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La solitudine dell’uomo telematico
A leggere il titolo di Repubblica, pare che sia arrivata l’apocalisse della rete: «Facebook sotto assedio: “Cancelliamoci tutti”».
Al centro delle polemiche c’è il sito più cliccato della rete, dove 400 milioni di internauti hanno creato una propria scheda e interagiscono con amici (veri, presunti o fittizi) raccontando senza riserve gusti, passioni, idee: un catalogo di vizi (molti) e virtù (poche) che ha fatto rabbrividire i garanti della privacy a ogni latitudine.
Quanti muri
9 novembre. Quest’anno è facile ricordarsene, mentre tutti i giornali e le televisioni fanno da cassa di risonanza alle celebrazioni: vent’anni fa, in seguito a un percorso storico e, insieme, per un equivoco, cadeva il muro di Berlino.
Convenzionalmente la caduta del Muro rappresenta la fine di un’ideologia, ma anche di un sistema, di un mondo, di una società.
Diplomatico silenzio
Fa riflettere la vicenda di James Hudson, viceconsole britannico in Russia che ha perso il lavoro (e la faccia) dopo una serata organizzata per lui dai servizi segreti del Paese ospitante.
37 anni, una brillante carriera diplomatica, Hudson si è fatto tentare da una notte brava con due signorine russe non propriamente disinteressate: professioniste (in tutti i sensi) ben addestrate, hanno ripreso in un video bevute e approcci, per poi far filtrare tutto in rete.
Hudson, insomma, è caduto in trappola. Il suo (opinabile) privato è diventato pubblico su scala globale, e la sua carriera si è conclusa prematuramente e ingloriosamente.
Libertà in fumo
Vita dura per i fumatori di Belmont, cittadina californiana: scrive il Corriere che il 9 gennaio è entrato in vigore il divieto di fumare su tutto il territorio comunale. Ma il divieto non si limita, come si potrebbe pensare, ai luoghi pubblici, gli uffici, i parchi, le strade: l’amministrazione di Belmont è andata oltre, stabilendo che «è proibito consumare tabacco non soltanto in edifici e locali pubblici o nei luoghi di lavoro, ma anche in qualsiasi appartamento privato che abbia in comune un piano, un tetto o un muro con un altro. Insomma, a meno non abbiate dimora in una villa o in una costruzione isolata, non potete fumare neppure a casa vostra. Pena una multa fino a 100 dollari».
La decisione è stata presa dietro segnalazione di alcuni condomini (le liti di pianerottolo non sono prerogativa italiana, a quanto pare), che hanno lanciato in città una campagna di sensibilizzazione: «Motivo scatenante, il fumo proveniente dagli appartamenti confinanti, che passava da ogni fessura e impregnava le loro case… La protesta si era poi allargata, convincendo infine il City Council a scegliere la soluzione più ardita».
Chi non ha mai acceso una sigaretta ed è quasi allergico al fumo esulterà per questa sentenza: una sorta rivincita, dopo tante serate passate con gli amici e chiuse con gli occhi arrossati, il mal di gola e un fastidioso senso di inferiorità.
Eppure la decisione di Belmont non lascia tranquilli, perché non è solo una questione di fumo.
Fermo restando che la nostra libertà finisce dove comincia quella del vicino, è altrettanto vero che l’unico posto in cui possiamo godere una libertà assoluta, nei limiti della civiltà e del buonsenso, è casa nostra; lì, nel nostro enclave di riservatezza, possiamo comportarci senza i vincoli cui la visibilità pubblica ci obbliga.
Un’autorità pubblica entra nelle case con un divieto così drastico rischia di costituire un pericoloso precedente.
Oggi la decisione di Belmont risulta tutto sommato condivisa, perché suona solo come un intervento esagerato di fronte a un comportamento comunque fastidioso. In questo modo, però, passa il principio che l’interferenza pubblica è legittima anche nella sfera più privata e anche per questioni non vitali.
Oggi sul banco degli accusati c’è la libertà di fumare in casa propria, messa in dubbio da qualche vicino particolarmente sensibile al problema; domani potrebbe esserci la libertà di pregare o di leggere la Bibbia insieme alla propria famiglia, messa in discussione dalla sensibilità di chi, oltre alla parete divisoria, si sente offeso dalle certezze del cristiano.
Esagerazioni? Speriamo di sì. Ma temiamo di no.
Peso e misura
Mar 30
Pubblicato da pj
Le risse non si sa mai da chi cominciano, ma si sa come finiscono: male per tutti. Non fa eccezione l’episodio vissuto da un gruppo di avventori in un noto ristorante di Roma, che improvvisamente si sono ritrovati al centro di un parapiglia.
La dinamica, come da copione, è poco chiara. Unici dati certi: l’ingresso, a un certo punto della serata, di Guido Bertolaso. E il commento a voce alta, per qualcuno tonante, di una archistar impegnata, Massimiliano Fuksas. Che, stando alle testimonianze riportate dal Corriere, avrebbe commentato il passaggio del sottosegretario senza mezzi termini: «Dove deve sedere quel ladro, pezzo di m…».
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2 commenti
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