Archivi Blog
Fiducia mal riposta
«Fatevi amici con le ricchezze ingiuste»: chissà se la direttrice di banca di Bornheim, che tanto fa discutere in questi giorni la Germania, nel compiere le sue operazioni da Robin Hood ha mai pensato alla celebre affermazione di Gesù. Sta di fatto che ha seguito alla lettera l’indicazione, e in preda a un impulso di pietà ha concesso fidi e crediti bancari a persone che non rispondevano agli standard richiesti.
Attraverso un abile gioco delle tre carte, rivisto in versione bancaria, riempiva i conti vuoti attingendo da quelli più fortunati, e in questo modo è riuscita a sfuggire ai periodici controlli che la banca – non va dimenticato che stiamo parlando della Germania – effettuava.
La giusta cornice
Capita, ogni tanto, di registrare un programma sbagliato. In questo caso, al posto di un telefilm, un programma di approfondimento. Capita di dargli un’occhiata, prima di cancellarlo, e di trovarci un servizio che non si sarebbe voluto vedere, se non riguardasse una vicenda vera.
Si parla di Africa e di stregoneria. Si parla di bambini lasciati alla mercè di stregoni: considerati per qualche motivo specioso portatori di maledizioni di ogni genere, molte famiglie affidano a persone di dubbia serietà uno dei figli, nella speranza che serva a liberare la famiglia dal malocchio.
Leggi il resto di questa voce
Un Cuore da bollino rosso
Sadico: l’hanno definito sadico. «In un saggio di prossima pubblicazione – scrive il Corriere – due specialisti, Pino Boero e Giovanni Genovesi, sostengono che Cuore non sia “adatto per i ragazzi”… La lettura di Cuore è sconsigliata per il carattere “lacrimevole”, talvolta “truculento”, spesso “sadico”».
Del libro Cuore, nel nostro piccolo, avevamo già parlato. A quanto pare, però, non eravamo informati sui fatti.
Leggi il resto di questa voce
Preghiere pericolose
«Un’infermiera del Somerset (Inghilterra) rischia il licenziamento per essersi offerta di pregare per una paziente. Caroline Petrie è stata sospesa dal servizio per aver offerto sostegno cristiano durante una visita a casa ad una donna anziana».
Le notizie che arrivano dalla Gran Bretagna, sono sempre istruttive.
Riassunto delle puntate precedenti: nella patria del diritto e della libertà non è possibile festeggiare una ricorrenza che abbia un sentore religioso; è vietato indossare un oggetto configurabile come cristiano; è proibito pregare per chi ci sta vicino.
Come se non bastasse, ora è censurabile addirittura chiedere a un proprio paziente se apprezzerebbe la nostra preghiera nei suoi confronti.
L’infermiera faceva proprio questo: si limitava a chiedere ai suoi pazienti se volessero ricevere una preghiera. Si tratta di un gesto che, in un paese civile, verrebbe considerato pietoso e gentile, se non addirittura umano.
Chi soffre, di solito, sente il bisogno di dare un senso al suo dolore, cerca di comprendere la sua condizione, si interroga sulla vita e – talvolta – sulla morte. Una parola gentile che scaturisce da una fede serena può dare più sollievo di un farmaco.
Interessante notare anche che – stando al Corriere – l’infermiera correttamente non imponeva la preghiera, e si asteneva perfino dal proporla a coloro che riteneva potessero venir turbati da una simile offerta: e infatti a segnalare il caso è stata una anziana signora che, ironia della sorte, si definisce cristiana, e che ha riferito il fatto a un’altra infermiera, a quanto pare pronta a riferire alla direzione l’increscioso incidente.
Tant’è: l’infermiera è stata sospesa per aver voluto andare oltre, aiutare in ogni modo a lei possibile i malati che le erano stati affidati, certa che la malattia non sia solo un accidente fisico, ma (difficilmente si potrà sostenere il contrario) rattristi anche lo spirito.
Apprendiamo quindi che, in un paese laico e libero, l’infermiera deve limitarsi a fasciare le piaghe e tacere. Curioso, decisamente. Ci avevano raccontato che per certe professioni è necessaria una vocazione, specialmente quando si tratta di sopportare il peso di un contatto quotidiano con la sofferenza del prossimo: per questo ci eravamo illusi che la solidità spirituale potesse essere un valore aggiunto per chi opera in settori delicati come la sanità.
