belliche, teologia tra i consigli di lettura di questa settimana.
Si comincia con “In viaggio con Lutero” (Claudiana) di Reinhard Dithmar. Sono numerosi ogni anno i protestanti che si recano in visita ai luoghi della Riforma: a disposizione hanno ovviamente i manuali di storia e le classiche guide turistiche. Mancava, in italiano, un volume che raccogliesse le informazioni utili per un viaggio sulle tracce di Lutero: ci ha pensato la chiesa luterana in Italia che ha pubblicato, in collaborazione con la casa editrice Claudiana, “In viaggio con Lutero”, testo di Reinhard Dithmar, studioso di teologia, germanistica, filosofia, pedagogia e professore di letteratura.
Nel volumetto, comodo come una guida turistica, vengono presentati fatti storici, dettagli, curiosità sulle località della Turingia e della Sassonia dove visse Lutero.
Una lettura interessante da fare sul campo, ma anche comodamente a casa, per scoprire qualcosa di più su Lutero rispetto a quello che racconta un manuale di storia, senza limitarsi ai dettagli di una comune guida turistica.
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Passando alla musica, nell’estate di vent’anni fa moriva uno dei più grandi direttori d’orchestra del Novecento, Herbert von Karajan. Un genio della bacchetta e allo stesso tempo un personaggio di cui si è parlato molto, ma sul quale mancava una voce “preferenziale”: quella della seconda moglie, Eliette.
Una lacuna colmata da una biografia: “La mia vita al suo fianco”, edito da Giunti, scritto proprio da Eliette Von Karajan l’anno scorso, nel centenario della nascita del direttore.
Si tratta, in realtà, di un’autobiografia della signora Karajan, ma inevitabilmente si trasforma nel racconto della persona cui è stata accanto per oltre trent’anni: trent’anni al fianco di un personaggio pubblico che la signora von Karajan racconta indugiando tra viaggi e “prime”, cerimonie e mondanità, ma rivelando anche il Karajan che poteva conoscere solo lei, privato, umano. Un Karajan che, nel racconto della moglie, piace ritrovare, a tanti anni dall’addio.
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Parlando di vita, non si può non incappare anche nella morte. E la morte è un tema che non si affronta mai molto volentieri. Stefano Lorenzetto, giornalista di lungo corso e ampia sensibilità, le ha dedicato un intero libro: si intitola “Vita morte miracoli. Dialoghi sui temi ultimi”, edito da Marsilio.
Con la consueta formula delle interviste a tema, già sviluppata tra gli altri nel suo precedente e piacevole “Italiani per bene”, Lorenzetto dialoga con una ventina di personaggi sconosciuti ai più, ma con una storia che vale la pena di essere raccontata: c’è l’oncologo affetto da sclerosi che sa quale sarà il suo destino, ma non si rassegna e si presenta ogni giorno a curare i suoi pazienti; c’è il geriatra che accudisce i pazienti in stato vegetativo permanente (e ha visto qualcuno di loro risvegliarsi); ci sono persone comuni colpite da quelle che comunemente chiamiamo “disgrazie”, ma che hanno saputo trovare una nuova speranza o una nuova prospettiva grazie alla fede.
Non tutti i casi proposti sono “da manuale” o del tutto condivisibili, ma il quadro generale che Lorenzetto offre è – come sempre – chiaro e sobrio; il tono è delicato, ma capace di impennarsi e anche di mordere quando cita fatti di cronaca che negano il valore di quella vita la cui importanza viene ribadita, intervista dopo intervista, insieme agli interlocutori.
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Veniamo alla strategia. Sono passati sei anni dalla caduta di Saddam Hussein, ma – come tutti possiamo constatare – al di là del trionfo militare americano, a tutt’oggi la battaglia non è stata vinta del tutto.
Si è trattato – e si tratta – di una guerra diversa da quelle del passato, e proprio per questo richiede – e avrebbe richiesto – un approccio diverso.
A rileggere oggi, a distanza di sei anni dall’uscita, il libro del generale Wesley Clark, “Vincere le guerre moderne. Iraq, terrorismo e l’impero americano” (edito da Bompiani), si può restare sorpresi. Clark, eroe di guerra in Vietnam, è stato comandante supremo delle forze alleate in Europa dal 1997 al 2000, direttore del dipartimento piani strategici del Pentagono e a capo della delegazione per gli accordi di pace nei Balcani a Daytona. Insomma, è uno che conosce l’argomento militare e diplomatico.
Nel libro, Clark presenta la sua posizione critica sulle scelte effettuate dall’amministrazione Bush in relazione alla guerra in Iraq; racconta i retroscena e ventila le “reali motivazioni” della strategia americana. Una posizione, quella di Clark, probabilmente non del tutto disinteressata, visto il suo tentativo di avviare una carriera politica con la candidatura alla presidenza USA nelle file dei democratici nel 2004 (finita con un nulla di fatto); tuttavia, vista la sua esperienza, non si può non prendere in considerazione le sue osservazioni.
Nel volume, dopo una disamina della situazione, Clark offre anche qualche spunto per una soluzione, e qualche consiglio per il futuro: in primis il fatto che nelle “guerre moderne” i terroristi vanno sconfitti “dall’interno” con un puntuale lavoro di intelligence, e non sul campo.
Naturalmente le tesi di Clark non sono state prese in considerazione da Bush nel corso del suo secondo mandato. Ma, nell’era obamiana, e di fronte a una situazione in Iraq ancora critica, chissà che le idee del generale non abbiano maggiore fortuna.
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Chiudiamo con uno spunto di lettura teologico.
La predestinazione è un tema su cui, nel corso dei secoli, la chiesa cristiana si è interrogata a lungo. La salvezza si realizza, si attua o si accetta come un dono?
In base alla risposta sono nati movimenti, sono scoppiate dispute, si sono consumate divisioni, probabilmente più che per qualsiasi altro tema dottrinale.
Giorgio Tourn, pastore e già presidente della Società di studi valdesi, ha toccato il delicato argomento con un libro pubblicato da Claudiana. Si intitola semplicemente “La predestinazione nella Bibbia e nella storia”, e si propone di fare il punto in maniera chiara e senza spirito di parte sulla questione.
Tourn parte ovviamente dalla Bibbia e dalla temperie culturale in cui il problema si è posto per la prima volta; analizza il modo di affrontare la predestinazione dei cristiani nell’età apostolica, gli sviluppi nella teologia cristiana (dai padri alla scolastica). Numerosi capitoli sono dedicati, ovviamente, alla posizione assunta nel tempo dalle correnti evangeliche (dalla Riforma alla Ginevra di Calvino, dal Calvinismo al protestantesimo moderno).
Affronta, infine, la dottrina della predestinazione analizzandola in chiave teologica, fino a concludere considerando la necessità di “reinventare” un tema che oggi, dopo secoli di dispute, è paradossalmente fin troppo trascurato.