Archivi Blog
Distributori di illusioni
Ha ragione chi dice che il distributore automatico di profilattici non è la soluzione ai problemi dei giovani. Semmai una pezza che però, come spesso capita in questi casi, rischia di venir vista come un incoraggiamento verso una condotta che, si vuole far credere, è comune alla stragrande maggioranza dei giovani e quindi – per un sillogismo bacato – è automaticamente “giusta” per i tempi in cui viviamo.
Sbaglia, dunque, chi incoraggia la libertà di costumi: basterebbe uno sguardo responsabile sulle statistiche per farsene un’idea. O, magari, basterebbe guardare in faccia questi giovani che crescono troppo in fretta perdendosi il meglio dell’infanzia, dell’adolescenza e – temiamo – dell’età adulta.
L’incubo del limite
Due notizie. Raccontano storie molto diverse, sono riferite da quotidiani diversi, risultano ambientate in località diverse, eppure sembrano collegate tra loro da un comune denominatore.
La prima vicenda si svolge nelle aule del tribunale di Salerno, dove un giudice ha stabilito con una sentenza la liceità della «diagnosi genetica pre-impianto e all’accesso alle tecniche di fecondazione assistita nei confronti di una coppia fertile, portatrice di una grave malattia ereditaria».
Assenze ingiustificate
«Introdurre nelle scuole italiane, pubbliche e private, un’ora di religione islamica, facoltativa e alternativa a quella cattolica»: venerdì scorso in Veneto il sottosegretario Adolfo Urso ha spiazzato tutti con una proposta sorprendente che, c’era da aspettarselo, è diventata il tormentone del fine settimana.
La proposta nasce con un obiettivo ragionevole: «evitare di lasciare i piccoli musulmani “nei ghetti delle madrasse e delle scuole islamiche integraliste”», arrivando a un insegnamento moderato, impartito nelle scuole pubbliche da insegnanti “riconosciuti”.
Leggi il resto di questa voce
Soluzioni trascurate
Si chiama papilloma ma, dietro al nome rassicurante, si nasconde un virus. Si tratta di una infezione che causa il tumore al collo dell’utero. Per prevenire la malattia in Gran Bretagna è stata stabilita la vaccinazione semi-obbligatoria (“fortemente raccomandata”) di tutte le ragazze tra i 12 e i 15 anni, che viene somministrata direttamente a scuola.
Proprio in seguito a questa azione di profilassi, però, una ragazza di 14 anni ha perso la vita. Si tratta del primo caso, causato forse da “una reazione rara al vaccino”, o a “qualche condizione medica preesistente”.
Obiezione, vostro onore
Scrive La Stampa che «Vendere on-line semi di cannabis e materiale per la coltivazione della canapa indiana non istiga all’uso illecito delle droghe, anzi è un’attività protetta dall’articolo 21 della Costituzione per il quale “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E così la Corte d’Appello di Firenze, rende noto l’associazione dei consumatori Aduc, ha annullato la sentenza di primo grado con cui era stato condannato il gestore di un negozio on-line di semi di cannabis e materiale per la coltivazione come fertilizzanti e bilancini».
Il ragionamento della Corte d’Appello di Firenze è chiaro: vendere semi di canapa è come vendere un coltello da cucina. Peccato che le opportunità di uso pacifico di un coltello da cucina siano numerose, mentre i semi di canapa riportino alla mente – noi, maliziosi – sempre a un uso specifico, che non è propriamente quello terapeutico.
Il sottosegretario Giovanardi si dice “allibito” per la sentenza, che peraltro vanifica un ampio impegno sul fronte della prevenzione e della lotta alle sostanze stupefacenti messo in atto in questi ultimi mesi.
I giudici sono un’autorità, e alle autorità il cristiano è chiamato a sottomettersi; di conseguenza le sentenze vanno rispettate anche quando non piacciono.
Con tutto il rispetto dovuto, quindi, ci permettiamo solo tre innocue obiezioni, lo facciamo perché siamo preoccupati.
L’interpretazione letterale, farisaica (absit iniuria verbis) di una legge comporta l’allontanamento da quello “spirito della norma” il cui rispetto viene indicato dai libri di legge come lo scopo ultimo del giudice.
Perdere di vista questa concezione ed elevare a idolo un singolo articolo non può non turbare l’ingenuo cittadino che, da una corte, si aspetta giustizia, non giurisprudenza.
In secondo luogo è una questione di coerenza: il lunedì ci troviamo a piangere i ragazzi morti in seguito a un incidente causato dall’uso di sostanze stupefacenti; il martedì sentiamo annunciare campagne contro l’uso delle droghe; il mercoledì leggiamo sentenze che, indirettamente, danno alla società un segnale diametralmente opposto, giungendo a usare la Carta costituzionale per giustificare la vendita di prodotti quantomeno sospetti.
A non voler essere malevoli, ci viene da pensare che sia un problema di comunicazione. Per questo sembrerebbe il caso che i poteri – legislativo, esecutivo, giudiziario e chi ha il compito di dare loro applicazione – instaurassero tra loro un sano dialogo.
D’accordo, scherzavamo: probabilmente è un’utopia, stretta tra interessi di parte e chi agiterà lo spettro del pensiero unico; eppure non possiamo fare a meno di pensare che un dialogo aiuterebbe a evitare contraddizioni, equivoci e magari anche sprechi di risorse.
D’altronde non è un mistero per nessuno il fatto che a colpi di leggi non condivise, o di sentenze creative, non si va da nessuna parte.
E forse è davvero il momento di comprendere in quale direzione vogliamo indirizzare questo malandato Paese.