E invece no. Scopriamo che il medico, asettico nel suo camice bianco, deve limitarsi a guardarci come guarderebbe una cavia da laboratorio, considerando la nostra patologia come una semplice sfida e la nostra persona come un banale ammasso di reazioni fisiochimiche. Non dovrebbe proferire parola, perché potrebbe urtare la sensibilità del paziente; non dovrebbe accennare un sorriso, perché potrebbe offendere il credo di chi vede la malattia come un dono; non dovrebbe elargire rassicurazioni, perché potrebbe turbare la fede del paziente fatalista.
Un paese con un sistema sanitario come questo sarà sicuramente un paese laico. Ma, francamente, non lo definiremmo un paese libero.
Cento punti senza stile
A volte l’agonismo fa brutti scherzi. Ne sanno qualcosa le cestiste della Covenant School di Dallas, scuola superiore con una squadra femminile di basket insaziabile: nell’ultima partita hanno probabilmente battuto un record, vincendo con un tondo 100 a zero contro la compagine della Dallas Academy.
Certo, deve trattarsi di una squadra-materasso al limite del patologico, considerando che non vince una partita da quattro anni. Eppure a tutto c’è un limite, e la scuola delle vincitrici ha ritenuto opportuno inviare una mail alla scuola sconfitta porgendo nientemeno che le proprie scuse per l’umiliazione. «È vergognoso che questo sia successo. Questo, chiaramente, non riflette l’atteggiamento cristiano e onorevole di una competizione», ha scritto il preside.
Un gesto d’altri tempi, gentile, generoso e formativo: insegna che ricercare l’eccellenza è importante, ma che prima dei risultati vengono sempre e comunque le persone.
Di diverso avviso l’allenatore vincente, che non ha voluto saperne di scusarsi, e anzi ha giustificato le sue ragazze per la sonora sconfitta inflitta alle avversarie: «Non sono d’accordo sul fatto che le ragazze della squadra di pallacanestro di Covenant School debbano sentirsi imbarazzate», e ha ribadito le sue ragioni parlando di una «vittoria ampia» ottenuta «con onore e integrità».
Come dire: se abbiamo vinto è per merito nostro e demerito degli avversari. Sul campo non si fanno prigionieri e non esiste pietà: chi ha, dà; chi non ha, subisce.
Povera Dallas Academy, che si è trovata di fronte una squadra così motivata, guidata da un allenatore tanto agguerrito. Cento punti subiti, nemmeno uno segnato.
La scuola ospita studenti con problemi di apprendimento, e l’allenatore è più un amico che un coach: «Le mie ragazze non si sono mai rassegnate – ha detto al Dallas News -, hanno giocato con tutta l’intensità possibile fino all’ultimo secondo. Ci hanno messo tutto il loro cuore sul 70 a zero, sull’80 a zero, sul 100 a zero. Sono davvero orgoglioso di loro. È questo che ho detto loro alla fine della partita».
Insomma: nonostante i risultati diano un’immagine diversa, il suo mestiere di allenatore lo svolge bene.
Proprio come il suo antagonista, il vincente senza riguardi, il Mourinho della situazione: solo che lui, l’allenatore dei cento punti, ha sbagliato parquet, e di certo si troverebbe meglio nel campionato NBA, anziché sulla panchina una squadretta scolastica.
Chissà quanto gli rode doversi occupare di cinque ragazzette, proprio lui, con il suo talento e la sua filosofia battagliera.
Immaginiamo qindi che sarà stato contento nello scoprire che il suo trasloco è stato facilitato: dopo il rifiuto a porgere le scuse a nome suo e della squadra, è stato esonerato senza troppi complimenti.
Niente da dire: se è vero che una squadra vincente non si cambia e che chi vince ha sempre ragione, la scelta di mandarlo a casa è stato un bell’esempio di coerenza da parte della scuola, che con questo gesto esplica nel modo migliore la sua estrazione cristiana: privarsi di un coach di talento non è mai facile; farlo volontariamente per tener fede a un principio è ancora più ammirevole.